Jacques Maritain (1882-1973), del quale quest’anno celebriamo il cinquantesimo del termine della sua vita terrena, è uno tra i più grandi pensatori cristiani del XX secolo, un filosofo che si è distinto per la profondità del suo pensiero che ha spaziato in molti ambiti del sapere, dalle scienze naturali alla politica, dal diritto all’arte, della sociologia alla pedagogia, dalla psicologia alla teologia, e di alcuni di questi saperi ne è diventato anche un maestro.
Nella sua giovinezza ha sperimentato l’ateismo, ha respirato l’anticlericalismo dei suoi parenti repubblicani, conosciuto la religione protestante del padre e quella ebrea dei suoceri, giungendo tuttavia alla fede cattolica nel 1906, all’età di 24 anni, e da cristiano ha vissuto entrambe le due principali vocazioni: quella alla vita coniugale e quella alla vita consacrata, diventando infatti religioso dei Piccoli Fratelli di Gesù dopo alcuni anni dalla morte della sua amatissima moglie.
Le relazioni intercorse con intellettuali e con persone del mondo dell’arte e della politica, e lo studio dei filosofi, in particolare di san Tommaso d’Aquino, hanno favorito in lui l’acquisizione degli strumenti che gli hanno poi permesso di sondare con la ragione le multiformi dimensioni della persona umana, non ultima quella spirituale che è capace di raccoglierne tutto il senso in unità, e di spiegarne alla radice il valore.
L’influsso del pensiero di Maritain è stato universale. In Italia Giovanni Battista Montini, futuro Papa e a quel tempo Assistente Ecclesiastico Nazionale della FUCI, ai primi degli anni ‘Trenta tradusse alcuni suoi scritti per diffonderli tra i giovani universitari e intellettuali; Giorgio La Pira diffuse il suo libro Umanesimo integrale tra i Padri incaricati di redigere la Costituzione della Repubblica Italiana del 1947, ispirandone le scelte; negli Stati Uniti nel decennio degli anni ‘Trenta, dove maturò il suo pensiero politico e democratico, Maritain diede un contributo determinante alla riflessione sulla dignità di ogni persona umana, aiutando il superamento del razzismo e dell’antisemitismo; in Sud America molti suoi discepoli portarono i suoi insegnamenti; all’UNESCO, e quindi all’ONU, negli anni 1947 e 1948 il suo pensiero fu determinante per la preparazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani; nella Chiesa cattolica la sua filosofia cristiana ispirò alcuni documenti del Concilio Vaticano II, e a lui Paolo VI il giorno 8 dicembre 1965, al termine del Concilio, consegnò il Messaggio del Papa agli uomini di pensiero e di scienza, volendo così comunicarlo simbolicamente agli intellettuali di tutto il mondo.
La sua antropologia nell’aspetto «sociale» e il suo pensiero politico trovarono la loro maturazione soprattutto a partire dagli anni ‘Trenta, quando meditò di sviluppare una nuova cristianità, ovvero una civiltà che fosse ispirata e impregnata delle verità del cristianesimo, come esprimerà nel suo libro Umanesimo integrale, del 1936. Contrariamente all’impostazione di molte ideologie allora presenti, era l’uomo al centro del suo pensiero, e la città dell’uomo che bisognava costruire doveva essere di impostazione umanista e personalista, comunitaria, sociale, pluralista e di ispirazione cristiana, una società aperta a tutti nella fraternità e nella partecipazione.
Egli, davanti a modelli democratici mancati, come quelli che si ispiravano a Jean-Jacques Rousseau e alla borghesia individualista che caratterizzavano le democrazie europee di quel tempo, domandandosi come una persona libera potesse e dovesse sottomettersi democraticamente ad un’autorità legittima, cominciò a parlare della necessità di una nuova democrazia, una democrazia che non permettesse il razzismo e l’antisemitismo, e che fosse fondata sui diritti inalienabili della persona umana in quanto tale.
Per lui era evidente che il testo dei Diritti dell’uomo e del cittadino formulato dalla Rivoluzione francese del 1789, ispiratasi a Il contratto sociale di Rousseau, del 1762, non era capace di fare valere i diritti umani originari contro le discriminazioni, pertanto cominciò a progettare una nuova dichiarazione dei diritti dell’uomo, e in una lettera del 1941 la propose al generale de Gaulle, scrivendogli che per costruire una democrazia rinnovata c’era bisogno di un linguaggio nuovo e una nuova Dichiarazione dei diritti dell’uomo che sostenesse la speranza di una Repubblica nuova, capace di realizzare veramente la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.
