Paolo Zellini ha saputo mostrare lungo gli anni che non si può insegnare matematica ignorando la storia della filosofia, perché questa ha sempre preceduto e accompagnato il pensiero matematico e le sue formulazioni. I suoi saggi di filosofia della matematica, che lo hanno reso autore noto e apprezzato, hanno affrontato inizialmente i temi legati alla comprensione dell’infinito, hanno successivamente esaminato i rapporti fra logos e numero e, in questo volume, entrano nel merito del confronto fra discreto e continuo, esplicitando con intelligenza quanto tale rapporto implicitamente sottende. Chi è abituato a pensare alla matematica come un semplice strumento per calcolare e risolvere, approssimare e riprodurre, trova nei libri di Zellini una visione inedita, spiazzante. La matematica nasce nella filosofia e in qualche modo perfino la nutre. Anzi, in alcuni passaggi, come già in Numero e Logos (2010), l’A. mostra come matematica e filosofia mostrino il loro legame con il divino, e dunque si intreccino con la prospettiva religiosa, che ha anch’essa accompagnato fin dalle sue origini il pensiero umano.
L’A. affida ad una frase di Simone Weil il compito di introdurre il suo percorso. La filosofa e mistica francese afferma infatti: «A partire dalla Grecia, la scienza è una sorta di dialogo fra il continuo e il discreto». Se la fisica contemporanea ha posto in risalto l’importanza del rapporto fra discreto e continuo al momento di imbarcarsi nella difficile comprensione della meccanica quantistica a partire dai “quanti” di Max Planck, la matematica aveva incontrato questo rapporto molto prima. Noi conosciamo e lavoriamo con i “discreti”, i numeri naturali, ma il nostro intelletto non può non pensare in termini di “continuo”, perché esso è sfondo e rappresentazione della realtà. Agli albori dell’epoca moderna, il calcolo infinitesimale nasce da un modo nuovo di trattare i discreti come serie che ci consente di rappresentare nel suo limite il continuo. Il tempo, poi, è un continuo, ma esso è fatto di eventi discreti, che definiscono i nostri ricordi e incarnano le nostre emozioni. Le nostre immagini a colori più belle, capaci di esprimere con continuità il passaggio cromatico dei toni più delicati sono in realtà un insieme di milioni di pixel discreti. Anche le melodie musicali più belle, che avvolgono e trasportano, sono digitalizzabili in linguaggio binario, fatto di segnali discreti. Il continuo ha ragione di primum, di fondo vitale che ci ospita, nel quale ci muoviamo e pensiamo, mentre il discreto sembra risultato di un’analisi che distingue e scompone. Eppure il continuo assomiglia più ad una rappresentazione ideale, indisponibile, mentre il discreto è qualcosa di veramente concreto, computabile, disponibile. Quasi un confronto fra cielo e terra, fra eternità e presente. Non sorprende allora, scrive l’A., che «la ricerca di una sintesi fra discreto e continuo affonda le sue radici nelle civiltà più remote» (p. 332).
Ciò che conosciamo effettivamente, egli afferma, è solo il discreto e tutto il calcolo moderno si basa sull’informazione insita nelle serie di numeri che approssimano elementi di un continuo che non potremo mai conoscere, almeno nella sua globalità. Ciò conduce a pensare, abitualmente, che il discreto sia un’approssimazione del continuo, un modo di maneggiarlo. Eppure, osserva l’A., perché non provare a pensare i termini simmetrici? Non potremmo pensare al continuo come un’approssimazione del discreto? Il gioco resta aperto, ma del continuo, anche se intrattabile e inconoscibile non possiamo farne a meno. Esso è un presupposto ineliminabile del calcolo e del pensiero, un abisso impenetrabile che si versa nell’infinito fino a fare con esso quasi una sola cosa.
Il volume si snoda lungo 30 brevi capitoli che affrontano altrettanti argomenti specifici, fra loro legati in un percorso sia concettuale che storico-cronologico. Come gli altri libri di filosofia della matematica di Zellini, la sua lettura può illuminare non poco gli insegnanti di matematica e di filosofia dei licei classici e scientifici, ma proporsi anche come testo monografico per un corso di filosofia della scienza. L’opera è comunque rivolta ha chi possiede una certa familiarità con il discorso matematico ed è in grado di riconoscerne gli snodi storici e concettuali più significativi. Quasi tutte le formule sono raccolte nell’Appendice, facilitando così la lettura del testo principale. Dalle note citate ne vengono estratte alcune, più complesse, e presentate in appendice a parte, per consentire un maggiore sviluppo scientifico e analitico dei concetti coinvolti.