Il testo introduce il lettore all’impiego del metodo fenomenologico nell’importante terreno di studio della storia delle religioni, offrendo raccordi con la filosofia della religione e, infine, con la teologia. L’analisi che sviluppa l’A. indaga il fenomeno religioso “in quanto religioso” attraverso il metodo della fenomenologia storico-comparata, che non è una dottrina filosofica, ma una scienza empirica. La religione viene intesa come un fatto universale umano dell’homo sapiens. Il fenomeno religioso è inteso come un atto intenzionale: ogni atto della coscienza è intenzionale, ogni atto psichico è sempre coscienza di qualcosa, è un atto volitivo e conoscitivo: l’uomo è libero di scegliere e trascendere sé stesso per cercare delle risposte alle sue domande esistenziali. Il fenomeno religioso rivela come analogo una relazione ad una Realtà Ultima da indagare e comprendere. La fenomenologia storico-comparata della religione è dunque una scienza empirica, avalutativa, anormativa; si occupa di ciò che è simile nelle religioni; si basa sull’esperienza e induzione a base storico-comparata, etnologica e introspettiva. L’oggetto formale è la religione in quanto religione; l’oggetto materiale remoto sono gli atti e le manifestazioni, quello prossimo è lo studio della relazione intima alla Realtà Ultima nel fenomeno religioso. La storia fornisce i documenti, studia le manifestazioni delle varie religioni, le varie culture, e studia il fenomeno religioso in senso diacronico (ciò che permane sempre uguale) e sincronico (ciò che cambia). Non sono attestati popoli privi di religione sin dalle epoche più remote. Ma tutti i fatti religiosi non possono essere intesi come identici, ma analoghi. Il metodo fenomenologico serve a cogliere ciò che di analogo emerge dai differenti fatti religiosi, mettendo tra parentesi e sospendendo il giudizio di valore di ogni a-priori interpretativo psicologico o filosofico o teologico non derivato dalla “cosa stessa”. Il metodo serve a scandagliare e confutare gli approcci legati all’idealismo e allo storicismo (Hegel, Kant), come anche al positivismo e allo scientismo (Durkheim, Comte), considerati tutti punti di vista riduzionisti, perché partono da un loro a-priori riguardo al fenomeno religioso. Le analisi fenomenologiche servono anche a mettere nella giusta prospettiva teorie evoluzioniste del sacro, come quella di R. Otto, scoprendo come la realtà ultima cercata non sia il Sacro ma il Divino. Il metodo fenomenologico rileva le somiglianze che fondano l’elemento comune dell’analogia e rilevano insieme anche le diversità tipologiche e strutturali, riuscendo a fare un’ analisi comparata sincronica e diacronica dei tipi e delle strutture religiose differenti. La fenomenologia storico-comparata lascia poi alla filosofia della religione e alla teologia il giudizio di verità e di valore sulle realtà storiche che prima di tutto cerca di comprendere. Per questo non è compatibile con quelle filosofie che basano la loro ricerca partendo da qualifiche a-priori del fatto religioso.