La scienza e il mondo invisibile

L’opera riporta una delle Swarthmore Lectures, organizzate a Londra dalla Religious Society of Friends (Quaccheri). Fu tenuta nel 1929 da sir Arthur Stanley Eddington, importantissimo astrofisico inglese, famoso anche per la sua instancabile attività divulgativa (es. divulgazione della legge della relatività presso il pubblico inglese).

I 9 capitoli che compongono il libro non hanno titolo, ma una tavola sinottica ne riassume il contenuto: I. Profilo dell’evoluzione fino all’avvento dell’uomo nel mondo fisico. II. La voce inquisitoria “che fai qui?” III. Prospettive mutevoli sullo scopo della teoria fisica e sull’ideale della spiegazione fisica. IV. Nella “problematica dell’esperienza” sono coinvolte allo stesso tempo prospettiva scientifica e prospettiva mistica. V. L’irrilevanza della “legge di natura” in relazione ad alcuni aspetti della mente e della coscienza. VI. L’importanza dei “valori” e le conseguenze dell’escluderli dall’ambito della ricerca. VII. La certezza della rivelazione di Dio è più necessaria di quella della esistenza di Dio. VIII. Nella vita quotidiana (sia materiale che spirituale) l’analisi scientifica può integrare ma non deve soppiantare la “visione ordinaria”. IX. Lo spirito di ricerca nella scienza e nella religione.

                                                                                 

Dal caos primordiale alla formazione dell’universo, l’apparizione degli elementi chimici e delle forze naturali non dà piena ragione della realtà del cervello umano. Con tale termine Eddington intende quella realtà che unisce all’interno di ogni uomo dimensione visibile e invisibile, materiale e spirituale. Intende anche la coscienza e l’autocoscienza, che sono le prime realtà con cui quotidianamente ci relazioniamo e in cui troviamo la domanda di senso. Si tratta di una realtà che non si può misurare, e che per questo non viene esaurita dalle predizioni delle scienze esatte. Essa è un sistema interno di valori che orienta nella validità di premesse e conclusioni e che dà carattere personale a tutto ciò che riguarda l’essere umano. È la realtà che muove lo stesso scienziato alla ricerca di un significato più profondo oltre simboli e modelli meccanici.

Nascono in parallelo così due domande: è possibile una conoscenza reale della natura del mondo visibile? E una conoscenza vera, non illusoria, del mondo invisibile? È possibile trovare un posto adeguato all’esperienza quotidiana e scientifica del mondo invisibile, di cui anche la religione fa parte? Sì, se si parte dal presupposto che i rapporti con il visibile e con l’invisibile presuppongono entrambi un atto di fede nell’esistenza e nel loro valore e che l’approccio scientifico non esaurisce l’esperienza umana. Scindere scienza e significato/valore significa andare incontro ad una scienza irresponsabile, a cui manca il motore che spinge ogni uomo (nella sfera scientifica e in quella religiosa): la ricerca di significato. Inoltre, ignorare la coscienza vuol dire ignorare la natura personale di ogni ricerca umana.

M. C.