Il brano di Gian Luigi Brena che vi proponiamo è tratto dal volume "Progetto scientifico e speranza religiosa", risultato del contributo dato da vari autori in occasione del XXVIII Convegno dei Ricercatori di Filosofia, tenutosi nel 1983 a Padova, i cui atti furono pubblicati a cura di Giovanni Santinello. I vari interventi hanno tutti come tema centrale il rapporto tra scienza e speranza religiosa valutandone le rispettive specificità. Nel brano riportato l'Autore evidenzia la possibilità di un incontro tra queste due prospettive, evidenziando che un loro proficuo dialogo ha come premessa un tipo di razionalità aperta, che inglobi le motivazioni ultime della ricerca e le domande di senso. La razionalità scientifica non può restare chiusa in sé stessa. Come l'Autore stesso suggerisce, solo attraverso una riflessione filosofica può prendere vita una critica reciproca che possa portare a una possibile convergenza tra progetto scientifico e speranza religiosa.
Stando alle idee e al dibattito più corrente, progetto scientifico speranza religiosa non sono grandezze commensurabili. Abitualmente si considera la scienza come un insieme di attività specialistiche, i cui risultati sono esprimibili in proposizioni logicamente organizzate. È un'interpretazione che ha una sua plausibilità storica, in quanto la scienza si è costituita differenziandosi da un a razionalità diffusa e globale, propria delle concezioni religiose o prescientifiche della realtà. Anche nei confronti dell'esperienza quotidiana e del sapere del senso comune la scienza seleziona certi settori di esperienza e li sottopone a procedure di ricerca in base a interessi conoscitivi delimitati. Nelle scienze empiriche, che restano ancora il modello più diffuso della scientificità, si sono elaborati procedimenti e strumenti di misurazione che stabiliscono dei rapporti oggettività tra Ie cose, mediante un'osservazione consistente sostanzialmente nel determinare dei rapporti tra certi aspetti dei fenomeni e delle unità di misura ad essi omogenei. Ciò consente anche di esprimere numericamente i dati e di utilizzare perciò la matematica nella soluzione dei problemi che il ricercatore si pone. Tutto ciò si può sintetizzare in un discorso epistemologico oggi largamente accettato che descrive Ia scienza come procedimento conoscitivo metodicamente controllato, scandito in tre momenti essenziali: problemi-teorie-controlli.
Ma la specializzazione scientifica può essere interpretata in modi diversi. Una considerazione di matrice fenomenologica legge la specializzazione come una settorialità metodologicamente delimitata, che presuppone e rinvia dunque logicamentea un ambito più vasto, a partire dal quale la scienza si costruisce e nel quale si reinseriscono i suoi risultati. Ma la tematizzazione del contesto più ampio nulla toglie al fatto che la scienza si costituisce mediante la specializzazione e deve il suo successo alla selezione di certi aspetti rilevanti dell'esperienza empirica e ai suoi procedimenti specifici che non si affidano né al senso comune né ad atteggiamenti di speranza religiosa.
Ma ormai le specializzazioni scientifiche si sono consolidate e si sono iscritte anche in tecnologie che si perpetuano in modo funzionalmente autonomo, così che diventa comprensibile una altra interpretazione delle scienze sempre più diffusa. Queste vengono considerate come dei sistemi di operazionalità lungamente collaudati e funzionanti secondo il loro meccanismo interno, logico-matematico oppure strumentale o cibernetico. Ogni altra considerazione teorica o di contesto più ampio a proposito di questi sistemi è esteriore e ulteriore, e risulta irrilevante e impertinente.
Si tratta di razionalità particolari che funzionano come congegni autosufficienti ed efficaci. Scienze e tecnologie vanno prese quindi come dei dati di fatto: sono strumenti che contano perché funzionano e danno delle prestazioni calcolabili. Sono dei congegni disponibili, si sa quello che possono dare, e sono dunque semplicemente da prendere o da lasciare.
Confrontato ai procedimenti della scienza comunque interpretati, il mondo della speranza religiosa risulta ben diverso. La scienza si instaura dissolvendo ed analizzando metodicamente ogni esperienza globale, mentre la speranza religiosa abbraccia l'esperienza umana intera. Più che all'elaborazione razionale è interessata a delle esperienze-limite di vita o di morte, esperienze esemplari della condizione umana, sia nella vita individuale sia nella vita sociale e nella tradizione storica di un popolo.
Tali esperienze diventano figure emblematiche della realtà umana e dal suo senso (o non senso) globale. A una prima considerazione, dunque, progetto scientifico e speranza religiosa si presentano come delle realtà asimmetriche e di genere diverso. Le scienze prescindono (quanto meno metodologicamente) dalla religione e non sono delle proposte di senso globale atte a concorrere con la religione.
