Il volume, pubblicato originariamente con il titolo The Sun in the Church: Cathedrals as Solar Observatories (Harvard Univ. Press, Cambridge (MA) 1999), è stato tradotto in italiano in occasione dell’Anno Cassiniano, celebrato a Bologna nel 2005 in onore di Giandomenico Cassini. “La Chiesa Cattolica romana, più di ogni altra istituzione – probabilmente più di tutte le altre messe insieme – ha protetto e sostenuto economicamente lo studio dell’astronomia per oltre sei secoli, dalla riscoperta dell’antico sapere, nel tardo Medioevo, fino all’Illuminismo”. Così l’A. ci introduce al punto di partenza di questo libro assolutamente originale ed estremamente interessante, anche se non di facile lettura, per la specificità degli argomenti affrontati e per le nozioni tecnico-scientifiche che presuppone. Subito dopo, però, l’A. precisa in modo un po’ riduttivo che “la generosità della Chiesa verso l’astronomia non fu amore per la scienza, bensì un fatto meramente amministrativo: il problema di come fissare e definire ufficialmente la data della Pasqua”. Problema questo che, come si impara nel corso della lettura, era assai più complicato di quanto forse si potrebbe pensare e richiese molti secoli di studio da parte dei migliori astronomi, nonché una riforma radicale del calendario. Illustrando con dovizia di particolari gli sviluppi e le implicazioni di questo tema, di grande importanza liturgica e pastorale, l’A. conduce il lettore attraverso i diversi modi di calcolare e prevedere gli equinozi, fino ad arrivare all’approccio più diretto ed efficace, ossia quello di “tracciare una ‘linea meridiana’, da sud a nord, in un grande edificio buio con un foro sul tetto e di osservare il tempo necessario all’immagine del sole per ritornare, a distanza di un anno, nello stesso punto della linea”. Dal momento che “le Cattedrali erano i migliori edifici per fare questo tipo di misure”, il libro diventa una sorta di viaggio nelle chiese di Santa Maria Novella a Firenze, di San Petronio a Bologna e di Santa Maria degli Angeli a Roma, alla scoperta di alcune tra le più belle e importanti meridiane mai costruite e tuttora esistenti. Poiché la storia delle meridiane è “ai confini di molti campi del sapere che oggi vengono tenuti separati: architettura, astronomia, storia… matematica e filosofia”, la trattazione acquista naturalmente un carattere interdisciplinare, che rende la lettura intrigante ed impegnativa al tempo stesso. L’utilità delle meridiane, sotto il profilo astronomico, finì verso la metà del sedicesimo secolo, ma non per questo si smise di costruire, all’interno delle Cattedrali, meridiane che venivano utilizzate per misurare il tempo e regolare gli orologi meccanici. Un altro elemento particolarmente interessante legato all’utilizzo delle meridiane “è il supporto fornito alle scoperte astronomiche dalle tecniche di osservazione e riduzione dei dati”. Oltre a questi aspetti, poi, non bisogna dimenticare la possibilità di prendere familiarità con le nozioni elementari dell’astronomia in modo facile e piacevole, così come l’opportunità di studiare le meridiane stesse, scoprendo “strumenti… belli e utili, condotti di luce attraverso vasti spazi bui, morti luoghi di scienza, vivi oggetti di meraviglia”. Si tratta di strumenti talmente affascinanti che a un grande umanista come Charles Dickens, quando visitò Bologna, non piacque “niente in città, «salvo il grande meridiano sul pavimento della Chiesa di San Petronio, dove i raggi del Sole scandiscono il tempo tra la gente in ginocchio»”. In definitiva, un libro unico nel suo genere, che richiede al lettore un notevole impegno, ma che in cambio offre una trattazione poliedrica e specialistica di assoluto livello.