L’opera contiene una presentazione di come la scienza contribuisca al quadro più ampio della fioritura umana e di quanto essa sia legata alla filosofia. Il mondo naturale può essere apprezzato non solo per se stesso, ma anche come “gesto eloquente”, narrazione che indica una direzione che oltrepassa se stesso.
Il libro è scritto da tre autori: Andrew Briggs, scienziato e professore di Nanomateriali all’Università di Oxford, possiede anche una laurea in Teologia; Hans Halvorson, professore di Filosofia all’Università di Princeton, si è occupato a lungo del rapporto tra scienza e teologia; Andrew Steane, professore di Fisica all’Università di Oxford e fellow dell’Exeter College. Gli autori offrono ciascuno una prospettiva che trae spunto anche dalla propria esperienza professionale e da riflessioni personali.
Il libro si articola intorno a quattro linee principali, esplicitate nel capitolo introduttivo: 1. Dio è un essere da conoscere, non un'ipotesi da testare. 2. Si è voluto stabilire un parametro alto su ciò che costituisce una buona argomentazione. 3. L’incertezza può andare bene. 4. É consentito aprire la finestra che il mondo naturale offre. Questi principi sono il riferimento per tutte le riflessioni presentate nell’opera.
Alcuni capitoli contengono la trascrizione di conversazioni tra gli autori e rappresentano una esemplificazione di come nel dialogo non si sia sempre trovato un immediato accordo tra gli autori.
Tra i temi affrontati nei capitoli successivi ricordiamo: una descrizione delle differenze tra riflessione teologica e analisi filosofica; la responsabilità come caratteristica dell’azione umana; la fisica fondamentale e la struttura fondamentale delle cose esistenti; la relatività generale, il linguaggio e l’apprendimento; l’evoluzione biologica; la storia della vita sulla Terra; la sapienza e i miracoli .
Al termine dei tanti spunti riflessivi proposti nell’opera gli autori ricordano che: “possiamo solo cercare di ricordarci, ad ogni passo, che l'atteggiamento che adottiamo è l'aspetto più caratterizzante di tutti i nostri tentativi di parlare del significato più ampio e profondo del nostro essere”. (p. 348)