La scienza e il mondo moderno

A. N. Whitehead (1861-1947) è uno dei massimi esponenti del pensiero scientifico e filosofico del Novecento; è stato insegnante a Cambridge, Londra e all’Università di Harvard negli Stati Uniti d’America sin dagli anni Venti. Dopo una prima fase di studi dedicati alla logica matematica, sfociata nel saggio scritto insieme a Bertrand Russell Principia Mathematica (1910-13), si concentrò su un’opera di revisione critica dell’epistemologia classica, che culminò negli scritti Ricerche sui principi della conoscenza naturale (1919) e Il concetto di natura (1920). Ormai in età matura, Whitehead sentì il bisogno di ricondurre la scienza nell'ambito di una cultura umanistica: fondamento di ogni civiltà fu per lui la sintesi di esperienza umana e verità scientifica e filosofica. Da questa riflessione nasce La scienza e il mondo moderno (1925), che con Processo e realtà (1929), esprime massimamente il suo pensiero orientato in senso metafisico verso una teoria organicistica incentrata sulla nozione di evento come rapporto di intenzionalità con l'universo. Per Whitehead la filosofia antica offriva lo schema di un sapere unitario e organico, un’universale e concreta visione del mondo. La cultura moderna invece è essenzialmente dinamica, ha un sistema di valori variabile che richiede una conoscenza elastica e differenziata della realtà e dei suoi problemi. La filosofia non può essere un sistema chiuso, un’intuizione finita del mondo, ma una sistema aperto, quale si conviene alla coscienza storica dell’umanità. Distrutte le certezze della dogmatica metafisica classica, sorge una scienza nuova: il suo processo si esplica nelle forme raggiunte dal pensiero scientifico contemporaneo: la filosofia purifica i principi, gli assiomi, i metodi della scienza, delineandone i limiti e aprendone gli orizzonti speculativi sulla realtà vista come processo. Secondo Whitehead la realtà appare alla ragione sotto un duplice aspetto: come la serie continua degli accadimenti e dei fatti, intrecciatisi in un infinito sistema di relazioni; e come il loro definirsi secondo forme discontinue, schemi ideali di obiettività, in cui essi si ordinano e che in essi si individuano: avvenimenti e forme in continuo intreccio che li connette e li scioglie: il sapere scientifico è il sapere di queste connessioni, mentre il sapere metafisico è il sapere dei rapporti che crea un sistema di idee. Whitehead vuole fondare una ontologia generale fondata sul concetto di finalità: irrazionale e relativo, razionale e assoluto sono polarità che si incontrano in un metodo dialettico di decifrazione della realtà, che è insieme accadimento e forma, vita e ragione, causalità e finalità. Il principio di ogni limitazione irrazionale del reale sul piano della razionalità universale diventa Dio. Studiare lo sviluppo della civiltà occidentale negli ultimi tre secoli, vuol dire analizzare attraverso una critica epistemologico-filosofica le varie visioni del mondo che sono state influenzate dallo sviluppo scientifico e dalle concettualizzazioni derivate volta per volta dalle fondamentali categorie della cultura: la scienza, l’estetica, l’etica e la religione: Whitehead analizza e sviluppa la critica alle cosmologie che la filosofia attua. Egli presenta La scienza e il mondo moderno con queste parole: «Il centro di questo lavoro sta nel senso dell’importanza fondamentale di una filosofia sistematica. […] la filosofia ..è la più efficace tra tutte le forme di ricerca intellettuale. Essa costruisce cattedrali prima che gli operai abbiano posato una sola pietra, le distrugge prima che gli elementi della natura abbiano logorato o abbattuto i loro archi di sostegno. E’ l’architetto dei monumenti dello spirito, e nello stesso tempo, ne è la forza dissolvitrice: e lo spirito precede il materiale. La filosofia lavora lentamente. Le idee restano quiescenti per secoli; poi, improvvisamente, l’umanità si accorge che esse si sono materializzate in istituzioni». Il senso del processo universale nello spazio e nel tempo è quello di vivere secondo valori eterni, secondo quelle forme ideali che l’A. chiama “oggetti eterni”. L’eternità è l’anima delle cose e Dio si rivela nel modo del loro accadere, nel loro realizzarsi attraverso il gioco del possibile. Il processo della natura, della filosofia e della storia è per la filosofia organicistica una continua dialettica tra il possibile e il reale, tra ciò che permane e ciò che emerge, tra il condizionamento del passato e le vie nuove dell’avvenire. Secondo l’A. una concezione puramente meccanicistica dell’universo per la quale il tutto non è che la somma di pezzi di materia nello spazio e nel tempo, non riuscirà mai a spiegare il processo universale e, in questo processo, la storia di una vita. «Il cammino di una vita – egli scrive- è qualcosa di più dei rapporti casuali di pezzi di materia nello spazio e nel tempo». Questo “qualcosa di più” è in un certo senso tutta la filosofia di Whitehead.