Come può un grande scienziato, un matematico addirittura, credere in Dio? La fede religiosa non è forse un ostacolo per sviluppare razionalmente le proprie ricerche? Il famoso matematico italiano Antonio Ambrosetti, già ordinario di Analisi Matematica alla Scuola Normale di Pisa ed attualmente professore alla SISSA di Trieste, di cui è stato uno dei fondatori, contraddice tali pregiudizi attraverso la propria serena testimonianza personale.
Questo breve libro ha il sapore di un diario in cui Ambrosetti racconta la sua esperienza interiore di crescita nella ricerca scientifica e nella fede cristiana. Fin dalla giovinezza, alla Scuola Normale di Pisa, figure dello spessore di Giovanni Prodi ed Ennio De Giorgi, grandi matematici e ferventi credenti, lo introdussero alla più avanzata ricerca matematica, aiutandolo, contemporaneamente, ad approfondire la sua vita di fede. Nel corso della sua carriera scientifica Ambrosetti è poi diventato un matematico di grande influenza internazionale nel campo della teoria dei punti critici e dell’analisi nonlineare. Numerose sono state le sue collaborazioni accademiche con grandi matematici di tutto il mondo. Nell’amicizia con molti di loro ha condiviso e sviluppato le riflessioni contenute in questo volume, ad esempio con i matematici ebrei Paul Rabinowitz ed Haim Brezis.
La parte centrale del libro è dedicata a mostrare che non sono possibili dimostrazioni logico-matematiche né dell’esistenza né, tantomeno, della non esistenza di Dio. Ambrosetti descrive, mediante esempi divulgativi, cosa sia un problema matematico, che cosa significhi risolverlo e darne una dimostrazione formale. In tal modo Ambrosetti evidenzia le differenze che intercorrono tra un “teorema matematico” e le argomentazioni metafisiche dell’esistenza di Dio. L’autore sottolinea più volte i limiti della stessa matematica, puntualizzando che i suoi risultati specifici non sono spesso estendibili ad altri ambiti della realtà. Infine, ancora più radicalmente, Ambrosetti ricorda che, a partire dai celebri teoremi di indecidibilità di Goedel, la logica matematica ha studiato molto analiticamente le potenzialità ed i limiti di ogni procedimento logico-deduttivo, dimostrando, ad esempio, che “non possiamo mai essere sicuri che un sistema di assiomi non sia contraddittorio se non immergendolo in un sistema più ampio… e così via”.
Ma, allora, che cosa può dire la matematica circa il mistero di Dio? Ambrosetti ci confida come lo studio della matematica gli faccia intuire la presenza di Dio. Nel congetturare nuovi teoremi e nel tentativo di dimostrarli, il matematico è costantemente sollecitato a guardare più in là, all’infinito… “ed io intravedo –scrive Ambrosetti- in questo qualcosa che è sempre sopra di noi, irraggiungibile, la presenza -seppure misteriosa- di Dio”. Per Ambrosetti sono proprio l’uso del ragionamento e del rigore, uniti alla capacità di elaborare nuovi risultati, le caratteristiche che più avvicinano l’uomo a Dio: “durante le sue ricerche, il matematico intuisce la grandezza e la bontà di Dio che permette all’uomo di farlo diventare parte pulsante dell’universo, facendolo partecipe -seppure in modo limitato- al progresso della conoscenza e, in definitiva, all’ Onnipotenza di Dio stesso”.
E che dire della sensazione di gioia che il matematico sperimenta nel concepire una nuova scoperta, rimasta in gestazione magari da lungo tempo? Non è forse una partecipazione proprio della gioia di Dio Creatore? Infine Ambrosetti considera la bellezza e l’eleganza della Matematica. Non fanno forse anch'esse intravedere qualche riflesso del grandioso mistero di Dio?
È bello constatare la mentalità di ricerca aperta e libera da pregiudizi di Ambrosetti, caratteristica di un vero scienziato. Di contro ad ogni schema mentale riduzionistico, l’autore ci accompagna a scoprire, per dirla con Shakespeare, che “ci son più cose in cielo e in terra, di quante ne abbia mai sognate la tua filosofia” (Amleto). In effetti è il progresso stesso della scienza che ci sollecita continuamente ad interrogarci sulle prime domande metafisiche. Ad esempio, dinanzi alla meravigliosa avventura scientifico-tecnologica della costruzione dell’acceleratore di particelle elementari del CERN a Ginevra, Ambrosetti si interroga: “da dove deriva l’atomo? Com’è stato generato? Cosa c’era all’istante 0?”.
Queste ed altre domande analoghe non sono proprio lo stupore che, secondo Aristotele, sta all’inizio del filosofare? Non è forse questo il cammino razionale –in un senso più ampio del mero significato logico-matematico- che la filosofia ha intravisto come asse portante di tante argomentazioni filosofiche circa l’esistenza di Dio? Il celebre matematico Ennio De Giorgi scrisse: “All’inizio e alla fine abbiamo il mistero. Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio. A questo mistero la matematica ci avvicina, senza penetrarlo”. Questa è l’esperienza che Antonio Ambrosetti ha vissuto personalmente e ci ha comunicato in questo stimolante libro. Ne consiglio a tutti la lettura e la riflessione.