Luciano Floridi (Roma, 1964), ha contribuito in modo determinante a dare origine a un nuovo ambito di studi, nel quale la riflessione filosofica viene applicata al trattamento dell’informazione e dei processi informatici. L’A. è considerato fra i fondatori della contemporanea filosofia dell’informazione e dell’etica informatica. Professore ordinario di Filosofia ed Etica dell’Informazione all’Università di Oxford, insegna Sociologia della Cultura e della Comunicazione all’Università di Bologna. Il volume Etica dell’Intelligenza Artificiale è la traduzione italiana ridotta del più corposo originale in lingua inglese, uscita nel medesimo anno di pubblicazione dell'originale. Si tratta di un volume fruibile principalmente da chi debba occuparsi dell’IA in qualche ambito dell’insegnamento, oppure come studente universitario, ma anche da lettori colti che sono al corrente dei problemi associati a questo argomento di grande attualità e ne seguono il dibattito pubblico. L’A. indirizza il lettore verso i capitoli essenziali dell’opera, guidandone lo studio e mostrandone l’articolazione interna. Il volume non contiene tecnicismi né formule, lavorando soprattutto attraverso un’ingente e documentatissima bibliografia e impiegando, quando necessario, schemi sinottici o flussi concettuali. Inoltre, ciascuno dei 14 capitoli dei quali è composta l’opera è introdotto da un Sommario rivolto anche ai non specialisti, che ne riepiloga i contenuti principali. I primi tre capitoli sono presentati in una Prima Parte intitolata “Comprendere l’Intelligenza artificiale”, essenziale per capire le considerazioni sviluppate nella Seconda Parte, intitolata “Valutare l’Intelligenza Artificiale”, che contiene i restanti capitoli. Va osservato che la Prima Parte, dallo stile espositivo lineare e di facile lettura, da sola rappresenta una breve e completa Introduzione al tema generale dell’IA.
L’idea che sostiene tutta l’opera viene così formulata da Floridi fin dalle prime battute: «la tesi centrale che sviluppo nel libro consiste nel dire che l’IA costituisce un divorzio senza precedenti fra l’intelligenza e la capacità di agire» (p. 13). Qui l’A. per “intelligenza” intende “intelligenza umana” e per “capacità di agire” intende l’operatività tipica della specie umana, guidata da una riflessione fondata sul giudizio critico. Per dimostrare questa tesi, Floridi dedica la prima parte del volume ad illustrare con precisione cosa sia l’IA e come essa lavori, per occuparsi poi, nella seconda parte, di giudicare e di valutare cosa l’IA possa fare (quasi tutto), cosa è conveniente e bene che faccia (cooperare alla costruzione di una società orientata al bene sociale) e cosa non debba invece fare (tutte le questioni necessariamente riservate a noi esseri umani). Sebbene l’espressione IA indichi una realtà ormai assai vasta, che va dai semplici dispositivi di uso personale a software capaci di gestire grandi aziende e orientare le loro scelte strategiche, il suo funzionamento è in fondo sempre lo stesso: elaborare mediante una logica quantitativo-computazionale le informazioni che l’essere umano gli fornisce o quelle che la macchina impara a procurarsi per ché a ciò addestrata dall’uomo. Per quanto grandi siano i dati a disposizione (big data) e per quanto rapide ed efficienti siano le capacità di calcolo, l’IA opera sempre per inferenze statistiche e mai per deduzioni logiche fondate su astrazione. Per quanto complesse e articolate siano le sintassi che essa tratta e mediante le quali funziona, una macchina non produrrà mai una semantica, cioè dei significati.
Il vasto impiego dell’IA, spiega Floridi, reca due importanti implicazioni. La prima è che, per far funzionare le macchine, noi uomini dobbiamo arretrare; dobbiamo cioè rinunciare a svolgere con intelligenza umana (creativa, responsabile, critica) le operazioni che intendiamo affidare alle macchine, ad esempio per farci guadagnare tempo (le macchine sono più rapide) o per ridurre le nostre fatiche (lavorano in modo automatico). Questo ha condotto, poco alla volta, alla generazione di una “infosfera” formata da tutte le conoscenze che abbiamo dovuto digitalizzare affinché l’IA potesse trattarle. «Il successo dell’IA è in gran parte dovuto al fatto che stiamo costruendo un ambiente adattato a essa, in cui le tecnologie intelligenti si trovano a casa mentre noi siamo più simili a sommozzatori È il mondo che si sta adattando all’IA e non viceversa» (p. 54). La seconda implicazione è che, per la soluzione dei problemi che noi affidiamo all’IA, la macchina non impiegherà una logica umana, critica e creativa, ma dovrà servirsi essenzialmente di correlazioni statistiche e di previsioni: in un gran numero di casi ciò risulta assai utile ed efficace, ma occorre riconoscere che presenta anche dei limiti. «L’IA non dovrebbe essere interpretata come un matrimonio tra un’intelligenza di tipo biologico e artefatti ingegnerizzati, ma come un divorzio tra l’agire e l’intelligenza, cioè una scissione tra la capacità di affrontare problemi e compiti con successo in vista di uno scopo e l’esigenza di essere intelligenti nel farlo» (p. 65). Detto in altri termini, «nell’IA, è il risultato che conta, non se l’agente o il suo comportamento sia intelligente. Per questo l’IA non concerne la capacità di riprodurre l’intelligenza umana, ma in realtà la capacità di farne a meno» (p. 52).
Floridi comprende il ruolo della riflessione filosofica sull’IA principalmente sul piano etico e negli ambiti della filosofia e della politica del diritto, non esaurendolo mai in questioni di logica o critica della conoscenza. Ciò gli consente di dedicare i capitoli della seconda parte del volume a discutere i principi etici che dovrebbero reggere l’impiego dell’IA, tenendo conto di quanto già fatto dalle organizzazioni internazionali e di quanto resta ancora da fare. Egli affronta pertanto modalità e scenari e della governance dell’IA, distinguendo con intelligenza le “cattive pratiche” dell’IA, che ne fanno un uso improprio, dalle “buone pratiche”, che si adoperano per studiare e progettare l’IA in favore del bene sociale. In particolare, il cap. 11 viene dedicato a descrivere come società umana e IA potrebbero cooperare in modo davvero costruttivo, giungendo a formulare una serie di “Raccomandazioni per una società della Buona IA” (pp. 287-295). Il capitolo conclusivo, intitolato “Il verde e il blu” ipotizza un matrimonio fra la sensibilità per la vita umana sull’intero pianeta guidata dalla necessità di politiche globali (verde) e le potenzialità dell’IA socialmente bene applicate (blu). Tale “matrimonio” rappresenterebbe la risposta al “divorzio” fra intelligenza ed agire, causato quando l’IA viene impiegata senza tener conto che le sue caratteristiche sono essenzialmente logico-computazionali. Il volume è corredato da quasi 40 pagine di bibliografia finale (pp. 347-384), che fa risparmiare allo studioso l’oneroso compito di raccogliere e scoprire quanto sia stato detto di importate sul tema. Quello di Floridi è un volume non sempre facile, ma scritto seriamente, ben strutturato, indispensabile a chiunque debba insegnare o anche solo informare su questa tema, divenuto ormai d’obbligo per tutti noi.