Nel maggio 1942 pubblicò un libretto dal titolo I diritti dell’uomo e la legge naturale, col quale apriva una serie di pubblicazioni dal titolo Civilisation, intendendo così contribuire alla preparazione delle basi della ricostruzione democratica del mondo dopo la vittoria della guerra mondiale, e nel quale parlava espressamente della necessità di una nuova Dichiarazione dei diritti dell’uomo, Dichiarazione che andava fondata su diritti primordiali ed inalienabili, sulla natura di ogni essere umano in quanto tale, diritti scaturenti dalla legge naturale, anteriore ad ogni legislazione positiva.
Maritain sottolineava che si trattava di Diritti naturali, non scritti, che si imponevano alla coscienza morale prima di tutte le leggi positive, e li esplicitava in 26 articoli classificati in tre categorie: diritti della persona umana come tale; diritti della persona in quanto soggetto civico, cioè diritti politici, orientati all'ordine e all'equilibrio della comunità; diritti della persona sociale e del lavoratore.
Il 24 ottobre 1945, riuniti a San Francisco, negli Stati Uniti, i rappresentanti di 51 Paesi fondarono un organismo intergovernativo a carattere mondiale, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che sotto l’impulso del Segretario Generale aggiunto, incaricò il Consiglio Economico e Sociale di redigere una Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. La Commissione, creata appositamente, si riunì per la prima volta alla metà del 1946, e aveva ai suoi vertici due persone di spicco: la Presidente Eleanor Roosevelt, vedova del Presidente degli Stati Unititi Franklin Delano Roosevelt, nominata delegata presso le Nazioni Unite dal Presidente Truman, donna che si era distinta nel lavoro per i diritti umani e la giustizia sociale riguardo al popolo e agli afroamericani; e il Vicepresidente René Cassin, giurista e docente alla Sorbona, Vicepresidente del Consiglio di Stato francese, uomo di fiducia di de Gaulle e rappresentante della Francia all’ONU.
Da parte sua anche l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), Agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata con lo scopo di promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni con l'istruzione, la scienza, la cultura, l'educazione e l'informazione, era impegnata a portare il suo contributo per la stessa causa, e si impegnava nel compito non facile di predisporre i fondamenti concettuali per redigere una dichiarazione universale che riuscisse ad accomunare uomini, culture, tradizioni, civiltà, religioni e visioni antropologiche diverse. Nel suo lavoro volle fare un'inchiesta presso personaggi di rilievo di diverse parti del mondo sui problemi teorici di una tale Dichiarazione, e anche Maritain, interpellato, nel giugno del 1947 mandò il suo contributo dal titolo Sulla filosofia dei diritti dell’uomo, sviluppando alcuni punti riguardanti il diritto naturale e i fondamenti dei diritti dell’uomo, e offrendo a complemento il suo scritto I Diritti dell’uomo e la Legge naturale e un testo di Georges Gurvitch, La Déclaration des Droits sociaux.
Nel mese seguente un comitato di esperti scrisse le conclusioni dell’inchiesta e lo inviò alla Commissione dei diritti dell’Uomo dell’ONU, mentre l’UNESCO si preparava alla sua Seconda Conferenza Generale, da tenersi a Città del Messico nel novembre 1947, alla quale Maritain partecipò in sostituzione delegato francese Léon Blum, presiedendo il 6 novembre la seduta inaugurale, e facendo un discorso dal titolo La via della pace, che impressionò fortemente gli uditori. Egli contrariamente alla posizione del Direttore Generale dell’Unesco, Julian Huxley, che proponeva un tipo di filosofia mondiale comune, propose che tutte le nazioni riunite riconoscessero e rispettassero le diverse culture e religioni, credenze e ideologie, le quali comunque non sono capaci di nascondere l’unità essenziale della natura umana e dei bisogni fondamentali della vita umana né di impedire una cooperazione pratica e l’accordo su un certo numero di priorità e principi d’azione, qualunque siano le giustificazioni teoriche che ciascuno poteva dare all’interno del proprio sistema di pensiero. Si arrivò così a decidere di elaborare una lista dei diritti dell’uomo nella prospettiva largamente accolta di Maritain, e di pubblicare i contributi arrivati dall’inchiesta come apporto per il lavoro dell’ONU, e Huxley chiese allo stesso Maritain di redigere l’introduzione al libro.
