Questo noto, e in certo modo profetico, saggio di Romano Guardini, presbitero e teologo cattolico, offre indirettamente una precisa visione del rapporto fra fede e ragione, fra cultura cristiana e società umana. L’A. mostra la transizione del concetto di natura come luogo di riconoscimento di un rapporto con Dio in epoca medievale, al concetto di natura come “dato immediato”, proprio dell’epoca moderna. Guardini mette in luce come nel successivo passaggio all’epoca contemporanea (preparato dalla secolarizzazione della modernità) i principali concetti e valori sui quali si basa la cultura umana si siano visti privati del senso religioso che li sosteneva.
Come lo stesso Guardini dichiara nella premessa all’opera, la sua analisi è stata resa possibile dal fatto che: «i tempi moderni sono sostanzialmente terminati e la fisionomia di un’epoca diviene completamente visibile solo quando essa scompare». (pp. 9-10) L’epoca moderna termina consegnando ai contemporanei un contesto che ha mantenuto il linguaggio e vari contenuti della cultura cristiana, ma solo a livello di “corteccia esterna”. La società umana pare ormai incapace di riconoscerne la vera origine e pertanto anche di poterli mettere in pratica, perché tali contenuti, depauperati della loro linfa vitale, non possono essere restituiti al loro autentico ed originario significato.
Sorge quindi la questione fondamentale se una vita così abbia ancora senso. Leggiamo, in questa prospettiva, le significative parole dell’A.: «Ogni essere è più che se stesso; ogni avvenimento significa più che non il suo stretto compiersi. Tutto si riferisce a qualche cosa che sta al di sopra o al di là. E solo a partire di là riceve la sua pienezza. Se esso scompare le cose e le situazioni si svuotano di senso» (p. 97). La sezione di Documentazione generale di questo Portale propone un brano antologico dell’opera.
Il saggio di Guardini è più volte citato da papa Francesco nell'enciclica Laudato si' del 2015.