Ma questa compatibilità per impertinenza non è la fine del discorso. Non è detto infatti che delle razionalità specialistiche o particolari siano senz'altro compatibili con ogni tipo di senso e discorso globale, compreso quello religioso. Inoltre dal punto di vista della religione non si può accontentarsi di una situazione di impertinenza, poiché in un orizzonte di senso globale sono inclusi anche i fenomeni di cui la scienza si occupa; e in esso anche la razionalità scientifica deve trovare un suo posto.
La scienza può elaborare delle procedure e stabilire degli stati di cose che mal si conciliano con la speranza e la dottrina religiosa e che tendono dunque a rimetterne in questione la verità o la rilevanza, e così a screditarla. La religione tende da parte sua a riflettere sulle implicazioni di senso più ampio insite nelle scienze o a sollecitare delle interpretazioni del progetto scientifico per potersi confrontare, attraverso questa mediazione, con Ie razionalità specialistiche. Una mediazione è necessaria, dal momento che la religione non pretende di offrire criteri per valutare direttamente le competenze specialistiche della scienza, e, ponendosi dei problemi di interpretazione, anticipa solamente la possibile compatibilità di metodi e risultati scientifici con il senso della vita che essa testimonia e custodisce.
Le intersezioni inevitabili di progetto scientifico e speranza religiosa ci inducono a spostare il centro d'attenzione verso i luoghi di mediazione, dove la scienza si prolunga nella vita o in interpretazioni del mondo e di se stessa, e la religione si esplicita a sua volta in visioni e valutazioni della realtà umana. L'espressione stessa di "progetto scientifico" rimanda piuttosto a un mondo della scienza che non è fatto soltanto di problemi-teorie-controlli, o di strumenti logici e tecnici, ma si condensa alle giunture, nei punti di trasgressione e di raccordo, dove diverse logiche e dimensioni della vita associata si intrecciano e interferiscono I' una con I' altra.
Anzitutto la scienza è praticata da ricercatori e da gruppi di professionisti. T.S. Kuhn fa notare che mediamente I'apprendimento e la condivisione dei paradigmi che caratterizzano la scienza normale si costituiscono delle comunità scientifiche [1]. Attraverso le istituzioni universitarie e scolastiche la cultura scientifica è diventata parte integrante della cultura di base nella nostra società.
Inoltre, pur essendo specialisti, gli scienziati non cessano naturalmente di essere uomini, e come tali sono sempre guidati simultaneamente anche da interpretazioni e da atteggiamenti fondamentali di fronte al mondo che, anche quando sono centrati sulla loro competenza, vanno al di là delle astrazioni metodologiche e delle tecniche.
Tali atteggiamenti si intrecciano necessariamente nella ricerca scientifica, tanto che Kuhn considera anche elementi metafisici e di valore come costitutivi della matrice disciplinare di ogni scienza [2]. Tanto più che questi elementi si esprimono nelIe interpretazioni della scienza. Anzi vi sono delle interpretazioni generali della realtà (ad esempio quelle dibattute nel caso Galileo o nelle polemiche sull'evoluzionismo), che sono state presentate a ragione come scientifiche, perché sono state proposte da scienziati in base alla loro pratica e ai loro risultati scientifici, e soprattutto perché si sono formate anche attraverso le lotte che la nuova scienza ha dovuto affrontare per potersi imporre sia contro la fantasia del senso comune, sia contro una mentalità tradizionale compenetrata di religione. Questi dibattiti ideali non hanno coinvolto solo dei gruppi ristretti di scienziati.
Inoltre ciò che quei dibattiti drammatizzano ed esplicitano è ormai entrato nella mentalità e nell'esperienza quotidiana comune. Sono atteggiamenti e interpretazioni della realtà inerenti ai metodi della ricerca e soprattutto alle tecniche con essa solidali che si apprendono e si praticano nel lavoro quotidiano. Le razionalità specialistiche e settoriali, perfezionandosi secondo la loro logica e moltiplicandosi, si ripetono in campi diversi e diventa sempre più calzante il concetto di «razionalizzazione della vita» proposto da Weber per interpretare I' epoca moderna: la combinazione dei vari elementi secondo regole si associa perfettamente al criterio di funzionalità nell'uso dei mezzi per un fine.
