- Con il termine “secolarizzazione” si intende la progressiva scomparsa del riferimento alla religione e al sacro nella vita sociale e culturale.
- Nelle società secolarizzate, a fronte di un abbandono della pratica religiosa tradizionale, si assiste a una crescente domanda di spiritualità come “credenza senza appartenenza”.
- In una spiritualità “senza Dio”, la religione non è più un fenomeno trascendente (legame con Dio), ma un fenomeno immanente (stile di vita determinato dal soggetto).
- Nelle nuove forme di spiritualità secolarizzata, sono fonti di pensiero etico sia la Natura, sia la cura di sé e del proprio benessere psico-fisico.
- In alcuni Paesi del primo mondo sorgono forme spiritualità ad hoc, rappresentate da movimenti come la New Age, Scientology, il transumanismo.
- Con il termine "anateismo" si indica il ritorno della spiritualità, senza però riferimento alla nozione di un Dio personale.
- La teologia cristiana e la religione cattolica prendono in considerazione la contemporanea domanda di spiritualità come una sfida e un'opportunità, che confermano come i grandi problemi esistenziali continuino ad attrarre e a reclamare una risposta.
Allo stesso modo in cui il senso religioso ha accompagnato il cammino culturale e filosofico dell’essere umano sul nostro pianeta, così le forme di religiosità, personale o collettiva, sono parte integrante della vita e dell’organizzazione sociale del genere umano. Esaminare le forme di religiosità nell’epoca contemporanea non è un’analisi facile, perché le diverse aree del pianeta manifestano comportamenti diversi, e diversi sono anche i comportamenti, all’interno della stessa area, in base alle fasce di istruzione e di reddito. Al tempo stesso è possibile fare alcuni discorsi di carattere generale, che possono orientarci a comprendere i dinamismi storici e sociali del fenomeno religioso. Questi dinamismi sono studiati da una disciplina specifica, chiamata, appunto, sociologia della religione.
Un primo elemento riguarda il diverso ritmo di crescita della secolarizzazione nelle varie aree della Terra. Con il termine “secolarizzazione” si intende la progressiva scomparsa del riferimento alla religione e al sacro nella vita sociale e culturale, quella pubblica in particolare. Una società secolarizzata, in poche parole, è una società dove si parla poco di Dio, non vi sono quasi più segni che rimandano alla sfera del divino e del sacro, non si coltivano forme rituali, usanze, preghiere. Nel 2020, le analisi del Pew Research Center mostravano che nei Paesi dell’Europa Occidentale, aggiungendovi Canada e Stati Uniti, circa il 78% della popolazione affermava che per condurre una vita buona e coltivare i valori morali non è necessario credere in Dio (si noti però la punta del 90% in Svezia e i due valori minimi in Grecia, 46%, e Stati Uniti, 54%). Se invece dirigiamo la stessa domanda ai Paesi dell’Europa dell’Est, la percentuale della popolazione che ritiene la credenza in Dio non più necessaria per la tenuta morale di una società scende al 58%. È interessante notare che questa percentuale scende ulteriormente al 20% se spostiamo l’analisi ai Paesi Asiatici (India, Filippine, Giappone, Indonesia) e al 10% se consideriamo i maggiori Paesi africani. In America latina la percentuale è di circa il 30%. Nel loro insieme, questi dati, indicano che per molti Paesi influenti la fede religiosa non è più un elemento di strutturazione della vita sociale e morale, mentre per un’ampia fascia della popolazione della Terra, continua ad esserlo, almeno in certa misura.
