Nel libro V della sua opera Harmonices mundi (1619), in due pagine dei capitoli IX e X, Johannes Keplero ha lasciato la testimonianza di una sua preghiera di lode a Dio Creatore. Battezzato cattolico, ma poi educato nella dottrina della Riforma, Keplero inserì la sua attività scientifica nel contesto di una sincera fede cristiana, giungendo a sostenere, come riportato in una sua lettera inviata nel 1598 a Herwath von Hohenburg, che l’astronomo è in fondo un sacerdote del libro della Natura, che, al pari di un messale, può utilizzare per dare gloria a Dio. Riportiamo i testi con l’originale latino.
Fin qui, quindi, si è parlato dell’opera di Dio Creatore. Rimane adesso, con gli occhi e le mani tolti dalla tavola delle dimostrazioni e alzati al cielo, finalmente di pregare, devoto e supplichevole, il Padre della luce: A te che con la luce della natura alimenti in noi il desiderio della luce della tua grazia, onde possiamo godere della luce della tua gloria, a te rendo grazie Signore Creatore, perchè tu mi hai fatto provare gioie e godimento in tutto ciò che tu hai creato, e in tutto ciò che è frutto delle tue mani preziose. Ecco ora ho completato questo lavoro per il quale ero stato chiamato, per farlo ho utilizzato quella forza della mente che tu mi hai donato; ho mostrato agli uomini che leggeranno queste dimostrazioni la magnificenza della tua opera, o almeno quella parte della tua infinita grandezza che la mia mente è riuscita a capire. La mia mente è stata pronta a filosofare più correttamente: se vi è qualcosa di indegno sui tuoi disegni esposto da me, un verme nato e nutrito in un pantano di peccati, qualcosa che desideri che gli uomini conoscano: infondi anche questo in me, in modo che io possa correggermi. Se mi sono lasciato confondere dalla bellezza del tuo lavoro, ed ho osato troppo se ho provato piacere della mia fama tra gli uomini per il successo della mia ricerca che è destinata solo alla tua fama, perdonami o Signore nella tua misericordia e nella tua generosità. Ed infine benevolmente fà che queste dimostrazioni siano per la tua gloria e per la salvezza delle anime e che da nessuna parte siano di ostacolo a questo […]. Grande è il Signore nostro, grande è la sua virtù, e la sua sapienza non ha confini: lodatelo voi, o cieli, e lodatelo voi, o Sole, o Luna, o Pianeti, qualunque senso per percepire e qualunque lingua adoperiate per manifestare il vostro Creatore; lodatelo voi, o armonie dei cieli, lodatelo voi che osservate le armonie manifeste; loda anche tu, anima mia, il Signore creatore tuo finchè vivrò; infatti da Lui, per Lui ed in Lui sono tutte le cose, tanto le cose sensibili, quanto le cose intellettuali, tanto quelle che ignoriamo del tutto, quanto quelle che conosciamo, che sono poi una piccolissima parte, giacchè non si può ancora andare oltre. A lui la lode, l’onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Hactenus igitur de Dei Creatoris opere nobis πιπεφωνήσθω. Restat nunc, ut vel tandem oculis et manibus de tabulâ demonstrationum ablatis, inque coelum sublatis, Patrem luminum devotus et supplex comprecer: O qui lumine Naturae desiderium in nobis promoves luminis Gratiae, ut per id transferas nos in lumen Gloriae; gratias ago tibi Creator Domine, quia delectasti me in facturâ tuâ, et in operibus manuum tuarum exultavi: En nunc opus consummavi professionis meae, tantis usus ingenii viribus, quantas mihi dedisti; manifestavi gloriam operum tuorum hominibus, istas demonstrationes lecturis, quantum de illius infinitate capere potuerunt angustiae Mentis meae; promptus mihi fuit animus ad emendatissime philosophandum: si quid indignum tuis consiliis prolatum a me, vermiculo, in volutabro peccatorum nato et innutrito, quod scire velis homines: id quoque inspires, ut emendem: si tuorum operum admirabili pulchritudine in temeritatem prolectus sum, aut si gloriam propriam apud homines amavi, dam progredior in opere tuae gloriae destinato; mitis et misericors condona: denique ut demonstrationes istae tuae gloriae et Animarum saluti cedant, nec ei ullatenus obsint, propitius efficere digneris. […] Magnus Dominus noster, et magna virtus eius et Sapientiae eius non est numerus: laudate eum coeli, laudate eum Sol, Luna et Planetae, quocunque sensu ad percipiendum, quacunque linguâ ad eloquendum Creatorem vestrum utamini: Laudate eum Harmoniae coelestes, laudate cum vos Harmoniarum detectarum arbitri: lauda et tu anima mea Dominum Creatorem tuum, quamdiu fuero: namque ex ipso et per ipsum et in ipso sunt omnia, καίτάαισθητά, καίτάυοερά; tam ea quae ignoramus penitus, quam ea quae scimus, minima illorum pars; quia adhuc plus ultra est. Ipsi laus, honor et gloria in saecula saeculorum. Amen.
J. Kepler, Harmonices Mundi Libri V, lib. V, capp. IX e X, in Gesammelte Werke, vol. VI, Munchen 1940, pp. 362-363 e 368.