Sull'organizzazione degli istituti scientifici superiori in Berlino

Wilhelm von Humboldt, statista, storiografo e linguista prussiano, dedicò un'ampia parte della sua riflessione all'educazione dell'uomo, morale e scientifica, ed elaborò una concezione di università destinata ad avere grande influenza. Secondo questo autore, lo scopo primario dell'educazione universitaria non deve essere tanto l'insegnamento, pur necessario, di questa o quella disciplina, ma piuttosto una completa formazione morale all'individuo. In queste pagine spiega l'importanza dello studio delle materie scientifiche nella formazione dell'uomo e del ruolo che gli istituti scientifici superiori devono rivestire nella preparazione scolastica degli studenti.

La concezione degli istituti scientifici superiori come vertice, verso il quale confluisce tutto ciò che si fa direttamente per la cultura morale della nazione, riposa sul fatto che essi sono destinati a elaborare la scienza nel senso più profondo e più lato del termine, offrendola all'educazione spirituale ed etica perché l'utilizzi come materia non intenzionalmente predisposta, anzi funzionale di per sé.

La loro essenza consiste dunque nel collegare, internamente, la scienza oggettiva all'educazione soggettiva, esteriormente, l'istruzione scolastica compiuta con lo studio che si va iniziando secondo alcune direttive personali, o piuttosto nel realizzare il passaggio dall'una all'altro. La prospettiva fondamentale resta comunque la scienza: giacché appena essa si presenta pura, viene accolta spontaneamente e nella sua totalità, pur potendosi verificare alcune deviazioni sporadiche.

Intanto, poiché questi istituti possono raggiungere il loro fine solo nella misura in cui ciascuno, per quanto possibile, si pone di fronte all'idea pura della scienza, i criteri predominanti nel loro ambito sono la solitudine e la libertà. Tuttavia, dato che nell'umanità anche l'azione spirituale può prosperare solo nella cooperazione, e precisamente non solo affinché l'uno supplisca ciò che all'altro difetta, ma affinché la fortunata attività dell'uno ispiri l'altro e a tutti si renda evidente la forza comune, originaria, che nei singoli s'irradia solo isolata e derivata, bisogna che l'organizzazione interna di questi istituti provochi e tenga desta una cooperazione ininterrotta, la quale spontaneamente e non intenzionalmente sempre daccapo vivifichi se stessa.

Una caratteristica degli istituti scientifici superiori e inoltre quella di trattare la scienza sempre come un problema non ancora del tutto risolto e di restare per tanto costantemente su posizioni di ricerca, laddove la scuola ha a che fare ed apprende soltanto nozioni già belle e fatte. Il rapporto tra docente e discepoli muta quindi completamente rispetto a quello precedente. Il primo non esiste in funzione degli altri, entrambi esistono in funzione della scienza; il suo lavoro dipende anche dalla loro presenza e non procederebbe altrettanto felicemente senza di loro; se essi non si raccogliessero spontaneamente intorno a lui, egli andrebbe a cercarli, sì da avvicinarsi maggiormente alla meta grazie all'unione della sua forza, addestrata bensì, ma perciò stesso anche più facilmente unilaterale e già meno vivace, con la loro, più debole, ma ancora meno parziale e coraggiosamente tesa verso tutte le direzioni.

Pertanto quelli che vengono chiamati istituti scientifici superiori altro non sono che, affrancata da ogni forma statale, la vita spirituale degli uomini, che una disponibilità esteriore o una tensione interiore spingono verso la scienza e la ricerca. Anche così un uomo rimuginerebbe e raccoglierebbe per proprio conto, un altro si unirebbe a dei coetanei, un terzo radunerebbe intorno a se un circolo di discepoli. Lo Stato a sua volta deve attenersi a questo modello, qualora voglia concretare in forma più stabile un'attività in sé indeterminata e in certo qual modo fortuita. Esso deve mirare a:

  1. garantire all'attività sempre la massima vivacità,
  2. non lasciarla cadere di tono; mantenere salda e netta la separazione tra istituti superiori e scuola (non solo la scuola teorica generale, ma anche e soprattutto, quella più variamente pratica).