Un secondo elemento, più pertinente al percorso tematico che qui sviluppiamo, riguarda la trasformazione delle forme di religiosità e di vita spirituale nei Paesi del cosiddetto primo mondo, che rappresenta anche quello con il maggiore livello di secolarizzazione. In questi Paesi, ai quali appartiene anche l’Italia, si è progressivamente assistito ad un abbandono della pratica religiosa legata a religioni storiche istituzionali, essenzialmente il cristianesimo nelle confessioni cattolica e protestante. A ciò, tuttavia, non corrisponde una totale scomparsa del senso religioso e della domanda di spiritualità, che va invece occupando l’ambito della vita privata. Alcuni sociologi hanno chiamato questo fenomeno “credenza senza appartenenza”, per indicare, appunto, la scollatura dalla dimensione istituzionale, sacramentale, rituale, ma anche l’assenza di una formazione dottrinale e catechetica. Alcuni teologi cattolici, fra i quali lo stesso Joseph Ratzinger, hanno indicato tale fenomeno con l’espressione “religione fai da te”. Ci si trova, in sostanza, di fronte ad una “privatizzazione” della religione, che ha determinato un importante spostamento nella comprensione che si ha della religione stessa: da fenomeno trascendente (rivolgersi a Dio creatore per comprendere la sua volontà), essa diviene un fenomeno immanente (impiego della vita religiosa e spirituale come qualcosa che contribuisce a vivere meglio). La maggior parte delle persone in questi Paesi riconosce che una forma di spiritualità serve ad aumentare la “qualità” della vita. Non sorprende allora che, anche in Italia, circa il 60% di coloro che si professano atei o agnostici (circa il 30% della popolazione) afferma di avere una “vita spirituale”.
Muovendosi su un piano immanente, che nega per definizione ogni legame con la Trascendenza, la “domanda di spiritualità” del soggetto può dare origine a numerose forme creative, venendo incontro alle sue sensibilità, gusti e desideri. Nascono così manifestazioni di “vita spirituale” che trasformano elementi, credenze e riti provenienti dalle religioni istituzionali legate alla propria tradizione, per assumere elementi provenienti da credenze e spiritualità di altri territori, popoli e tradizioni. Vengono così generate anche “nuove forme di religiosità” ritenute più adatte all’uomo occidentale e secolarizzato, che sono proposte come “erogatrici di servizi”. Trovano così spazio pratiche psicologiche, esercizi psico-fisici ed esperienze spirituali capaci anche di creare un bacino di utenti e un’economia di mercato. Il mondo occidentale e secolarizzato sembra aver prodotto un esito inaspettato: laddove il cristianesimo – la religione storica una volta più diffusa in questi Paesi – cede il passo ed arretra, la domanda di spiritualità non scompare ma soggiace a molteplici, diverse trasformazioni. A cosa si rivolge questa “nuova domanda” di spiritualità e quali “nuove forme di religiosità” si fanno oggi strada?
Si tratta in buona parte, come osservato, di religione, o di spiritualità, “senza Dio”. Se ciò a prima vista potrebbe sembrare una contraddizione non lo è più se si pensa a quanto prima osservato, cioè alla trasformazione della religione da fenomeno trascendente (legame con Dio) a fenomeno immanente (stile di vita determinato dal soggetto). In questa trasformazione, nuove fonti di senso e nuove dimensioni dello spirito prendono il posto di Dio.
