Dall’ordine alle cose. Saggio su Werner Heisenberg

"L'uomo che conosce è soggetto di un interesse, quindi, per definizione, coinvolto, non osservatore imparziale. Non solo la materialità del suo corpo, ma anche l'intenzionalità del suo pensiero lo tengono stabilmente tra il mondo, nelle sue pieghe. Il che non è davvero come collocarlo al di sopra del mondo stesso: proprio in quanto, anzi l'uomo non sta né al centro, né sopra la natura, egli non potrà dire il cosa del mondo, la sua essenza cristallina, bensì solo il come, la verità della sua esperienza praticata" (p. 47). Questo è uno dei nodi centrali della visione filosofica elaborata dal fisico Werner Heisenberg (1901-1976), uno dei padri della fisica quantistica e premio Nobel nel 1932, illustrata nell'interessante e approfondito saggio di Valentina Cappelletti, epistemologa presso l'Università di Milano.

Scopo principale del libro è mostrare che l'Interpretazione di Copenaghen, ritenuta idealista, sostenitrice di un empirismo radicale e relativista dopo l'abbandono dei tre pilastri della fisica classica (causalità, comprensibilità e realismo), in realtà non è così facilmente definibile e etichettabile (cap. I, "Oggetti e soggetti classici"). La riflessione di Heisenberg, svolta in particolare nel saggio "Ordunung der wirklichkeit" (Ordinamento della realtà) del 1942 e in altri articoli, richiamati più volte testualmente dall'A. nel corso del saggio, permette di comprendere meglio la mutata visione del mondo che la nuova fisica imponeva, e di esaminare in maniera più completa il problema del realismo conoscitivo così come il rapporto tra scienza e filosofia (cap. II, "Una revisione imposta").

Il fisico tedesco elabora una proposta per uscire dalle difficoltà introdotte dalla microfisica e non assume una posizione soggettivista o idealista, ma suggerisce un approccio "operazionale" e pratico in cui "la realtà della quale possiamo parlare non è mai la realtà in sé, ma è una realtà filtrata dalla nostra conoscenza o persino, in molti casi, da noi configurata. Se […] si obietta che dopotutto c'è un mondo oggettivo completamente indipendente da noi e dal nostro pensiero […], si deve opporre il fatto che già la parola c'è appartiene al linguaggio umano e non può quindi significare qualcosa che non sia in relazione alla nostra capacità conoscitiva" (p. 142). Il realismo pratico con il suo concetto di realtà configurata è una posizione dettata dal fatto che "in meccanica quantistica l'apporto formale non consente di riprodurre un evento oggettivo nello spazio e nel tempo" perché, spiega lo stesso Heisenberg, "ciò che viene fissato matematicamente è solo in piccola parte 'un fatto oggettivo', mentre è in gran parte una panoramica di possibilità" (p.108) e dunque "nessuna rappresentazione può cogliere la totalità, perché per farlo dovrebbe saper inglobare un elemento infinito, cioè il fatto della infinita rappresentabilità del mondo" (p. 132) (cap. III, "Il richiamo alla prassi per la fisica quantistica"). Al contrario, "la fisica classica partiva dalla convinzione che noi potremmo descrivere il mondo, o almeno parti di esso, senza alcun riferimento a noi stessi. Questo entro ampi limiti è realmente possibile" e, tiene a precisare lo scienziato tedesco, non è falsa: i suoi concetti sono ancora indispensabili e la sua descrizione della natura è corretta "laddove si possono applicare i suoi concetti" (p.108).

È necessario ora un nuovo ordinamento della realtà, che tenga conto dei diversi ambiti di conoscenza e della multidimensionalità. Essa si articola per gradi di maggiore o minore oggettività e, viceversa, di minore o maggiore soggettività, i cui poli sono la scienza (massimo di oggettivazione) e la religione (in cui non si può prescindere dal soggetto) e tra i quali si trovano, nell'ordine, fisica, biologia, chimica, psicologia, etica. Alla base di tale ordinamento della realtà, e poi della conoscenza, è posta la matematica che rimane il fondamento stabile del sapere e la cui oggettività e assolutezza resistono ad ogni tentativo di indagarne la natura, portando Heinsenberg ad una parziale relativizzazione, se così si vuole definire, e ad una posizione di realismo platonico (cap. IV, "L'ebbrezza del numero" e cap.V, "Soggetti, oggetti, numeri).

Tematica molto importante e non trascurabile, perché tuttora attuale come anche l'A. evidenzia, è la riflessione sul ruolo dell'uomo-scienziato che "non può ritirarsi nella propria torre d'avorio, perché la presa di posizione è un diritto e un dovere. Il suo ruolo non consiste nell'essere neutrale" (p. 172). Al contrario, egli deve essere conscio e responsabile della sua funzione pubblica in quanto, afferma Heisenberg, "lo studioso, anche se contro la sua volontà, è per il popolo il mago cui obbediscono le forse della natura. Ma il suo potere può svolgersi verso il bene solo se egli è al tempo stesso sacerdote e agisce soltanto per conto della divinità o del destino" (p. 177). La scienza stessa, infine, può avere funzioni pacificatorie, perché è la forma culturale più oggettiva e può unificare, con la sua neutralità - che non deve essere propria dello scienziato però - diverse tradizioni culturali e comportamenti umani, specialmente dopo le forti conflittualità emerse nel corso del XX secolo.

Autore scheda bibliografica tematica
Valeria Ascheri