Inclusione sociale e migrazioni

Maria Aparecida Ferrari
In pillole
  • L’inclusione sociale ha l’obiettivo di eliminare qualunque forma di discriminazione all’interno di una società.
  • Si rivolge a quanti sono in situazione di povertà, alle persone con abilità diverse, agli immigranti, ai rifugiati e a ciascun gruppo bisognoso di aiuto, col fine di dare a tutti le necessarie opportunità di sviluppo, di salute ed educazione.
  • Secondo l'articolo 3 della Costituzione Italiana, «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
  • Il termine “inclusività” si contrappone a discriminazioni e pregiudizi sociali, stereotipi o razzismi.
  • Nessuno di noi è uguale all’altro nelle doti fisiche, psichiche e spirituali, nel carattere, nei progetti o gusti personali.
  • I movimenti immigratori rappresentano un'opportunità di esercizio della coesione sociale e della capacità delle istituzioni e dei cittadini di rispettare e avere stima verso le diverse manifestazioni etniche e culturali.
  • L’obiettivo vincente è creare una società in cui la diversità sia trattata e vissuta come naturale variazione dell’umano, e come tale considerata una positiva risorsa morale, sociale, economica e culturale.
  • Il termine "tolleranza", distinto da "inclusione", si riferisce al modo in cui ci si relaziona a comportamenti considerati dannosi per altri o per l’intera società.
  • L'inclusione sociale richiede azioni di natura governativa, insieme alla necessità di tradurre l'ideale di uguaglianza in condotte personali e sociali concrete.

L’inclusione sociale ha l’obiettivo di eliminare qualunque forma di discriminazione all’interno di una società, conservandosi sempre nel rispetto della diversità. Si tratta di potenziare le condizioni vitali e relazionali affinché le persone che si trovino in situazione di vulnerabilità possano accedere ad adeguate condizioni economiche, di lavoro, di educazione e di cultura. Si rivolge, dunque, a quanti sono in situazione di povertà, alle persone con abilità diverse, ai migranti, ai rifugiati e a ciascun gruppo bisognoso di aiuto, col fine di dare a tutti le stesse opportunità di sviluppo, di salute ed educazione rispetto alla società in cui abitano.

Le risorse per edificare una cultura di inclusione sociale sono in primo luogo tutti i cittadini, dato che l’inclusione si fonda sull’atteggiamento personale di apertura e di benevolenza verso l’altro; ma consiste anche in canali istituzionali e culturali che si trovano nell’ambito lavorativo, politico, religioso e sociale.

In tutti questi settori occorre confrontarsi con la sfida di evitare o sconfiggere le discriminazioni senza tuttavia rinunciare alla diversità, poiché l’inclusione va oltre le soluzioni tecniche dei problemi sociali: si fonda su condotte umane in cui la diversità è ricchezza, poiché l’altro, con le sue potenzialità, i suoi talenti e i suoi limiti è apprezzato per la sua insostituibile identità e per le sue peculiarità.

Inclusione, che letteralmente indica l’atto di introdurre un elemento all’interno di un insieme, è un termine utilizzato in vari ambiti; in matematica, per esempio, si dice che un sottoinsieme A di X è incluso in un sottoinsieme B di X se ogni elemento di A appartiene a B; nel linguaggio comune, però, inclusione si riferisce semplicemente all’inserimento di un elemento in una serie o in tutto.

Esiste un significato specifico del concetto, che giustifica l'accostamento all’aggettivo “sociale”: l’inclusione sociale si riferisce alle persone nella loro appartenenza a un gruppo e nel loro sentirsi accolte in esso con le proprie caratteristiche fisiche, psicologiche, linguistiche e culturali. In Italia e a livello comunitario europeo tale termine designa, infatti, l’accesso di tutti i cittadini alle risorse di base, al mercato del lavoro e ai servizi sociali necessari per partecipare al tenore di vita che la società ha raggiunto in termini di educazione, salute, abitazione, ambiente, benessere economico, sicurezza e cultura.

Inoltre, inclusione sociale denota uno scopo da raggiungere: sostenere le persone nel contesto in cui svolgono la loro esistenza, tenendo conto dei bisogni e degli svantaggi in cui si trovano, scansando la marginalità che potrebbe contraddistinguere le varie forme di diversità, di disabilità o di sfavore.

La nostra Carta Costituzionale recita all’articolo 3 che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Si osservi che la Carta assume qualcosa di previo alla sua stessa stesura, cioè che gli esseri umani sono uguali indipendentemente dalla concreta famiglia di appartenenza, dal ceto sociale, dall’etnia, dalla religione, dalle condizioni di salute o dal sesso; perciò sono tutti uguali davanti alla legge, la quale è un mezzo di garanzia di pari dignità e di pari opportunità.