La prima di queste è la natura. Tutto è natura, tutto proviene dalla natura, tutto ritorna alla natura. La prospettiva del naturalismo, filosofico e spirituale, è presente nel pensiero di filosofi del XXI secolo come Christopher Hitchens, Daniel Dennett, Samuel Harris, André Comte-Sponville, quest’ultimo, autore di un’opera dal titolo emblematico Lo spirito dell’ateismo. Introduzione a una spiritualità senza Dio (2006). La Natura è considerata come sorgente di pensiero etico, perché capace di determinare quale debba essere il nostro comportamento, di indicare ciò che è bene e ciò che è male. La Natura è qualcosa di più grande e si colloca pertanto “sopra di noi”; qualcosa di esteticamente attraente, che merita di essere difesa e rispettata. Da essa scaturisce anche un senso spirituale, perché Natura in gran parte sconosciuta, misteriosa, capace di introdurre in spazi oltre l’umano. Prende così corpo il “naturalismo”, che nei Paesi occidentali secolarizzati ha sostituto il “materialismo”. La materia non era capace di proporsi come fonte di senso e luogo dello spirito, come invece può fare la natura. Come già il materialismo, anche il naturalismo è adesso sinonimo di ateismo. Occorre fare però una precisazione. La custodia e la difesa della natura sono atteggiamenti condivisi dalle maggiori religioni storiche della Terra, e dunque, compatibili con l’affermazione di Dio – si pensi alla valutazione positiva dell’ecologia nel cristianesimo. Il naturalismo, invece, pone la natura e non Dio al centro del proprio pensiero etico e spirituale. Tale radicalità è ben espressa nel movimento chiamato Deep Ecology, avviato dal filosofo norvegese Arne Naess. Con un naturalismo ecocentrico convergono a volte anche alcune correnti presenti all’interno di atteggiamenti oggi diffusi, come i movimenti vegetariani e vegani, o il movimento che vede negli animali un soggetto di diritti giuridici.
Una spiritualità centrata sulla natura incontra volentieri una filosofia orientale come il taoismo e trasforma secondo le proprie necessità elementi provenienti dall’induismo e dal buddismo.
La seconda fonte di spiritualità a prendere il posto di Dio è la psiche del soggetto, ovvero la sua ricerca di benessere e di equilibrio psico-fisico. Al centro viene posto il proprio animo, la propria interiorità, il proprio benessere. Ciò diviene anche fonte di pensiero etico: è bene ciò che contribuisce a questo benessere, è male ciò che lo ostacola. La pratica della meditazione e del raccoglimento, così come le forme che favoriscono il dialogo con la propria interiorità, vengono valorizzate e proposte nei contesti contemporanei (parchi, palestre, luoghi paesaggistici). Questo dialogo non apre alla Trascendenza, né alla ricerca di un Dio o del divino, ma si rivolge solo ad una maggiore conoscenza di sé in ordine ad un agire più maturo, più equilibrato, più libero: è dialogo del soggetto con sé stesso. Si inseriscono in questo stile di pensiero e di vita i movimenti salutisti, la cura del corpo (fitness), l’ascesi personale. Analogamente a quanto accade con la natura, anche la cura di sé è capace di polarizzare, di legare il soggetto e determinare i suoi comportamenti, come fa una religione.
Anche una spiritualità centrata sulla psiche del soggetto accoglie con facilità gli influssi e le esperienze provenienti da religioni e filosofie orientali, in particolare quelle che esortano alla meditazione e alla rivalutazione delle proprie potenzialità. Tali tradizioni, però, non possono essere riprodotte in modo diretto, ma devono essere adattate agli stili di vita contemporanei, specie nei Paesi del primo mondo. Ciò ha determinato, ad esempio, l’elaborazione di un buddismo occidentale, che rappresenta una terza importante trasformazione oltre le due già subite da questo movimento, prima nel passaggio da corrente interna all’induismo indiano a movimento autonomo in Cina, poi dalla cultura cinese a quella giapponese. Le pratiche di Yoga oggi diffuse nei Paesi occidentali e adattate ai loro destinatari sono l’esempio di una trasformazione avvenuta con successo.
