Quello che lo storico della tecnologia David F. Noble propone nel genitivo del titolo è un binomio insolito e a prima vista contraddittorio. Religione e tecnologia hanno una storia comune che se correttamente intercettata è in grado di far cogliere in toto come lo sviluppo tecnologico del mondo occidentale sia motivato e incentivato dalla fede religiosa, in particolare dalla visione cristiana. Così si esprime in apertura il nostro Autore: «La tecnologia e la fede moderne non sono complementari né opposte e neppure rappresentano stadi successivi dello sviluppo umano: esse sono unite, e lo sono sempre state, poiché l’impresa tecnologica è allo stesso tempo uno sforzo essenzialmente religioso» (p. 5). Nel XX secolo si presenta però una novità: mentre l’uomo dei secoli passati avvertiva una trascendenza validante la tecnologia come mezzo umano per collaborare alla creazione del mondo e all’orientamento dell’anima verso una dimensione escatologica, nel Secolo Breve in Occidente (in particolare negli USA) si assiste alla comparsa di movimenti religiosi fondamentalisti e al totale distacco della ricerca tecnologica dal vissuto umano e dalle esigenze dell’umanità: si passa così da una corrispondenza fra trascendenza e tecnologia ad una tecnologia capace di assicurare trascendenza. Dopo un’analisi della storia tecnico-religiosa umana dell’era cristiana, Noble si sofferma attorno a quattro ambiti tecnologici partoriti dal secolo scorso quali la bomba atomica, l’astronautica, l’intelligenza artificiale e l’ingegneria genetica. Gli uomini di scienza e i tecnici che fondarono e svilupparono queste discipline furono fortemente motivati da una prospettiva religiosa capace di generare da un’attesa escatologica l’entusiasmo con il quale motivare la ricerca tecnologica. Ma i risultati fruttati da questi quattro campi tecnologici, o le timorose e preoccupate attese per i loro possibili futuri frutti, mostrano come ormai la tecnologia sia sfuggita di mano all’uomo e al “nido” religioso in cui essa sia stata concepita. In ogni caso, in questa nuova condizione di autonomia la tecnologia si vede consegnare un’istanza soteriologica mutuata dal contesto religioso. L’uomo del terzo millennio non deve illudersi che la religione della tecnologia sia terminata, anzi, proprio ad essa egli si è prostrato in una nuova sudditanza che in precedenza spettava alla religione: «La tradizione della religione della tecnologia è ancora con noi, con tutti noi. Allo stesso modo dei tecnologi, normalmente ci aspettiamo molto di più dalle nostre invenzioni tecnologiche di un semplice vantaggio, di qualche comodità o persino della semplice sopravvivenza. Chiediamo la salvezza» (p. 6). A causa di questa distorsione di competenze, vi è quindi per Noble l’urgenza di rallentare il ritmo di ciò che viene superficialmente nominato “progresso tecnologico”: solo così è possibile denunciare le due derive estremiste dei fanatismi religioso e tecnologico e l’uomo contemporaneo può prender congedo dal binomio religione-tecnologia riconosciuto ormai contingente. Sebbene l’intuizione di Noble sia positiva e innovativa, essa presenta comunque delle debolezze: nonostante la presa di coscienza della spinta implicitamente religiosa che stimola la tecnologia, il rapporto tecnologia-religione che emerge da questo studio risulta riduttivo e possibile di ulteriori sviluppi e approfondimenti. Il merito dell’A. è aver identificato il fenomeno della “religione della tecnologia”, punto di partenza per una più profonda comprensione dell’attività umana in un’era tecnologica, un’attività, per dirla come Ugo di San Vittore, che resta sempre capace di “restituire a noi uomini la somiglianza divina”.