Deve insomma restare sempre consapevole del fatto di non effettuare propriamente e di non essere in grado di effettuare ciò, anzi, di essere costantemente di ostacolo non appena s'inserisca; e che senza di esso le cose di per se andrebbero infinitamente meglio, stando in realtà i fatti esclusivamente così:

- che, poiché nella società positiva debbono esistere forme e mezzi esteriori per ogni attività che sia in qual che modo diffusa , lo Stato ha il dovere di procurarne anche per l'elaborazione della scienza;

- che può nuocere all'essenza della cosa non solo il modo in cui esso procura queste forme e questi mezzi, ma che perfino il fatto medesimo, che esistano ancora di tali forme e mezzi esteriori per qualcosa di assolutamente diverso, ha sempre delle conseguenze necessariamente negative e trascina in basso, nella realtà materiale e vile, ciò che è spirituale e sublime;

- e che esso deve quindi di preferenza tener presente l'essenza interiore per rimediare a ciò che esso stesso, sebbene senza sua colpa, ha rovinato o ostacolato.

Pur non essendo questo che un altro aspetto del medesimo metodo, se ne dimostrerà poi comunque il vantaggio anche nel risultato, sia perché lo Stato, considerando la cosa da questo lato, interverrà più limitatamente, sia perché inoltre, nell'azione pratica all'interno dello Stato, in ogni caso un'opinione, erronea dal punto di vista teorico, checche se ne dica, non resta mai impu­nita, nessuna azione nello Stato essendo mai puramente meccanica.

Ciò premesso, si vede facilmente che, nell'organizzazione interna degli istituti scientifici superiori, tutto verte sulla necessita di mantenere saldo il principio di considerare la scienza come qualcosa che non si e ancora del tutto conseguito ne mai si potrà del tutto conseguire, e come tale ricercarla incessantemente.

Non appena si cessi dal cercare effettivamente la scienza, o s'immagini che essa non vada creata dalle profondità dello spirito, ma possa essere accumulata estensivamente mediante un lavoro di raccolta, tutto e perduto irrimediabilmente e per sempre; perduto per la scienza, la quale, se ciò continua a lungo, sfugge al punto da abbandonare come spoglia vuota persino il linguaggio, e perduto per lo Stato. In quanto solo la scienza che derivi dall'intimo e che nell'intimo possa venire impressa trasforma anche il carattere, e allo Stato, come all'umanità, poco importano la sapienza e le parole, ma piuttosto il carattere e l'azione.

Ad evitare ora e per sempre questa falsa strada, non occorre altro che mantenere desta e vivace una triplice aspirazione dello spirito:

- in primo luogo, dedurre tutto da un principia origi­nario ( onde ad es. le interpretazioni della natura, da meccaniche, si elevano via via a dinamiche, organiche e infine psichiche nell'accezione più lata);

- secondariamente, informare tutto ad un ideale;

- infine, collegare quel principia e questo ideale in un'idea.

Vero è che ciò non si può senz'altro sollecitare, ma d'altro canto a nessuno verrà in mente che tra Tedeschi ciò abbia prima bisogno di sollecitazione. Il carattere nazionale, intellettuale, dei Tedeschi ha insita in se questa aspirazione e basta evitare che essa venga soppressa, vuoi con la violenza, vuoi con un antagonismo, quale intanto pur esiste.

Poiché ogni unilateralità deve essere bandita dagli istituti scientifici superiori, in essi potranno naturalmente svolgere la loro attività anche molti, ai quali questa aspirazione sia estranea, alcuni, ai quali sia ingrata; soltanto in pochi, comunque, potrà essere presente nella sua forza piena e intatta; ed è sufficiente che raramente e solo qua e là essa si palesi davvero, perché agisca in un largo raggio e per lungo tempo; ma quel che assolutamente deve dominate sempre e rispetto presso coloro che ne hanno il presentimento, e reverenza presso coloro che vorrebbero distruggerla.

E nell'arte e nella filosofia che maggiormente e più particolarmente si esprime questa aspirazione. Tuttavia non solo esse stesse facilmente tralignano, ma se ne può sperare poco anche nel caso in cui il loro spirito non trapassa correttamente o soltanto in modo logico o matematicamente formale negli altri rami della conoscenza e nelle altre discipline della ricerca.

Se invece predominerà infine negli istituti scientifici superiori il principio di ricercare la scienza come tale, non occorrerà provvedere ad alcun'altra cosa singolarmente presa. Allora non mancheranno né unita né perfezione, l'una cercherà l'altra spontaneamente e insieme spontaneamente si porranno nella giusta interazione, in che consiste il segreto di ogni buon metodo scientifico.

Per quanto riguarda l'aspetto interno ogni esigenza è dunque soddisfatta.

