Già docente presso la Harvard University di Cambridge (MA) ed una delle figure più rappresentative della biologia del XX secolo, Ernst Mayr propone con questo libro, pubblicato originariamente in inglese nel 1982, non una storia della biologia come disciplina scientifica, ma piuttosto una storia delle idee dominanti della biologia moderna e dell’ambiente culturale dove queste sono nate. Secondo l’A., questa impostazione permetterebbe di non dipendere troppo da determinati indirizzi transitori della biologia, che non hanno lasciato impronta in seguito. Il volume compie la scelta esplicita di volersi occupare delle cause “finali” (evolutive), lasciando lo studio delle cause “prossime” (funzionali) ad un volume successivo. Il risultato è comunque una corposa opera di oltre 900 pagine divisa in 18 capitoli. Dopo un primo capitolo introduttivo sulla storia della biologia come scienza, dal secondo al quarto capitolo si affronta una prima parte sulla diversità della vita (dalla macrotassonomia alla microtassonomia), mentre dal quinto all’undicesimo capitolo si snoda una seconda parte che tratta dell’evoluzione (partendo dai “periodi bui” del cristianesimo fino ad arrivare a Darwin, alla selezione naturale, al neodarwinismo e alla successiva sintesi evoluzionistica); la terza ed ultima parte, che comprende dal dodicesimo al diciassettesimo capitolo, ha per tema “La variazione e la sua eredità”. Il diciottesimo capitolo, intitolato “Verso una scienza della scienza”, offre un epilogo sulla portata filosofica dei principali concetti legati alla biologia. Segue una abbondante bibliografia ed un glossario. Fedele alla sua impostazione storica, Mayr sostiene che gran parte della biologia moderna e soprattutto le divergenze tra le varie scuole di pensiero non si possono comprendere appieno senza conoscere lo sfondo storico dei problemi. Ma la Storia di Mayr è anche una riflessione sul metodo scientifico e soprattutto sul modo di intendere la scienza. Egli afferma che la biologia è una scienza che procede con un suo particolare "metodo" all'interno del quale non esiste soltanto l'esperimento, ma anche l'osservazione. E qui l’A. polemizza con gli "sperimentalisti", che nei primi decenni del XX secolo erano convinti che la "speciazione" e tutta l'"evoluzione" non potessero essere interpretate sulla base di semplici osservazioni e per questo criticavano l’approccio di Darwin sull'origine della specie. A conclusione del suo lavoro, Mayr auspica lo sviluppo di una "scienza della scienza" che vada oltre le miopie e le arroganze di parte, ma che si fondi sul confronto e l'integrazione fra scienze fisiche, biologiche e sociali. Per questi motivi l’opera rappresenta ancora oggi un classico nella storia della biologia. Tuttavia, come avverte nella presentazione dell’edizione italiana Pietro Corsi, «Come ogni grande opera di sintesi sorretta da “tesi forti”, la storia della biologia di Mayr non evita a volte di attribuire al campo avverso tesi che erano forse più sfumate di quanto non si affermi. Tuttavia, le inevitabili idiosincrasie trovano ampio riscatto negli illuminanti ritratti e ricostruzioni di figure e periodi delle scienze naturali degli ultimi duecento anni, che costituiscono il fulcro dell’opera» (p. XI).