Umanesimo scientifico e mistero di Cristo. Raccolta di scritti (1956-2002)

Enrico Cantore (1926-2014), figura rimasta quasi del tutto sconosciuta nei grandi circuiti della filosofia della scienza, ci ha fornito un organico lavoro sulle dimensioni umanistiche di questa materia, soprattutto attraverso le pagine del volume Scientific Man. The Humanistic Significance of Science scritto nel 1977 (L’uomo scientifico. Il significato umanistico della scienza, a cura di Lido Valdrè, Bologna, Dehoniane 1987, ristampato nel 2021).

Per comprendere meglio l’articolato percorso di ricerca messo in campo da Enrico Cantore ci vengono in aiuto vari articoli pubblicati in vita e scritti inediti messi insieme in Umanesimo scientifico emistero di Cristo. Raccolta di scritti (1956-2002),a cura di Claudio Tagliapietra, con scritti introduttivi dello stesso Tagliapietra e di Giuseppe Tanzella-Nitti, che ne ripercorrono i vari momenti e ne mettono a fuoco i punti nodali. Come sottolinea Tanzella-Nitti, pur appartenendo gli scritti di Cantore all’ambito della filosofia della scienza, la sua riflessione si muove «con naturalezza verso il piano antropologico, esaminandone le risonanze in ambito personale e sociale», in quanto il suo non comune «pensare la scienza è principalmente un pensiero sull’attività scientifica, cioè sul lavoro scientifico». In tal modo, della scienza si fanno  risaltare “le dimensioni umanistiche, esistenziali e religiose”, sino a porre le basi di una “filosofia dell’attività tecnico-scientifica”, ma anche di una “teologia della natura” e di una “teologia della scienza”, con l’accostarsi ai percorsi di figure come Pierre Teilhard de Chardin, Pavel Florenskij o Romano Guardini, che ritenevano il lavoro scientifico un nutrimento per la stessa esperienza di fede e a Gilbert Simondon per gli importanti studi sul senso della tecnica.

Enrico Cantore fu anche protagonista di un singolare impegno pastorale, quello di fornire alla Chiesa gli strumenti per agevolare la sua missione nei confronti degli ambienti scientifici e far capire ai credenti il ruolo non secondario degli scienziati nella ricerca della verità, senza assumere posizioni di carattere apologetico.

La raccolta degli scritti qui presentati ha l’obiettivo di confrontarci con la non comune “eredità intellettuale” di Cantore e con l’attualità del suo pensiero, che pone le fondamenta di un “nuovo umanesimo scientifico”, frutto dell’aver sviluppato “il dinamismo umanizzante contenuto nella complementarità di scienza ed epistemologia”, sulla scia delle importanti intuizioni di scienziati come Einstein, Planck e Heisenberg. Emerge in ogni piega dei suoi scritti “un umanesimo scientifico sapienziale”, come lo chiamano sia Giuseppe Tanzella-Nitti che Claudio Tagliapietra, con forti ricadute antropologiche, potendo l’attività scientifica introdurre le domande di senso considerate da Cantore non estranee ad essa, bensì portanti.

La prima parte del volume piùsi impernia sull’analisi epistemologica e filosofica della scienza. Si mettono in luce le prospettive filosofiche della fisica atomica in base all’analisi dei dibattiti sul principio di complementarità; segue un interessante scritto sulla storia dell’ottica secondo un “approccio genetico” al fine di mostrare i diversi “atteggiamenti” assunti dagli scienziati in diverse epoche nei confronti dei fatti naturali ed evidenziare “la mutevolezza” delle conoscenze e dei modi “di avvicinarsi all’intelligibilità della realtà legata all’uomo”.

Molto pregnante si rivela poi in un altro scritto del 1968, sempre incentrato “sulla comprensione della realtà da parte dell’uomo”, il suo dialogo con la psicologia genetica di Jean Piaget nel cercare di stabilire un equilibrio tra scienza e filosofia, dato che lo scienziato-filosofo ginevrino in Saggezza e illusioni della filosofia del 1968 aveva sottolineato le pretese di superiorità di certa filosofia nei confronti delle scienze.

La seconda parte comprende scritti che illustrano la “vocazione filosofica dell’uomo” e la “scienza come vocazione” per i processi dialogici di “integrazione umanizzante” che mettono in campo e che portano a renderci “coscienti, in modo inatteso, della bellezza e della ricchezza delle cose”, con una precisa diagnosi del “significato della crisi umanistica contemporanea”.

Non poteva mancare un’analisi del “ruolo degli scienziati nella leardership in favore della dignità umana”, scienziati che spesso non sono ritenuti consapevoli di questa responsabilità nel promuoverla. A tal proposito Cantore, come sottolinea molto opportunamente Tagliapietra, lancia una precisa sfida col delineare i contenuti di concetti come sviluppo, progresso, tecnologia, professionisti della scienza, tutti elementi che devono mettere in atto processi concreti nella direzione della intrinseca dignità della scienza, che viene erosa quando ci si limita ad elencarne i soli aspetti tecnici.

 Nella terza parte si delineano altri elementi fondanti dell’umanesimo scientifico proposto da Cantore, facendo risaltare “la dimensione religiosa della ricerca scientifica”, già evidenziata dal matematico-filosofo Federigo Enriques agli inizi del secolo scorso; a tal fine gli scritti analizzano la “sapienza biblica” e i suoi “aspetti  filosofici e intellettuali”, il “ruolo di “Cristo all’origine della scienza”. Decisamente interessante si rivela il ruolo assegnato all’umanesimo scientifico nel ridefinire i rapporti  fra scienza e fede, aspetto questo centrale nella ricca letteratura odierna coagulatosi intorno al movimento Science and Theology. Molto opportunamente Tanzella-Nitti si interroga su quale potrebbe essere il contributo di Cantore a tale attuale dibattito e ad altre cogenti problematiche come il rapporto fra uomo e tecnica, spesso conflittuale, fra ricerca di spazi per l’umano e società tecnologica.

Il pensiero di Enrico Cantore, grazie alla decisa “svolta umanistica” da lui avanzata, svolta che va metabolizzata oggi più che mai nel suo pieno spessore teoretico-esistenziale, può, come viene proposto, essere un invito per la filosofia della scienza, a migrare dalla “critica della conoscenza”, nella quale è rimasta confinata per buona parte del secolo scorso (e ancora in quello presente), ad una vera e propria “filosofia dell’agire scientifico e tecnico”, che potrebbe mettere in luce il ruolo del soggetto e le dimensioni personaliste della conoscenza.

È questo il lascito etico-antropologico di Enrico Cantore che occorre fare nostro per non svuotare i contenuti veritativi della scienza con i suoi gradi crescenti di intelligibilità del mondo, e con essa di noi uomini, accomunati dal fatto, come affermava Simone Weil, che siamo obbligati “a non mentire sul reale” per rafforzare le nostre difese razionali, spesso in balia di ideologie devianti. Forti degli strumenti forgiati da tale “umanesimo scientifico”, si sarà maggiormente in grado di migrare dal piano della conoscenza al piano della vita, ricevendo indicazioni su come impostare le scelte   strategiche nella nostra era alle prese con inedite sfide globali.

Autore scheda bibliografica tematica
Mario Castellana
2023