«Qual è la sorgente di questa sbalorditiva potenza creativa?» (p. 9) Con questa domanda, tanto immediata quanto antica, Paul Davies (Londra, 1946), fisico e cosmologo, vincitore nel 1995 del premio Templeton per il suo approfondito lavoro nel campo del science and religion e attualmente professore di Natural Philosophy presso l’Australian Centre for Astrobiology nella Macquarie University, apre la sua indagine appassionata su uno dei temi più noti e dibattuti ma, allo stesso tempo, non semplici da definire e da comprendere in tutte le sue sfaccettature e implicazioni. Edito nel 1998 con il titolo The Cosmic Blueprint e tradotto l'anno dopo in italiano, il saggio è ben articolato ed accessibile ai lettori interessati all'argomento che abbiano una cultura scientifica media, riuscendo a dimostrare in modo chiaro e avvincente come i quesiti filosofici e teologici siano ora anche di pertinenza dello scienziato, tanto da dar vita ad un nuovo paradigma di pensiero e di ricerca sulla natura e l'evoluzione dell'universo. L'A., noto divulgatore scientifico, autore di diversi best-sellers (L'universo che fugge;Sull'orlo dell'infinito; Dio e la nuova fisica; La mente di Dio; I misteri del tempo e vari altri) che affrontano i nuovi interrogativi posti dalla scienza nell'ultimo secolo tentando di rispondere alle “domande ultime”, s'interroga e riflette lungo tutto il testo sull'esistenza o meno di un disegno cosmico, che giustifichi la complessità e l'ordine dell'universo, chiedendosi esplicitamente fin dalle prime pagine del libro: «se la ricchezza della natura è costituita in base alle sue stesse leggi, questo implica che lo stato attuale dell'universo è in un certo senso predestinato?» (p.10). Come spiega lo scienziato nei primi 5-6 capitoli ("La freccia mancante", "Complessità", "Caos", "La rappresentazione dell'irregolare" e "Autoadattamento") le nuove teorie e scoperte scientifiche del '900, succedutesi in vari campi (astronomia, biologia, fisica, ecc.) hanno portato a delineare un nuovo universo con caratteristiche diverse da quelle dei "paradigmi" precedenti (newtoniano e termodinamico). L'emergere di fenomeni quali il caos, la complessità, e la capacità di autoadattamento da parte di diversi organismi rendono necessaria una nuova riflessione sulla vita nel suo complesso (natura, origine, evoluzione) e sull'universo che la ospita; inevitabilmente la nuova rivoluzione scientifica in atto coinvolge altri campi del sapere e suscita dibattiti, come quello riguardo al rapporto mente-cervello, tematica molto attuale cui l’A. dedica un capitolo apposito (cap. 13), mettendo in evidenza come anch’essa rientri a pieno titolo nel nuovo "paradigma", presentato e indagato nell’aspetto “macroscopico” dell’universo. Nella seconda parte del saggio, l’A. sostiene e illustra come i principi organizzativi del cosmo, il fattore quantistico e il concetto di causalità siano elementi determinanti per comprendere il nuovo “universo che si svela” (titolo del cap. 9). Inevitabile porsi la domanda: «la vita genera la vita ma in che modo la non vita crea la vita?» (p.150). Poiché le leggi di natura così come le conosciamo non sembrano essere sufficienti a spiegare realmente l'ordinata configurazione dell'universo, che non solo sopravvive ma prospera come in un processo di creazione continua (l'analogia richiamata dell'A. a questo riguardo è quella di un fiore che si dischiude nel tempo dando vita a nuove e continue evoluzioni), la domanda che sorge quasi come conseguenza logica è la seguente: vi è dunque un piano preordinato dell'universo e alla base un principio unificatore del cosmo? Senza rispondere a tale interrogativo, lo scienziato inglese suggerisce un proprio punto di vista, frutto anche di studi e riflessione personale da alcuni anni. Egli si discosta sia dal riduzionismo completo, sia dall'accettazione di un principio di creazione senza causa ma casuale, sia dall’idea di una “ignoranza scientifica” momentanea. L’A. propende per una visione olistica e sintetica, in cui devono essere ridefinite le leggi che fin d'ora gli scienziati hanno pensato essere le ragioni dei fenomeni e dei comportamenti della natura. Al di sotto di esse infatti, vi sono dei principi organizzativi (deboli, logici e forti) non ancora scoperti e chiaramente formalizzati, con un ruolo fondamentale nel rendere ragione dell'armonia e della forza organizzatrice della natura. Nella stessa direzione, si sono espressi altri noti studiosi come I. Prigogine ("leggi microscopiche"), R. Rosen (nuovo concetto di causalità) e W. Elsasser e E. Wigner ("leggi biotoniche"), D. Campbell ("causalità verso il basso") o colore che parlano di "leggi hardware" e" leggi software" dell'universo. La conclusione di Davies è che la scienza, per quanto possa progredire nelle sue conoscenze e nel suo sviluppo e per quanto possa spiegare in futuro ancora molti "misteri" attuali, non potrà in ogni modo negare la possibilità che la “autoconsapevolezza dell'universo”, il "cosmo intelligente", abbia un significato che vada oltre la sua stessa esistenza.
Il cosmo intelligente. Le nuove scoperte sulla natura e l´ordine dell´universo
Autore scheda bibliografica tematica
Elisabetta Micucci