Roberto Timossi, filosofo e saggista, docente presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Liguria e Presidente del Consiglio Scientifico della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare, scrittore prolifico noto per i suoi saggi su temi di logica e sul rapporto fra fede e ragione, ci offre ne L’ineffabile: le prove dell’esistenza di Dio un volume finalizzato a mettere a fuoco cosa voglia dire dimostrare l’esistenza di Dio e a quale immagine di Dio tali dimostrazioni hanno accesso. Tema complesso, che il dibattito pubblico non è sempre attrezzato ad affrontare con profondità ben precisando i termini in gioco. Alcune correnti di pensiero, mosse dal desiderio di dimostrare il dominio della ragione umana e quindi cercare evidenze assolute, anche su questioni come l’esistenza del Creatore hanno ritenuto di potersi poggiare a tal fine sul metodo scientifico, contribuendo a togliere chiarezza all’intera tematica.
La domanda sul perché crediamo in Dio, ricorda l’A., trova la sua prima risposta nella fede: Dio ha scelto di rivelarsi all'umanità, instaurando un dialogo diretto con noi. Il culmine di questa rivelazione si è manifestato in Gesù Cristo, Dio fatto uomo. La nostra fede poggia su questa auto-manifestazione di Dio come Essere Supremo, la fonte e il fondamento di ogni esistenza.
Tuttavia, la fede non è un atto cieco. La ragione cerca conferme all'esistenza di Dio. I filosofi hanno elaborato sofisticate argomentazioni logiche per sostenere questa tesi, ma anche un semplice atto di riflessione può rivelare indizi della presenza divina. Ogni persona che si interroga sul significato del mondo può percepire queste tracce.
Dall'età medievale, con Anselmo d'Aosta e Tommaso d'Aquino, fino ai filosofi moderni come Cartesio, Leibniz e Gödel, la dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio è stata un tema centrale della filosofia. Tuttavia, nonostante i brillanti sforzi di questi pensatori, le prove proposte non sono mai state universalmente accettate come definitive, lasciando aperta la questione.
Il saggio di Timossi è rivolto tanto ai credenti quanto ai non credenti e prende in esame i percorsi della ragione intorno a quanto si può conoscere dell’Ineffabile, alla ricerca delle prove dell’esistenza di Dio. Il percorso tracciato in questo saggio, parte proprio da una breve storia introduttiva del termine “ineffabile”, dalla sua etimologia, continuando poi nell’analisi dei due modi tradizionali di intendere l’idea di Assoluto. Il primo, tipico delle filosofie e delle religioni orientali, lo concepisce come “Tutto” di cui ogni cosa partecipa; il secondo modo, tipico della tradizione occidentale, intende l’Assoluto come “Essere supremo e trascendente”, cioè distinto dal mondo ma dal quale il mondo dipende. È quest’ultima prospettiva che maggiormente si presta a una dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio perché teorizza un ineffabile autosussistente nella sua essenza, chiaramente distinto dal mondo, ma che si manifesta, nelle funzioni e azioni che esercita sulla realtà, quale principio ordinatore e creatore del cosmo (cfr. p. 23).
Nella corsa alla ricerca dell’evidenza, tipica della cultura occidentale, si è soliti distinguere due percorsi per dimostrare l’esistenza dell’Ineffabile: uno a priori e uno a posteriori. Di questo l’A. tratta nel secondo capitolo del volume, nel quale approfondisce le “Cinque vie” di Tommaso d’Aquino, per soffermarsi sugli elementi comuni nelle prove tommasiane.
I successivi tentativi, esposti nel capitolo terzo, vedranno come protagonisti le critiche kantiane a tali dimostrazioni, e le conseguenti critiche a queste ultime, così come le critiche provenienti dalla filosofia analitica e le contestazioni di queste ultime.
Il viaggio nel percorso intorno all’Ineffabile vede il dispiegarsi di nuove dimostrazioni che ruotano intorno alle ragioni sufficienti e a principi inconfutabili, al contesto cosmologico e al “problema della prima mossa” (capitolo quarto). Alle “nuove dimostrazioni” seguono le “dimostrazioni esistenziali” che l’A. espone nel capitolo quinto. Queste ultime comprendono: le vie dell’esistenza umana, l’autotrascendenza e la dimensione spirituale dell’essere umano, l’argomento ex moralitate (giungere a Dio attraverso l’idea di giustizia), l’esistenza di verità eterne e infine la via verso Dio tracciata dal pensiero dei mistici.
Così l’A., nelle sue conclusioni, propone un bilancio del suo percorso attorno all’Ineffabile: «In mezzo a questo guado nel quale ci troviamo come persone umane, comprendiamo che il cosmo non si spiega da solo, ma che non possediamo il significato ultimo della sua e della nostra esistenza. Se da una parte percepiamo e dimostriamo con il raziocinio che deve esistere quel “senso assoluto” che è l’Ineffabile, dall’altra intuiamo di poterci soltanto approssimare alla sua realtà, poiché con la sola nostra ragione non riusciamo a coglierne a pieno il suo significato ultimo» (p. 244).