Questi contributi e soprattutto la prospettiva di Maritain influenzarono grandemente i redattori della Dichiarazione, che per altro egli incontrò perché si trovò a viaggiare verso l’Europa con Eleanor Roosevelt, che lo face passare per Ginevra dove la Commissione stessa si riuniva per l’elaborazione del testo, il quale alla fine rispecchiò nella quasi totalità ciò che egli da oltre un decennio andava studiando e insegnando, e che aveva magistralmente esposto ai membri dell’UNESCO.
E così, a Parigi, il 10 dicembre 1948, la Dichiarazione fu votata e accolta in modo plenario dalle delegazioni delle Nazioni Unite senza nessun voto contrario.
A questo riguardo va sottolineato che i Paesi che nel frattempo erano diventati membri dell’ONU e che avrebbero potuto votare, erano 58. Due Paesi non parteciparono al voto, e degli altri 56 Paesi 8 si astennero, tutti gli altri votarono a favore. La cosa straordinaria fu che l’Unione Sovietica, a quel tempo governata da Stalin, in quanto membro permanente del Consiglio di sicurezza aveva diritto al «veto», che veniva esercitato non partecipando alla votazione, ed invece partecipò e in questo modo, anche se astenendosi, diede una implicita approvazione. Gli altri Stati che si astennero erano per lo più satelliti dell’Unione Sovietica: Bielorussia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, e Ucraina, e poi si astennero l’Arabia Saudita, e il Sudafrica che aveva da poco iniziato una politica interna di segregazione razziale.
Dunque va affermato che l’approvazione della Dichiarazione fu di fatto plenaria, il testo aveva toccato e messo in evidenza quella profondità dell’essere umano e delle su esigenze innate, che nessuno poteva disconoscere.
Il Vicepresidente della Commissione, René Cassin, che fu uno dei principali redattori della Dichiarazione, manifestò pubblicamente che Maritain nel suo discorso all’UNESCO a Città del Messico aveva ricevuto dai colleghi una memorabile ovazione, e che la Dichiarazione che era stata approvata era stata redatta secondo il pensiero e la proposta di Maritain, in una convergenza di «idealità pratica».
A 75 anni dalla Dichiarazione Universali dei Diritti Umani, e a 50 dalla sua morte, la memoria di questo grande personaggio non si spegne, ma al contrario si riaccende con maggiore ammirazione e forza, in qualche modo lo si celebra, ovvero lo si ricorda per attingere ancora luce dal suo pensiero, per orientare la costruzione della pace e della concordia, della fratellanza e dell’amicizia dei popoli, nel contesto odierno che vede il ripetersi di crisi internazionali tra popoli, culture e civiltà, ancora prima che tra gli Stati.
Che cosa ha permesso a Maritain di proporre in modo universale il riconoscimento di Diritti umani? Il richiamo ai Diritti naturali, che sono tali per il loro scaturire dalla legge morale naturale, che egli ha imparato alla scuola di Tommaso d’Aquino, e che ha poi sviluppato con lo studio, la riflessione personale, e l’apporto delle scienze umane con le quali si è sempre confrontato.
La legge naturale insegnata da Maritain, dopo la pubblicazione di I Diritti dell’uomo e la Legge naturale, che come abbiamo visto è del 1942, è stata ampiamente esposta in L’uomo e lo Stato, del 1951,e nel suo libro postumo Nove lezioni sulla legge naturale, pubblicato nel 1985, e che raccolgono rispettivamente i testi di sei conferenze tenute negli Stati Uniti nel dicembre del 1949, e di nove lezioni tenute in Francia nell’agosto del 1950,e dunque a poca distanza temporale dalla Dichiarazione dell’ONU.
Alla base della conoscenza della legge naturale c’è l’esperienza del fatto che l’uomo per sé desidera il bene, e che trova in sé il precetto basilare di cercare il bene ed evitare il male, ed è riconosciuta come l’insieme di tre grandi dinamismi innati in ogni essere umano, come tre grandi inclinazioni incancellabili, dalle quali scaturiscono dei precetti naturali che ogni persona trova in sé e ai quali tende di dare compimento.
La prima inclinazione della legge naturale è quella di conservare e sviluppare la propria esistenza, dalla quale viene l’impegno alla sopravvivenza, la protezione della propria vita, e la ricerca della cosiddetta qualità della vita, e noi sappiamo che ciò comporta la custodia dell’integrità del corpo e l’uso dei beni esterni che assicurano tutto ciò, come il nutrimento, l’alloggio, il lavoro, la cura dell’ambiente abitativo e di vita, ecc.