Per quanto riguarda ora invece il lato esteriore dei rapporti con lo Stato e la sua attività, esso ha da provvedere soltanto, mediante la scelta degli uomini da riunire, ricchezza (potenza e varietà) di forza spirituale, nonchè liberta per la loro attività. Minacciano pero di essere un pericolo per la liberta non solo lo Stato, ma anche gli istituti medesimi, i quali, sin dall'inizio, assumono un certo spirito e soffocano volentieri il manifestarsi di altri. Lo Stato deve anche prevenire gli svantaggi che ne potrebbero eventualmente derivate.

L'essenziale si basa sull'elezione degli uomini da porre in azione. Un correttivo onde evitare in essa delle carenze potrà essere indicato soltanto allorché l'intero istituto verrà articolato nelle sue singole sezioni.

In secondo luogo, importano soprattutto poche e semplici leggi organizzative, ma più incisive del solito, delle quali a loro volta potrà discorrersi solo per le singole sezioni.

Occorre infine prendere in considerazione i mezzi ausiliari, circa i quali basta osservare, in generale, che bisogna guardarsi dallo scambiare per l'essenziale l'accumulazione di collezioni inerti, e dal dimenticare che esse anzi contribuiscono facilmente a smussare e ad avvilire lo spirito: che e anche la ragione per cui non è affatto nelle accademie e nelle università più ricche che le scienze sono state trattate sempre nel modo più approfondito e intelligente. Ciò che - dal punto di vista dell'attività statale - si può dire degli istituti scientifici superiori anche nel loro complesso, riguarda la loro relazione con la scuola, in quanto istituti superiori, e con la vita pratica, in quanto istituti scientifici.

Lo Stato non deve trattare le proprie Università ne come licei ne come scuole specializzate, e non deve servirsi della propria accademia come di una deputazione tecnica e scientifica. Nell'insieme (giacché le singole eccezioni che vanno fatte per le Università saranno discusse più oltre), non deve esigere da loro nulla che si riferisca ad esso in modo diretto e immediate, e nutrire invece l'intimo convincimento che, quando esse conseguono il loro fine ultimo, adempiono anche i suoi scopi, e invero da un punto di vista ben più elevato, tale che da esso si può comprendere molto di pili e possono esser paste in gioco forze e leve ben diverse da quelle che esso sarebbe in grado di mettere in moto.

D'altro canto tuttavia e principale dovere dello Stato strutturare le proprie scuole in modo che preparino convenientemente agli istituti scientifici superiori. Ciò si fonda soprattutto su di una esatta visione dei loro rapporti con essi e sulla fruttuosa convinzione che esse, in quanto scuole, non sono chiamate ad anticipate l'insegnamento delle Università, e che d'altronde le Università non sono un semplice, omogeneo complemento ad esse, come dire una classe scolastica superiore, ma che invece il passaggio dalla scuola all'Università e una fase della vita giovanile, durante la quale la scuola, in caso di successo, forma l'allievo in modo così schietto, da poterlo commettere fisicamente, moralmente e intellettualmente alla libertà e all'autonomia d'azione senza che egli, scevro dalla costrizione, si abbandoni all'ozio o alla vita pratica, ma porti in sé il desiderio di elevarsi sino a quella scienza che finora, per così dire, gli era stata mostrata solo da lontano.

La via per giungere a ciò e semplice e sicura, purché essa miri unicamente all'armoniosa formazione di tutte le attitudini dei suoi allievi e sperimenti la propria forza su di un numero possibilmente limitato di oggetti il più frequentemente possibile e da tutti i lati, e riesca ad inculcate nell'animo tutte le cognizioni in modo tale, che il comprendere, il sapere e la creazione spirituale acquistino fascino non da circostanze esterne, ma dalla sua precisione, dalla sua armonia e dalla sua bellezza interiore. A tanto, e per l'esercizio preliminare della mente alla scienza pura, dovrà essere impiegata di preferenza la matematica, e ciò sin dalle prime prove delle facoltà razionali.

Un animo così preparato afferra la scienza da se, poiché la medesima scienza e il medesimo talento, con altra preparazione, si confinano in faccende pratiche - istantaneamente o prima del compimento della propria formazione - in tal guisa divenendo inservibili anche per esse, oppure, senza la superiore aspirazione scientifica, si disperdono in nozioni frammentarie.

 

W. Von Humboldt, Università e umanità, tr. it. di P. De Fidio, Guida Editori, Napoli 1970, pp. 35-42