Enrico Cantore, gesuita italiano che ha operato per anni negli Stati Uniti, a stretto contatto con ricercatori di primo piano nella comunità scientifica internazionale (come Werner Heisenberg e Jean Piaget), e promotore dell’Institute for Scientific Humanism di New York, presenta in questo saggio, di carattere filosofico, una visione convincente ed inedita della ricerca scientifica come attività pienamente umana, capace cioè di suscitare domande esistenziali, etiche e religiose. L’A., intendendo superare il divario e l’incomunicabilità tra le cosiddette «due culture», si rivolge programmaticamente a un pubblico composito, che comprende sia scienziati di professione sia filosofi o, più in generale, umanisti (teologi, letterati, artisti, sociologi ecc.), ma anche studenti universitari in procinto di specializzarsi in uno di questi ambiti. Dopo la discussione di alcuni problemi preliminari, il libro, diviso in due parti (L’esperienza umanistica della scienza e Le prospettive umanistiche della scienza), si sviluppa in otto capitoli (quattro per ciascuna sezione, rispettivamente: 1. Dipendenza creativa: l’esperienza scientifica della conoscenza; 2. Regolarità dinamica: l’esperienza scientifica della natura; 3. Stupore e timore: l’esperienza scientifica dei fondamenti; 4. L’esperienza umanistica della scienza: compimento e dramma; 5. Esperienza e riflessione: la prospettiva epistemologica dell’umanesimo scientifico; 6. Intelligibilità suprema: la prospettiva ontologica dell’umanesimo scientifico; 7. Corresponsabilità individuale: la prospettiva etica dell’umanesimo scientifico; 8. Il significato umanistico della scienza. Sintesi). Una particolare attenzione è dedicata agli scritti degli scienziati professionisti (pur riconoscendone la problematicità: l’A. si focalizza più sugli atti degli scienziati che sulle loro considerazioni), mentre le riflessioni compiute a riguardo di questo tema da altri filosofi sono metodologicamente lasciate da parte, dato che questo studio è intenzionalmente introduttivo. Scopo principale dell’A. è esplorare in modo sistematico il significato umanistico e culturale che le scienze rivestono per l’uomo contemporaneo: l’intento è offrire dei principi per integrare lo spirito della scienza entro un umanesimo significativo per l’uomo d’oggi e che sia scientifico perché comprenda anche gli apporti sulla realtà, sulla vita e persino sull’Assoluto che la scienza in se stessa offre a chi la pratica (fermo restando che la scienza rimane una forma di conoscenza né ultima né completa). Egli adotta un approccio sperimentale-riflessivo, studiando dunque la scienza come esperienza che coinvolge il ricercatore come persona, da integrarsi però necessariamente con una riflessione critica che indaghi in cosa tale esperienza consista e che significato abbia per l’uomo. Tesi centrale del libro, infatti, è che, data l’intrinseca e necessaria partecipazione della persona nella ricerca, la scienza costituisce un fattore essenziale dello sviluppo storico dell’uomo come essere culturale ed è quindi significante dal punto di vista umanistico. Tra le acquisizioni più importanti: l’attività di ricerca è compresa come un dialogo fra l’uomo e la natura, un dialogo che può anche aprirsi alla rivelazione dell’Assoluto; la natura è colta in tutta la sua alterità oggettiva, si impone per la sua datità, capace di rimandare al di là di se stessa; l’attività dello scienziato reca con sé una peculiare responsabilità nei confronti dell’umanità e del suo sviluppo integrale: la dimensione etica della scienza non è imposta dall’esterno, ma riconosciuta come una sua istanza interna. In conclusione, la scienza è umanistica nella misura in cui l’uomo sviluppa le potenzialità dello spirito che dà origine alla scienza stessa: l’uomo è un essere unitario, che realizza la sua umanità non malgrado, ma grazie ad essa.