La seconda inclinazione è quella della sopravvivenza della specie e della procreazione, come prolungamento della tendenza a perseverare nell’essere, che non essendo possibile biologicamente per il singolo individuo è possibile per la specie, e ciò si incrocia con l’inclinazione naturale che porta reciprocamente la donna e l’uomo l’uno verso l’altro. E noi sappiamo che qui è intrinseca anche l’inclinazione a prendersi cura dei figli e a educarli, cosa che implica la permanenza della coppia, la reciproca fedeltà e la comunione interpersonale.
La terza inclinazione è quella a vivere in società e a conoscere la verità su se stessi, sulle proprie origini e quindi anche su Dio; gli esseri umani tendono a organizzarsi in società politica in modo connaturale per raggiungere lo sviluppo, la maturità e il bene integrale della propria persona, e non per semplice convenzione. E noi sappiamo che questa inclinazione tende a far sviluppare la cooperazione per la ricerca della verità, a fare stringere relazioni di amicizia e a far vivere in rapporto con Dio.
Maritain mette in guardia che tutto ciò può essere oscurato temporaneamente a motivo di condizionamenti culturali e storici che possono influenzare negativamente la vita morale personale: ideologie, relativismo teorizzato, vita sociale strutturata secondo principi non etici, ma conclude che alla fine riemerge sempre nella coscienza personale e sociale, permettendo un riordinamento della vita morale personale e comunitaria.
La legge naturale èuna realtà difficile da afferrare, perché è una legge che rimane di suo in uno stato crepuscolare, non scritta, non codificata, in sé non umanamente promulgata, ma che, proprio per questo, può essere così primariamente universale, da potere essere riconosciuta da ogni uomo di ogni cultura e di ogni tempo, e che ha la potenzialità inesauribile di orientare l’umanità intera verso una sempre più evoluta civiltà.
Ebbene, la legge naturale, che viene conosciuta da ciascuno per esperienza, in modo preconcettuale, per connaturalità, si esprime come diritto naturale nelle relazioni di giustizia tra le persone fisiche e giuridiche, tre le persone e il potere pubblico, tra tutte le persone e le leggi positive. Si passa dunque dalla categoria antropologica della legge naturale a quella giuridica e politica dell’organizzazione della società con le leggi positive, che devono sempre essere rispettose del diritto naturale che si evince dalla legge naturale.
Nella Dichiarazione Universale troviamo i concetti basilari di libertà e uguaglianza; i diritti individuali e quelli dell'individuo nei confronti della comunità; quelli che riguardano le libertà fondamentali (di pensiero, di opinione, di fede religiosa e di coscienza, di parola e di associazione pacifica); e quelli sociali, economici e culturali. E se è vero che col progresso della civiltà e della storia altri diritti naturali possono essere individuati, è anche vero che quelli già conosciuti ed enumerati non passeranno, perché non sono attribuiti da un’autorità umana, ma riconosciuti e giustificanti loro stessi la vita sociale e l’esistenza di ogni autorità umana, che sarà autentica proprio a condizione che sia rispettosa di essi, al cuore dei quali si pone ciò che troviamo nell’articolo 1 della Dichiarazione: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
Non sono stati certamente Maritain e l’ONU ad avere creato la fraternità umana, quella l’ha creata Dio che è Padre, e Gesù Cristo che si è fatto nostro fratello l’ha manifestata in tutta la sua estrema bellezza e aiuta a ricucirla ogni volta che viene strappata, ma l’esempio di Maritain testimonia come l’impegno nella cultura e nella «cosa pubblica» sono una via privilegiata perché la vocazione alla fraternità e alla pace, che sono nel cuore della nostra natura umana e rivelate dal Vangelo, siano conosciute, riconosciute e accolte da tutti i popoli.
D. Lorenzini, Maritain et le Committee of Catholics for Human Rights, in «Cahiers Jacques Maritain» (2012), n. 64, pp. 2-20.
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J. Maritain, I diritti dell'uomo e la legge naturale, in appendice: La conoscenza per connaturalità, Vita e Pensiero, Milano 1991, pp. 192.
J. Maritain, Distinguere per unire, i gradi del sapere, Morcelliana, Brescia 1959, pp. 608.
J. Maritain, L'uomo e lo Stato, Marietti, Genova- Milano 2003, pp. 246.
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J. Maritain, Umanesimo Integrale, Borla, Roma 2002, pp. 336.
R. Mougel, Jacques Maritain et la Déclaration universelle des droits de l'Homme, 1948, in «Cahiers Jacques Maritain» (2010), n. 37, pp. 13-15.
A. Scola, L’alba della dignità umana, La fondazione dei diritti umani nella dottrina di Jacques Maritain, Jaca Book, Milano 1982, pp. 194.
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