La logica e le caratteristiche di vita dei Paesi del primo mondo hanno anche determinato il sorgere di spiritualità ad hoc per gli abitanti di queste aree del pianeta. Fra i casi più noti vanno ricordati il movimento della New Age, una volta in ascesa e adesso in forte calo, e la fondazione del movimento Scientology. Ambedue introducono elementi tipici della civiltà occidentale, come un supposto riferimento al pensiero scientifico nel secondo caso, e una particolare attenzione agli stress e agli stili di vita dannosi della società contemporanea, nel primo. Il movimento New Age, che annunciava l’arrivo di una nuova era, quella corrispondente all’entrata del punto g (intersezione fra l’orbita apparente del sole intorno alla Terra, Eclittica, e l’equatore celeste) nella costellazione dell’Acquario, ha perso oggi interesse a causa di vari fattori. Fra questi vanno annoverati la mancanza di una leadership centrale, la pratica di terapie mediche alternative rivelatesi poi inconsistenti e l’eccessiva commercializzazione dei prodotti legati alla moda New Age. Fondato negli anni 1950 da L. Ron Hubbard, Scientology è un movimento che propone un percorso di valorizzazione delle proprie capacità e un itinerario di purificazione dalle negatività e dai traumi della propria storia personale, mediante una migliore comprensione della propria natura spirituale e delle interconnessioni fra l’essere umano e il mondo naturale. Alla chiesa di Scientology sono appartenuti e tuttora appartengono membri assai popolari, come ad esempio gli attori Tom Cruise e John Travolta e l’attrice Kirstie Alley.
Alcuni uomini e donne di scienza hanno manifestato interesse per la filosofia cinese del Taoismo, in particolare per la legge naturale dello Yin e Yang, riscontrabile anche nell’apparato morale del confucianesimo, una legge che presiede, secondo questa forma di pensiero, tutti i fenomeni della natura. È in questa luce che alcuni ricercatori hanno voluto leggere i paradossi della meccanica quantistica, condividendo una visione olistica ed armonica dell’universo. Teorizzata da Fritjof Capra nel volume Il Tao della Fisica (1975), questa visione del mondo ha dato origine ad un movimento quasi-religioso chiamato la “Gnosi di Princeton”, dal nome dell’università statunitense dove si è affermato negli anni 1980.
Non è ancora giunta ad essere una forma di spiritualità, ma ci è vicina, l’utopia del movimento transumanista, che promette ai suoi seguaci la liberazione dai limiti del corpo, dalla malattia e dalla morte, mediante una sintesi costruttiva fra l’essere umano e la tecnologia, sia in ambito curativo che riproduttivo.
Il mondo intellettuale occidentale guarda oggi con attenzione all’“anateismo”, termine con il quale si indica il ritorno alla spiritualità, ma non alla religione, da parte di coloro che si professano atei. Introdotta dal titolo del libro del filosofo irlandese Richard Kearney, Anateismo. Tornare a Dio dopo Dio (2009), questa prospettiva insiste sul fatto che religione e vita dello spirito sono due cose diverse. L’anateismo non ha bisogno di un concetto di Dio, né lo associa ad un essere personale. Non nega, invece, che nel mondo possa esistere un fondamento a noi sconosciuto, però insufficiente a stabilire fra noi ed Esso un legame, religioso appunto. L’anateismo condivide l’esistenza di un’etica in grado di legare gli uomini, e che valga la pena vivere, un’etica che in buona parte riprende i comandamenti della tradizione ebraico-cristiana ma afferma che, per viverla, non ci sarebbe bisogno di Dio. La vita spirituale è un valore, va coltivata, e può assumere le forme più diverse. Le viene solo richiesto di non tramutarsi mai in religione, lasciando l’essere umano libero di costruire il suo futuro senza Dio.
La teologia cristiana dirige uno sguardo critico al fenomeno dell’anateismo. Segnala l’insufficienza e la criticità di un’etica senza Dio, perché senza un riferimento trascendente, ogni prassi, norma o comportamento può essere in principio negoziato e stabilito con il consenso della maggioranza. Inoltre, il principio degli anateisti “Dio deve morire perché possa rinascere anateisticamente” punta verso una nozione di Dio troppo vaga ed eterea per dialogare con un pensiero filosofico che pure pone (e in parte mantiene) la domanda su Dio al centro della propria speculazione da oltre 2000 anni. Cosa c’è dietro una ricerca dello spirito senza un Dio personale? Può questa ricerca soddisfare l’essere umano? L’indeterminazione e l’assenza di un legame morale con la Trascendenza riporta l’anateismo entro le forme di spiritualità centrate sul soggetto e sul suo benessere psicologico.
