Il mondo dentro il mondo (The World within the World, Oxford University Press, Oxford 1989) non è un libro di filosofia della natura o di filosofia della scienza, ma la sua lettura può risultare utile al filosofo della natura e della scienza. Ne è motivo il fatto che l'opera non vuole offrire una sua «visione del mondo», ma piuttosto ordinare le diverse visioni filosofiche del mondo che soggiacciono a molte formulazioni scientifiche.
La questione centrale di tutta l'opera, sviluppata attorno ad un itinerario storico-concettuale in 7 densi capitoli, è quale sia lo statuto ontologico ed epistemologico delle leggi di natura. L'analisi di Barrow non dà una risposta a questa domanda, ma a nostro avviso questo non è un limite del libro, bensì uno dei suoi motivi di interesse. Che la riflessione sui fenomeni fisici di maggior valenza interdisciplinare, se operata con le uniche risorse del metodo scientifico, non sia adeguata per rispondere esaurientemente ad una domanda che resta essenzialmente filosofica, non sorprende. Ciò che ci sorprende favorevolmente è vedere come il realismo critico adottato dall'autore, pur attraverso incertezze ed analisi filosofiche talvolta ingenue, sia sufficiente a fornirgli gli strumenti concettuali per segnalare l'incongruenza e lo scarso rigore epistemologico impliciti nella presentazione di molti risultati scientifici.
All'inizio del suo percorso, l'A. adotta come ipotesi di lavoro quella di un «atteggiamento realista verso gli oggetti ma non rispetto alle teorie. [...] Esse possono rappresentare solo un'approssimazione della realtà, ma di una realtà che è indipendente dalla nostra mente» (p. 39). Egli riconosce con M. Polanyi che i presupposti metafisici della scienza sono precondizioni trascendentali del pensiero metodologico che lo scienziato utilizza inconsapevolmente per fare scienza grazie ad essi, ma non su di essi (cfr. p. 46).
Barrow sottolinea la fecondità di una tale visione per la scienza, valutando il ruolo positivo di tutte quelle correnti di pensiero — cristianesimo compreso — che hanno contribuito a mettere in risalto l'intelligibilità del mondo. Allo stesso tempo egli incontra lungo la sua analisi alcuni elementi responsabili di mettere in questione l'atteggiamento realista. Il primo riguarda la natura preconcetta dell'idea di un Legislatore garante delle leggi di natura, che, seppur abbia storicamente favorito il clima filosofico-culturale necessario allo sviluppo del sapere scientifico, ne avrebbe costituito anche un limite, legando la scelta a favore dell'oggettività delle leggi naturali ad una opzione di tipo religioso-teleologico. Gli altri elementi riguardano l'impossibilità di affrontare lo studio della meccanica quantistica, dei fenomeni caotici e degli stati iniziali dell'universo, all'interno di un quadro determinista, abituale in altri campi della scienza. Questi elementi offrono l'immagine di una scienza aperta, capace di suscitare dall'interno del suo metodo domande ultime, ma consapevole della necessità di strumenti filosofici adeguati per poterle formalizzare correttamente.
Restiamo con la convinzione che Barrow sia in definitiva più realista di quanto egli stesso pensi. Lo dimostra il fatto che nelle pagine di quest'opera vi sono interessanti tentativi di chiarimento epistemologico. Vi troviamo una critica all'idealismo come approccio possibile per la ricerca (p. 36); un deciso giudizio negativo dell'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, evidenziando l'ambiguità del concetto di misura adottato dai discepoli di Bohr (p. 196); un'analisi dell'insufficienza epistemologica di quelle teorie cosmologiche che intendono esaurire dall'interno delle loro formulazioni fisico-matematiche la giustificazione di tutto il reale (p. 261 e pp. 458-459); una puntuale segnalazione di quei paradigmi filosofici, e comunque extra-scientifici, che l'astrofisica e la cosmologia utilizzano quale base implicita per concettualizzare l'universo come un tutto (pp. 279-297); e perfino una interpretazione dell'evoluzionismo darwiniano in chiave realista, ove non sono il caso e la selezione a regolare l'adattabilità all'ambiente, ma l'esistenza di leggi naturali stabili (p. 118).
Riteniamo che gli stessi elementi di perplessità prima menzionati, se analizzati con categorie filosofiche più profonde di quelle utilizzate dall'A., non paiono avere un valore apodittico nel dibattito sulle leggi di natura. L'incapacità dell'A. di separare l'opzione per un legislatore dall'opzione per l'oggettività e la razionalità del mondo dipende dall'assenza, nella sua trattazione, di una esplicita distinzione metafisica fra leggi scientifiche e leggi naturali (cfr. pp. 39, 42, 58, 87). Se l'aver vincolato l'idea di un legislatore alle prime poté divenire nella storia della scienza fonte di problemi metodologici, non accadde altrettanto quando la si è vincolata alle seconde, come mostrerebbe facilmente una prospettiva metafisico-realista quale quella adottata, ad esempio, da Tommaso d'Aquino e riproposta in epoche più recenti da Gilson. In tale prospettiva, le leggi naturali sono legate alla causalità formale immanente alla natura metafisica degli enti, e se esse cadono anche sotto l'analisi della causalità finale, lo fanno attraverso la specificità formale della propria natura, che Tommaso fonderà sull'atto di essere e, pertanto, sulla relazione creatura-Creatore.
Una ulteriore fonte di chiarezza deriverebbe da una migliore discussione del rapporto fra necessità e determinismo, che Barrow lascia piuttosto in ombra. L'incapacità di sostenere un determinismo ad oltranza in molti ambiti della fisica contemporanea, non elimina il carattere di necessità delle leggi naturali : leggi di natura filosoficamente necessarie possono essere matematicamente non deterministiche. L'A. pare condividere implicitamente questa visione nella sua discussione sui fenomeni della meccanica quantistica, lasciandola però alquanto inespressa.
Avremmo preferito forse una maggiore attenzione dell'A. verso alcuni ambiti della fisica, come la termodinamica, il cui ruolo nel dibattito sulle leggi di natura è centrale almeno quanto quello della cosmologia. Ci pare di ravvedere infine alcune imprecisioni di carattere teologico e qualche difetto di coerenza nel parlare della vita umana, la cui visione certamente non riduzionista dell'A. (cfr. pp. 377-380) coesiste con affermazioni di minore respiro filosofico. Si apprezza un'estesa bibliografia interdisciplinare con l'attenta segnalazione editoriale delle traduzioni disponibili in lingua italiana. Si avverte la mancanza di note lungo il testo che rimandino alle fonti degli autori citati.
Si tratta in definitiva di una lettura stimolante che rivela quanto sia viva, nell'ambiente delle scienze sperimentali, l'esigenza di una maggiore comunicazione intellettuale con la filosofia. Se opere come questa dimostrano una accresciuta maturità e ponderazione nel lavoro speculativo di molti ricercatori, esse costituiscono anche una sfida che la filosofia, proprio perché riflessione critica sulla conoscenza e sulle cause ultime del reale, deve saper raccogliere ed orientare.