La scienza e la tecnica non sono solamente dei casi in cui questa razionalizzazione si manifesta, ma costituiscono dei settori trainanti in un processo senza dubbio complesso e segmentato, ma convergente. La scuola e il lavoro quotidiano insegnano un modo di porre e affrontare ogni sorta di problemi secondo uno stile calcolato di funzionalità che tende a mettere cose ed eventi sotto controllo. La «razionalità strumentale», anche se non esaurisce I' analisi dell'epoca moderna, riassume però in modo semplificato un'esperienza che plasma la vita ed è continuamente confermata dall'estendersi delle tecnologie e dall'insegnamento della scienza formale.
Il modello di razionalità operazionale e funzionale, leggibile sia come combinazione di elementi secondo regole sia come funzionalità di mezzi al fine, risponde a un progetto di controllo efficace e di dominio delle situazioni, ed è in contrasto con I' atteggiamento di speranza proprio della religione. Anzi I' utopia baconiana della Nuova Atlantide e il progetto cartesiano di dominio e possesso della natura rivivono oggi nelle attese suscitate dalle tecnologie più raffinate come la telematica e la genetica. Si ravviva I' attesa dell'impossibile, dato che ciò che fino a ieri era fantascienza oggi si è in parte realizzato.
Il fatto poi che le scienza e tecnologie trainanti di oggi operino sul microscopico conferisce loro il carattere del misterioso e portentoso. Intervenendo nella zona oscura e inimmaginabile delle microstrutture esse producono degli effetti macroscopici come per incanto e aprono orizzonti sconfinati a una vera e propria speranza o utopia scientifica. Ma si tratta sempre di misteri e di portenti utili, controllabili, riproducibili ed estensibiti a nuove combinazioni inedite. Non sono i miracoli della religione, che convertono, bensì i miracoli che confermano I' atteggiamento di chi vuole e può disporre delle condizioni della propria vita.
Il contrasto e I' antagonismo di progetto scientifico e speranza religiosa risulta altrettanto netto dalla considerazione delle scienze umane: i condizionamenti culturali, le motivazioni inconsci, i determinismi sociologici si possono paragonare nel loro funzionamento a dei processi microscopici, dai quali emergono gli atteggiamenti, le ideologie e i comportamenti coscienti. Il messaggio complessivo di queste analisi è che la coscienza è un risultato lontano e abbellito di realtà più prosaiche inconfessabili, o meglio incontrollabili, se non con tecniche molto raffinate. Tutto ciò svuota e discredita in particolare la speranza religiosa, anche quando non la si contesta direttamente. L'attenzione alle mediazioni e alle connessioni mette in luce un impatto e un contrasto tra progetto scientifico e speranza religiosa.
Non fa meraviglia l'antagonismo quasi proverbiale che si è voluto porre tra ragione e fede, o la connessione stretta costatabile tra razionalizzazione della vita e un processo di secolarizzazione che non può essere visto solo come desacralizzazione della religione, ma è, almeno in parte, uno svuotamento o superamento dell'atteggiamento religioso stesso. Si è attribuito il nome di ragione solo a una razionalità di carattere specialistico e tecnico e si sono considerate per lo più la religione e la teologia come appartenenti a tutt'altro ambito, quello della fede, la quale non avrebbe nulla da spartire con la razionalità.
Fa meraviglia piuttosto il fatto che la teologia abbia per lo più accettato o subito questo concetto ristretto di ragione, ritirandosi, da parte sua, su un terreno suo proprio e privato, e lo abbia qualificato teologicamente come soprannaturale o, filosoficamente, come inoggettivabile [3], e perciò inaccessibile alla ragione, identificata con la razionalità specialistica.
Ma progetto scientifico e speranza religiosa non sono delle grandezze monolitiche e chiuse su se stesse e non si può limitarsi a caratterizzarle in blocco e dall'esterno (sia pure nelle loro conseguenze e nei loro intrecci). Questa considerazione non permette di evidenziare le ragioni che motivano I' impostazione e le interpretazioni della scienza e della tecnica, o anche della speranza religiosa. Solo esaminando più da vicino le razionalità specialistiche si potranno anche far valere dei motivi critici e prospettare interpretazioni diverse. Anche la teologia deve entrare nel merito delle questioni e confrontarsi con le razionalità specialistiche per far valere rispetto ad esse le sue proprie ragioni. Solo attraverso una riflessione filosofica può essere abbozzata una critica reciproca e anche una possibilità di convergenza tra progetto scientifico e speranza religiosa.
[1] T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1978, pp. 30, 38-39.
[2] Kuhn, La struttura, pp. 62-63, e soprattutto Poscritto 1969.
[3] Una descrizione e una critica di questo processo è tracciata efficacemente da J. Moltmann, Prospettive della teologia, Queriniana, Brescia 1973, pp. 83-90.
Progetto scientifico e speranza religiosa, a cura di G. Santinello, Gregoriana Libreria Editrice, Padova 1985, pp. 92-96.