La teologia cristiana e la religione cattolica prendono senza dubbio in considerazione la contemporanea domanda di spiritualità, anche se spesso vaga e frammentata. Vi intravedono sfide, ma anche opportunità. Si tratta di manifestazioni dell’umano che in un certo qual modo confermano come i grandi problemi esistenziali continuino ad attrarre e a reclamare una risposta. La contemplazione della natura e il desiderio di preservarla sono un bene prezioso e vanno valorizzati, così come la contemporanea ricerca di interiorità e di raccoglimento, da qualunque direzione questi richiami oggi provengano. La teologia cristiana segnala una più precisa collocazione dell’elemento naturale come “natura creata”, e dunque in riferimento ontologico ad un Creatore personale, dal quale la natura ha origine. E segnala anche che la rivalutazione del soggetto e del suo mondo spirituale è finalizzata a tenere in vista le grandi domande esistenziali – chi sono, da dove vengo, dove vado – che sono domande autenticamente religiose; domande che non possono trovare una risposta all’interno del soggetto stesso, perché anch’egli creatura in un mondo creato. Infine, la teologia cristiana ricorda la necessità di tenere ben distinto l’autentico senso religioso dalla superstizione, l’adorazione di Dio dall’idolatria, l’apertura al Mistero dalla ricerca di ciò che mistero non è. Più in generale, è importante riconoscere quali forme di religiosità e di vita spirituale esprimono la specificità dell’umano che ha caratterizzato la nostra specie – apertura alla Trascendenza, ricerca di Dio, dipendenza da un Creatore – e quali invece sono un suo indebolimento, forse una sua corruzione.
Laboratorio interdisciplinare: i docenti di diverse materie (storia, filosofia, scienze, letteratura, religione) si confrontino in un evento scolastico ponendo a tema la nozione di "mistero", discutendo cosa essa indica e come viene impiegata da diversi autori in diversi ambiti del sapere e del pensiero umano.
Discutiamone insieme: il docente promuova una riflessione in classe sulle differenze fra senso religioso e superstizione, così come fra religione e idolatria, chiedendo agli studenti di interrogarsi su quali manifestazioni e comportamenti vi corrispondano.
Discutiamone insieme: è possibile un'etica senza riferimento alla nozione di Dio? I docenti suscitino la domanda in un dibattito da svolgersi in aula.
Approfondisci e rifletti: lo studente svolga una ricerca sui concetti di "deep ecology" e di "anateismo", menzionati nella scheda del Percorso tematico.
- Con il termine “secolarizzazione” si intende la progressiva scomparsa del riferimento alla religione e al sacro nella vita sociale e culturale.
- Nelle società secolarizzate, a fronte di un abbandono della pratica religiosa tradizionale, si assiste a una crescente domanda di spiritualità come “credenza senza appartenenza”.
- In una spiritualità “senza Dio”, la religione non è più un fenomeno trascendente (legame con Dio), ma un fenomeno immanente (stile di vita determinato dal soggetto).
- Nelle nuove forme di spiritualità secolarizzata, sono fonti di pensiero etico sia la Natura, sia la cura di sé e del proprio benessere psico-fisico.
- In alcuni Paesi del primo mondo sorgono forme spiritualità ad hoc, rappresentate da movimenti come la New Age, Scientology, il transumanismo.
- Con il termine "anateismo" si indica il ritorno della spiritualità, senza però riferimento alla nozione di un Dio personale.
- La teologia cristiana e la religione cattolica prendono in considerazione la contemporanea domanda di spiritualità come una sfida e un'opportunità, che confermano come i grandi problemi esistenziali continuino ad attrarre e a reclamare una risposta.
Andrea Porcarelli, New Age