La teoria fisica: il suo oggetto e la sua struttura

«La teoria fisica ci fornisce una certa conoscenza del mondo esterno irriducibile a quella puramente empirica; questa conoscenza non proviene né dall’esperienza né dai procedimenti matematici utilizzati dalla teoria tanto che la scomposizione puramente logica della teoria non sarebbe in grado di scoprire la fessura attraverso cui si è introdotta nell’edificio della fisica; per qualche via di cui il fisico non può negare l’esistenza ma neppure descriverne il percorso». Così Pierre Duhem (1861-1916), professore di fisica prima a Lille e poi a Bordeaux, fisico ma anche storico e filosofo della scienza, conclude la seconda edizione (1914) del La théorie phisique: son object et sa structure, opera di grande chiarezza e vastità di argomenti – meccanica, fisica e astronomia – che rispecchiano pienamente il pensiero dell’autore e la sua vasta erudizione. L’argomento centrale, affrontato direttamente nell’importante appendice (soprattutto ne “La fisica del credente”) apposta nella seconda edizione, è la distinzione tra la fisica e la metafisica. La diversa competenza delle due prospettive viene dimostrata dal fisico attraverso una stringente analisi e la chiara definizione di cosa sia una teoria fisica, il suo oggetto e il suo fine e, conseguentemente, quale sia la sua struttura e come funzionino i meccanismi delle sue operazioni. L’A., fornendo «un’analisi logica del metodo con il quale progredisce la scienza fisica», spiega anzitutto che «una teoria fisica non è una spiegazione; è un sistema di proposizioni matematiche il cui scopo è di rappresentare nel modo più semplice, completo ed esatto possibile un intero gruppo di leggi sperimentali» e pertanto non può aver a che fare con la metafisica, ma è ad essa subordinata. Scrive l’A. al termine del primo capitolo: Teoria fisica e spiegazione metafisica: «sempre al fondo delle spiegazioni che la teoria fisica pretende di dare, si trova l’inspiegabile». Allo stesso tempo, però, la metafisica non può pretendere di concepire una teoria fisica, ché altrimenti quest’ultima non potrebbe essere “fisica”, secondo la definizione che Duhem stesso dà nel testo. A causa di queste decise affermazioni, l’A. fu avvicinato a tesi positivistiche con tendenze fenomenologiche, ma in realtà egli, cattolico convinto, era intenzionato soltanto a chiarire con il massimo rigore e sistematicità le sue tesi e le diverse nature ed oggetti dei due campi del sapere. Il testo, suddiviso in due parti principali, “L’oggetto della teoria fisica” e “La struttura della teoria fisica”, affronta altre questioni altrettanto delicate e attuali, quali l’utilità di una teoria fisica, il valore delle teorie astratte, cosa sia una legge fisica, la natura dell’esperimento, la scelta e l’importanza delle ipotesi. Un secondo punto senz’altro notevole, poi ampiamente ripreso dal filosofo K.R. Popper, è ad esempio, la critica all’experimentum crucis spiegata nel Novum Organon di Francesco Bacone, secondo la quale non esisterebbe un singolo esperimento “cruciale”, perché è l’insieme della teoria che deve essere confrontata con l’esperimento; inoltre, la conferma di una conseguenza, anche significativa, non può essere definitiva perché possono sempre esserci altre conseguenze della teoria che potrebbero essere contraddette in futuro. Le concezioni di Duhem sulla portata delle teorie fisiche, sulla loro crescita, il loro sviluppo e la loro finalità, sono in buona parte ancora oggi corrette e, quand’anche non si possano adottare senza riserve, restano interessanti e offrono un ampio materiale di riflessione. Basti per tutte l’affermazione di Duhem nell’appendice finale Il valore di una teoria fisica: «lo studio del metodo fisico non è in grado di rivelare al fisico la ragione che lo spinge a costruire la teoria fisica». Il lettore interessato può consultare la voce dedicata a Pierre Duhem, presente in questo Portale, nella sezione del Dizionario Interdisciplinare.

A. G.