Il libro affronta il problema del rapporto mente-corpo, confrontandosi direttamente con le posizioni presenti nel dibattito contemporaneo. Tuttavia, mentre tale dibattito si sviluppa in una prospettiva esclusivamente epistemologica, l’A. evidenzia i presupposti e le conseguenze metafisiche, in genere taciute, delle varie proposte che intendono essere risolutive, recuperando l’impostazione classica della questione come problema anima-corpo. Mentre classicamente si parlava di sostanze (materiali, spirituali), oggi ci si limita a parlare di funzioni (fisiologiche, psicologiche). Questo è dovuto alla svolta cartesiana e kantiana nella scienza e nella filosofia, e in particolare al principio di rappresentazione, secondo cui l’oggetto della conoscenza non è la realtà, ma le idee, ossia il pensiero stesso. Questa visione porta, per l’A., al falso dilemma monismo-dualismo, intorno al quale si sviluppa la riflessione contemporanea. Occorre recuperare, in chiave post-moderna, la nozione gnoseologica di intenzionalità, fondandola poi biologicamente e non idealisticamente come invece proposto da Husserl. Del resto vari autori hanno, nel XX secolo, aperto la strada ad una nuova visione della conoscenza (Lorenz, Piaget), mettendo in crisi l’approccio cartesiano-kantiano. Tramite la scienza della complessità, e in particolare tramite l’approccio in termini di reti neurali, è oggi possibile fondare in modo nuovo i concetti di informazione e di intenzionalità, aprendo la strada ad una teoria duale della mente-anima, secondo la quale essa è forma sostanziale del corpo, unita intrinsecamente ad esso, ma capace di azioni indipendenti, e dunque sussistente. La tesi fondamentale dell’A. è che la prospettiva aristotelico-tomista, entrata in crisi nella modernità per il nuovo paradigma scientifico e filosofico, è oggi da recuperare proprio per superare i limiti di quest’ultimo, ed è quella che, superando le varie crisi dei fondamenti del secolo XX, meglio riuscirebbe a fondare le scienze.