Tom McLeish, recentemente deceduto, era un professore di Natural Philosophy presso il dipartimento di Fisica dell’Università di York, dove ha la possibilità di lavorare fianco a fianco con importanti scienziati, e dove studia le connessioni fra le scienze e la politica, gli studi umanistici, e la teologia. In questo testo affronta la questione, troppo spesso lasciata sullo sfondo della discussione, di quanto sia necessaria una forte immaginazione per fare scienza, tanto quanto la logica formale. Analizza i processi creatici di scienziati, matematici, artisti e compositori e ne narra la loro storia, per mostrare come i processi mentali attivati non siano affatto dissimili.
Per farlo parte dal presupposto che il metodo scientifico, per quanto fondamentale nel modo in cui facciamo scienza, aiuta gli scienziati nel testare le loro ipotesi, ma non ci dice nulla sul modo in cui quelle ipotesi si sono formate nella mente dello scienziato. Uno degli scopi di questo testo è portare alla luce il fatto che ogni scienziato è fondamentalmente umano, e in quanto tale possiede un processo creativo paragonabile a quello degli artisti, e che se prestiamo ascolto al racconto di questo processo ci potremmo rendere conto di quanto profonda sia questa somiglianza, e quindi di quale ruolo fondamentale possa giocare l’immaginazione nel farsi delle scienze.
In particolare McLeish ci mostra che scienziati e artisti procedono ponendosi obiettivi, fanno esperienza dei propri limiti, fallimenti e frustrazioni, passano poi ad una fase di “incubazione” dei problemi che si trovano di fronte, attraversano spesso un momento definibile come di intuizione improvvisa, e infine l’esperienza del bello e del sublime.
La sua analisi parte da un approfondimento del concetto di limite come qualcosa che ha a che vedere con la creatività, o meglio della creatività come di qualcosa che non può non partire dal limite, piuttosto che essere una libertà assoluta o una totale distruzione di ogni vincolo.
Prosegue poi con il capitolo Creative Inspiration in Science, in cui affronta direttamente il tema: da dove arrivano le nuove idee scientifiche? Qual è la forza generativa delle idee? Parte dalla definizione aristotelica della poesis come un atto di una mente naturalmente immaginativa. Un atto apparentemente semplice ma che ci risulta quasi incomprensibile. Prosegue poi con la narrazione di alcuni aneddoti di grandi intuizioni scientifiche, e ne analizza il significato all’interno di questa prospettiva, portando anche molte esperienze personali.
Il capitolo successivo, Seeing the Unseen: Visual Imagination and the Unconscious, si concentra invece sull’importanza di un pensiero “visuale” nel mondo scientifico come nel mondo artistico, e di come le teorie della percezione visiva possono risultare utili in un dibattito sulla creatività scientifica. All’interno di questo capitolo l’A. esplora anche i paralleli esistenti fra i modelli scientifici del mondo e le sue rappresentazioni artistiche.
Il quarto capitolo è dedicato a Experimental Science and the Art of the Novel, in cui McLeish introduce l’obiezione che spesso gli viene rivolta: “un teorema matematico però deve essere corretto, mentre nell’arte c’è libertà”, e a cui prova a rispondere analizzando i paralleli tra l’investigazione scientifica e la scrittura narrativa.
Passa poi a mostrare i paralleli fra musica e matematica nel capitolo successivo: Music and Mathematics – Creating the Sublime, e infine affronta la grande questione del rapporto fra razionalità ed emotività della scienza nel capitolo Emotion and Reason in Scientific Creation.
La sintesi di questa complessa esplorazione nell’intelletto umano è poi esposta nel capitolo finale: The End of Creation, dove riassume quello che per lui è il processo creativo nelle sue varie fasi, applicato a qualsiasi ambito di applicazione dell’intelligenza umana, in quella che lui stesso definisce una ur-narrative dell’esperienza creativa. In questo capitolo finale viene introdotta anche un punto di vista strettamente teologico, arrivando infine alla conclusione per cui «comprendere la creatività ci ha portato alla ricerca della saggezza, e al cuore di ciò che significa essere umani», nella speranza di poter «intravedere la saggezza di cui la mente umana è capace».