Le idee, i concetti, le nozioni che stanno alla base di ogni teoria scientifica nascono nella mente degli scienziati e nelle comunità di ricerca grazie a un contesto speculativo e storico-politico che attinge a nozioni al di là del seminato della scienza nel suo senso più stretto. Queste idee devono essere raffinate con metodi empirici e formali prima di essere consacrate come valide e utili ad acquisire informazioni sui fenomeni che vorrebbero indagare. Ad ogni modo, quando si cerca di rispondere in modo scientifico a istanze problematiche dei fenomeni naturali, possono entrare in azione stimoli, sollecitazioni e intendimenti che non sono strettamente connessi con l’indagine che si sta svolgendo. Le teorie scientifiche talvolta si irrorano di elementi che attingono al mondo delle humanities, persino dalla teologia, come anche si plasmano nelle prime fasi con strumenti di indagine, come le metafore, che orientano l’euristica di uno scienziato. Questi può spingere le proprie preferenze di ricerca lungo convinzioni e inclinazioni personali, e altrettanto può accadere a intere collettività. Tanto più ci sono aspetti controversi e dubbi nelle teorie, tanto più questo può accadere, fintanto che si è alla ricerca di strutture formali e corroborazioni empiriche.
Il volume curato da Paul Allen (Corpus Christi College, Vancouver) e Flavia Marcacci (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo) Divined explanations. The Theological and Philosophical Context for the Development of the Sciences (1600-2000) (Brill, 2024) offre una prospettiva innovativa sul modo con cui parlare del rapporto tra scienza e teologia. Se esistono in letteratura alcune figure entro cui concepire questa relazione – sinteticamente, quelle definite concordismo, discordismo, dialogo, e articolazione – i curatori intendono indagare questa relazione con l’acribia del metodo storico-critico. Da una parte, infatti, sono innumerevoli le questioni epistemiche e ontologiche legate a una teoria scientifica: il determinismo o l’indeterminismo, il significato di una ipotesi rispetto a un’altra, l’interpretazione scettica o realista, l’assenza di corroborazione empirica e la sottodeterminazione, le ricadute sociali e politiche, e così via. Dall’altra parte, però, ognuno di questi aspetti può definire uno spazio speculativo che conferisce una certa libertà creativa: questa emerge andando a indagare i testi meno letti, a considerare gli aspetti biografici di uno o più scienziati e il contesto in cui avvengono le loro ricerche, a considerare aspetti interni ed esterni allo sviluppo delle idee che possono sfuggire a un primo veloce sguardo. Questo metodo di indagine è illustrato nell’introduzione degli autori, a cui seguono due sezioni. La prima è dedicata alla prima modernità (Section 1. Early Modernity – 19th Century), periodo storico in cui è ancora in uso praticare la filosofia della natura entro un contesto teologico, fino all’Ottocento, quando i saperi si vanno lentamente differenziando. I capitoli di questa sezione vanno così a indagare aspetti meno noti ma fondamentali: il legame tra la demonologia medievale e il “genio maligno” di Descartes (cap. 2: S. Guidi, The Paradox of Foundation: Descartes’s Eternal Truths and the Evil Genius), il sincretismo scientifico e religioso delle biblioteche francescane con particolare riguardo a Fortunato da Brescia (cap. 3: P. Capitanucci, Franciscan Syncretistic Theology and Physics: the Science of Fortunato of Brescia (1701–1754)), il ricorso alla metafora del “grembo di Adamo ed Eva” per interpretare le prime visioni telescopiche embriologiche (cap. 4: L. Tonetti, In lumbis Adami et Evae: Questioning the Generation of Humankind in the Early 18th Century), i significati teologici che potevano essere associati alla prima e seconda legge della termodinamica nell?Ottocento (cap. 5: S. Bordoni, From Thermodynamics to Theology through Philosophy: the Debate on the Second Principle in the Late Nineteenth Century), l’importanza della rappresentanza cristiana nella ricezione della teoria dell’evoluzione di Darwin nella lotta contro il razzismo (cap. 6: P. Allen, Social Darwinism and Race: Christian Thought, Evolution and Historiography). Segue la seconda sezione (Section 2. Twentieth Century), che sfida il XX secolo andando a esplorare gli elementi teologici sparsi in modo certamente meno organizzato di quanto accadeva nei secoli precedenti. La sezione si articola in sei capitoli su questioni legate a nomi di grandi scienziati del Novecento: la “religione cosmica” di Einstein e continua a indagare il rapporto tra lo scienziato e il teologo Tillich intorno al problema di un concetto impersonale e personale di Dio (cap. 8: D. Howard, Einstein, “Cosmic Religion,” and Theology); la fecondità della metafora dell’“atomo primordiale” per veicolare all’interno della scienza il concetto di “inizio” dell’universo, in una prospettiva di indipendenza e reciprocità tra teologia e scienza (cap. 9: D. Lambert, The “Primeval Atom Hypothesis”: Where Did It Come From? What Is Its Status?); la difesa convinta, da parte del padre fondatore della vecchia meccanica quantistica, Max Planck, di una visione deterministica entro la quale concepiva il rapporto tra scienza e religione (cap. 10: F. Marcacci, P. Allen, Max Planck, Causality, and the Necessity of God); la fine dell’ideale di una conoscenza olistica razionale e matematizzabile del mondo dopo i principi di indeterminazione e complementarità, recuperando una visione del mondo aperta al trascendente come intrinseca alla fenomenicità e avvicinando le riflessioni di Schrödinger a quelle di Wittgenstein (cap. 11: F. Fraisopi, The Mystery of Cosmos: Negative Issues of Scientific Holism in Quantum Mechanics and Wittgenstein); l’analisi della prova dell’esistenza necessaria di Dio da parte di Gödel, distinguendo “argomento ontologico” e “dimostrazione ontologica” e mostrando il rischio del “collasso” modale eliminando la distinzione tra possibilità e necessità (cap. 12: A. Vestrucci, C. Benzmüller, Kurt Gödel and the Logical Existence of God); la capacità euristica di alcune immagini metaforiche, come la “schiuma quantistica” o l’“osservatore-partecipante” nell’universo, nella vivace produzione scientifica di Wheeler, che si confrontò a lungo con W. Heisenberg sul valore necessario o contingente delle leggi fisiche (cap. 13: S. Furlan, R. Gaudenzi, John Wheeler, a Seeker in the Atomic Age).
Il volume offre una serie di contributi di grande profondità storica che avranno un impatto duraturo nel modo di intendere la relazione tra teologia e scienza.