L’A., sacerdote gesuita nato nel 1916 a Lione, è stato docente di teologia al Centre Sèvres a Parigi e all’Università Gregoriana a Roma. Il testo è organizzato in tre parti. La prima parte, intitolata “L’ampiezza dei fatti”, riepiloga le principali tappe della storia fisica e biologica, dall’origine del cosmo fino alla comparsa dell’uomo. La seconda, dal titolo “L’identità dell’uomo in questione”, riflette sulla natura dell’essere umano, in modo particolare la sua emergenza sul resto del creato, includendo in tale riflessione brevi cenni al pensiero filosofico di Hegel, Feuerbach, Marx e Nietzsche e al loro tentativo di comprendere l’uomo e dare ragione della sua singolare fenomenologia. La terza ed ultima parte, “Senso e mistero di Dio: un ricorso in appello” affronta il problema di Dio sullo sfondo dei principali interrogativi suscitati dal pensiero filosofico e scientifico: l’evoluzione cosmica, il dramma della sofferenza e del male, l’enigma della morte. La terza parte è la più originale, in quanto le prime due hanno per finalità l’esposizione di dati scientifici che possono essere acquisiti anche presso altre fonti. Il libro di Martelet, autore sempre attratto dalle tematiche antropologiche ed evolutive, e che in passato aveva cercato spiegazioni del peccato originale diverse da quanto proposto dalla tradizione teologica, non è di facile lettura a causa della sua scarsa sistematicità. Ha piuttosto il carattere di una riflessione a voce alta, di una testimonianza credente che intende prendere sul serio le domande della scienza e quelle della filosofia. Tale caratteristica, unita alla sua sinteticità, fa sì che il lettore, per trarre profitto delle riflessioni dell’A., debba già in parte conoscere i nodi del dibattito interdisciplinare fra scienza e teologia. In tal senso, non è una trattazione del rapporto fra creazione ed evoluzione che l’A. si propone di fornire, né un’esposizione della teologia della creazione in senso stretto. La specificità del volume sta nel fatto di riproporre un “itinerario filosofico del problema dell’uomo e del problema di Dio” sullo sfondo delle conoscenze scientifiche, e dunque valutato su un panorama a tutto campo, dalla cosmologia alla biologia, alla luce dei tempi e degli spazi coinvolti. Tutta la trattazione, che intende muoversi su un piano filosofico “dal basso verso l’alto”, confluisce verso l’enigma della morte come punto di massima interrogazione ma anche di massima rivelazione dell’umano, obbligando a prendere posizione di fronte al tema dell’esistenza e di una sua possibile fondazione trascendente. Alla teologia, come testimoniato dalla conclusione del testo, viene chiesta la disponibilità a ripensare l’immagine di Dio, nella misura in cui questo può essere fatto, alla luce delle conoscenze ormai acquisite dal pensiero scientifico: «E se questo modo laborioso di trovare la singolare identità dell’uomo a partire dall’evoluzione, e nonostante la morte che quest’ultima gli infligge, ci permettesse di ripensare ex novo il modo con cui il Dio presentito viene a noi attraverso la Rivelazione?» (p. 236).