L’inclusione sociale significa, pertanto, far diventare esperienza vissuta la situazione naturalmente data e giuridicamente riconosciuta: in ragione dell’uguale dignità occorre creare condizioni di pari opportunità. È questo il campo che la società, attraverso l’ordine politico-giuridico, s’impegna a proteggere e a promuovere.

L’approccio inclusivo ha prodotto anche il termine “inclusività” come qualità applicabile ai documenti pubblici o aziendali con orientamenti e strategie miranti alla promozione dell’apprezzamento e della compresenza delle diversità nella società; in contrasto, dunque, con le discriminazioni che possano derivarsi da pregiudizi sociali, stereotipi o razzismi.

È da notare, pertanto, che l’inclusione sociale è inseparabile dal rispetto e dal sostegno dell’uguale dignità della persona in quanto tale che determina l’inesistenza di categorie di individui umani; ma è altrettanto legata alla diversità che caratterizza gli esseri umani: nessuno di noi è uguale all’altro nelle doti fisiche, psichiche e spirituali, nel carattere, nei progetti o gusti personali.

Il termine "disabilità" si riferisce alla carenza o perdita dovuta a uno stato psicologico, fisiologico o anatomico, che porta a ridurre la capacità di interazione con l’ambiente sociale di uno specifico individuo. Il concetto è in armonia con il fatto che tutti gli esseri umani sono, rispetto agli altri, persone diversamente abili, in quanto imperfetti tutti; e ciò non perché siano in qualche modo “venuti male”, ma perché coincidono fra le altre cose nel non essere tutti del tutto abili a tutto.

A confrontarci con il mondo del diversamente abile siamo chiamati tutti, non soltanto quelli coinvolti in dolorose esperienze personali o familiari, quelli impegnati in attività di volontariato o quelli che si occupano per ragioni professionali di persone diversamente abili. Gli stessi cosiddetti dis-abili hanno in realtà abilità e capacità proprie, e la loro consapevolezza circa le loro abilità rappresenta una risorsa di crescita e arricchimento per l’intera società.

Nel mondo della disabilità umana l’inclusione reciproca non può venire, pertanto, dalla cultura della cancellazione della diversità propria o dell’altro, né dal pietismo, dalla segregazione o dall’esclusione. Essa emerge, invece, dai normali rapporti quotidiani con l’altro abile o disabile – in ogni caso, differentemente abile –, in cui tutti sono riconosciuti come risorsa, e lo sono davvero.

Dal punto di vista sociopolitico e istituzionale l’obiettivo vincente è portare a una struttura e organizzazione della società in cui la diversità sia trattata e vissuta come naturale variazione dell’umano e come tale costitutiva di un patrimonio di positive risorse morali, sociali, economiche e culturali. Ciò si traduce nella promozione delle condizioni fisiche, del benessere psicofisico e dei fattori ambientali. Per esempio un soggetto con diversa abilità motoria avrà uno stato di benessere superiore in una città in cui le barriere architettoniche siano state rimosse.

I movimenti migratori, così come le comunità etniche e linguistiche storiche rappresentano una costante opportunità di esercizio della coesione sociale e della capacità delle istituzioni e dei cittadini di rispettare e avere stima verso le diverse manifestazioni etniche e culturali.

L’inclusione sociale si riferisce alla situazione di concordia in cui l’appartenenza alla maggioranza o alla minoranza non determina una distinzione significativa quanto all’apprezzamento della diversità culturale, etnica, religiosa... A ciascuna realtà corrisponde un meritato rispetto non in virtù di relazioni quantitative, ma a causa del significato umano che incarna.

Occorre notare, dunque, che l’inclusione sociale è connessa a benevolenza e apprezzamento reciproco. Assumendo questa comprensione, si evita di chiamare in causa, impropriamente, l’atteggiamento di tolleranza della diversità culturale. La tolleranza si colloca dovutamente nei confronti del comportamento di un individuo o di un gruppo quando un loro agire determina danno per altri o per l’intera società; in tal caso si pone giustamente la questione se tollerare quella condotta. Le diversità culturali, etniche o linguistiche, invece, hanno un valore in se stesse, per cui meritano apprezzamento anziché tolleranza.

