Unità è amore, con Dio

Questo breve intervento del 1956 di Jacques Maritain, ripubblicato su Il nostro tempo nel 2012, riassume lo spirito “cattolico e tomistico” del pensiero del grande filosofo francese che dichiara: “Senza la contemplazione, ogni dottrina filosofica e teologica, anche vera, volge verso la setta; ogni zelo, anche buono, alla rivalità.”

Solo la contemplazione scopre il prezzo della carità. Per l’amore e nell’amore, fa conoscere che Dio è amore. Allora l’uomo lascia che Dio faccia in lui ciò che egli vuole.

Si lascia legare perché ama. È libero perché ama. Tutto ciò che non ha il gusto dell’amore, perde per lui ogni sapore. Per questo amore in cui consuma la nostra vita, la contemplazione sola realizza in noi l’universalità, rende l’anima cattolica in spirito e in verità. Poiché trascende tutte le virtù intellettuali e morali, la prudenza, la scienza e l’arte, trascende anche tutti i particolarismi, accorda l’anima all’unità del Corpo mistico di Cristo, la mette in disaccordo con ogni unità più limitata. Per essa, Cristo, dimorando in quelli che lo amano, dà al loro cuore una specie di ampiezza eucaristica.

Senza la contemplazione, ogni dottrina filosofica e teologica, anche vera, volge verso la setta; ogni zelo, anche buono, alla rivalità. Perché essa rende l’uomo un solo spirito con Dio, fa veramente l’unità nell’uomo e tra gli uomini. Procede dal dono di saggezza, e la beatitudine dei pacifici è il privilegio di questo dono. Le opere che penetrano più avanti nell’avvenire sono quelle che lo spirito di Dio dispone in silenzio e conduce a piacimento della sua libertà. L’operazione della grazia prepara grandi cose in una giovinezza agitata dal desiderio dell’assoluto e di cui la parte più ardente si volge oggi verso Dio. Un duro combattimento si ingaggia alle frontiere dell’intelligenza, dell’arte e della filosofia. Questa attività è per natura propria ad un piccolo numero: lungi dal domandare la collaborazione di tutti, esige piuttosto una certa solitudine. Tutto ciò che si può desiderare in questo campo in fatto di unione molto larga, è una unione di carità, che risparmierebbe a coloro che sostengono lo sforzo dell’avversario molti dei colpi in soprannumero provenienti dai loro fratelli nella fede. In altri campi, un’altra sorte di unione molto estesa è possibile; unione nello stesso lavoro e che sollecita il concorso di tutti. Parlando di cattolici, decisi a vivere la loro fede senza compiacenze per errori moderni, e a servire gli interessi di Cristo prima di ogni altro interesse, noi scrivevamo: «Questi per quanto vive possano essere e debbano essere le loro opposizioni su punti a volte umanamente molto importanti, avranno sempre per principi comuni non solamente i dogmi della fede, ma anche le direzioni intellettuali, speculative, pratiche maternamente date dalla Chiesa e ricevute in spirito di docilità viva e filiale. Sembra venuto il tempo per essi di fare opera di sintesi veramente cattolica, cioè a dire universale, di edificare, di radunare, di insistere ovunque su ciò che è positivo, e perciò di riconciliare anzitutto nel loro spirito, sotto la indispensabile luce della saggezza teologica (senza questa condizione, nulla da sperare) aspetti per troppo tempo separati, e in realtà complementari, assolutismo dottrinale e arditezza evangelica, fedeltà alla pura verità e pietà per le anime malate, tradizione ove è necessaria, rivoluzione ove è necessaria…». Ecco, ciò che è richiesto innanzitutto dall’angoscia del tempo presente. Il mondo chiede dei santi. Se i cattolici non gli danno ciò che domanda, tanto peggio per essi e per tutti, egli si vendicherà su loro, e cercherà la sua consolazione presso il diavolo.

Le crisi che si susseguono in loro da venticinque anni rivelano una dolorosa eredità di debolezze. Le condanne che queste hanno provocato, devono essere considerate come la liquidazione del XIX secolo. Manifestamente Dio vuole qualche cosa di nuovo. Ma prima e innanzitutto ci domanda di restaurare in noi l’ordine essenziale che il mondo moderno ha spezzato. «San Paolo, che è venuto in segni e sapienza, dice che non è venuto né in sapienza, né in segni», ma solamente nella virtù della follia della Croce. Per quanto pochi possano essere coloro che intendono la lezione di san Paolo, e non vogliono vivere che per essere un giorno ripieni di questa plenitudine, essi compiono il disegno per il quale noi siamo nati. Perché «in definitiva, non siamo stati creati che per questo amore. Al tramonto di questa vita è su questo amore che noi saremo giudicati». Chi non comprende oggi, potrà comprendere domani. E poi, come dice san Paolo, noi non abbiamo ricevuto per missione di far trionfare la verità, ma di combattere per essa.

 

Il nostro tempo, 13 settembre 1956, ripubblicato su Il nostro tempo, 15 luglio 2012, p. 10.