La cultura dell’inclusione sociale richiede, da un lato, azioni di natura governativa indirizzate a risolvere le difficoltà che sorgono nelle relazioni, a promuovere il benessere sociale che coinvolga tutti, a promuovere opportunità di lavoro e di educazione, a combattere lo sfruttamento economico e ogni trattamento ingiusto. D’altro lato, però, tutto ciò sarebbe insufficiente senza che ciascun cittadino traducesse in vissuto personale e sociale la convinzione che l’uguale dignità si sviluppa non malgrado le diversità ma proprio grazie ad esse. Per esempio, nell’ambito educativo è certo che l’inclusione sociale richiede sforzi nei programmi di apprendimento linguistico, risorse di rifornimento durante la scolarizzazione, la costituzione di centri scolastici e dinamismi che evitino il ghetto e la segregazione, ma tutto ciò non servirebbe a niente se non ci fosse autentica accoglienza fra le persone che convivono nel centro scolastico – insegnanti, studenti, personale amministrativo... –, cioè se qualcuno non fosse pro-attivo verso l’uguaglianza umana e l’irripetibilità di ogni persona.

Addirittura la cura del linguaggio è significativa in ordine al potenziamento di una cultura dell’inclusione: per esempio evitando la logica dell'aut aut racchiusa nell’uso del “noi” e “l’altro” (lo straniero, il povero, il malato, coloro che hanno altre consuetudini, o una lingua diversa...); o astenendosi nei dialoghi di ogni giorno, ma anche nei mezzi di comunicazioni e nei social, dal collegare una mancanza o un delitto con il gruppo di appartenenza di chi l’ha commesso.

Tracce di lavoro

Laboratorio interdisciplinare: Docenti di diverse discipline (per es. filosofia, religione, fisica, lettere, storia ecc.) organizzino una tavola rotonda sui diversi significati assunti dal termine tolleranza, mettendo in luce gli aspetti positivi ma anche i limiti di questa nozione. Gli studenti vengono poi invitati a prendere parte alla discussione. Si suggerisce di prendere come punto di riferimento alcune opere che presentano questo termine nel titolo (per es. il Trattato sulla tolleranza di Voltaire).

Discutiamone insieme: Docenti e studenti vedano insieme uno dei due filmati proposti qui sotto, avendo avvertito gli studenti che dovranno poi scrivere una frase che esprima ciò che li colpisce.

My philosophy for a happy life | Sam Berns | TEDxMidAtlantic (13 minuti).

How a 13 year old changed 'Impossible' to 'I'm Possible' | Sparsh Shah | TEDxGateway (15 minuti).

Gli studenti affiggono poi il loro biglietto, anonimo, sulla lavagna e vengono invitati – uno per volta – a leggere ad alta voce un contributo preso a caso. I biglietti vengono quindi inseriti in aree tematiche che si andranno formando via via che si leggono i contributi, d'accordo con la classe.

Infine ogni studente – o piccolo gruppo – elabora un testo breve in cui pone in relazione il contenuto di una delle aree tematiche con la nozione di inclusione sociale spiegata dal docente previamente.

Approfondisci e rifletti: Ogni studente rediga la definizione di alcuni dei seguenti termini: inclusione, integrazione, segregazione, esclusione. Fatto questo, lo studente rappresenti graficamente i concetti (come per es. nell'immagine qui proposta).

In pillole
  • L’inclusione sociale ha l’obiettivo di eliminare qualunque forma di discriminazione all’interno di una società.
  • Si rivolge a quanti sono in situazione di povertà, alle persone con abilità diverse, agli immigranti, ai rifugiati e a ciascun gruppo bisognoso di aiuto, col fine di dare a tutti le necessarie opportunità di sviluppo, di salute ed educazione.
  • Secondo l'articolo 3 della Costituzione Italiana, «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
  • Il termine “inclusività” si contrappone a discriminazioni e pregiudizi sociali, stereotipi o razzismi.
  • Nessuno di noi è uguale all’altro nelle doti fisiche, psichiche e spirituali, nel carattere, nei progetti o gusti personali.
  • I movimenti immigratori rappresentano un'opportunità di esercizio della coesione sociale e della capacità delle istituzioni e dei cittadini di rispettare e avere stima verso le diverse manifestazioni etniche e culturali.
  • L’obiettivo vincente è creare una società in cui la diversità sia trattata e vissuta come naturale variazione dell’umano, e come tale considerata una positiva risorsa morale, sociale, economica e culturale.
  • Il termine "tolleranza", distinto da "inclusione", si riferisce al modo in cui ci si relaziona a comportamenti considerati dannosi per altri o per l’intera società.
  • L'inclusione sociale richiede azioni di natura governativa, insieme alla necessità di tradurre l'ideale di uguaglianza in condotte personali e sociali concrete.