La pace: un’esigenza inscritta nel cuore dell’umanità

Pubblicato nel 2004 e curato dal Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa cattolica propone in forma unitaria e sistematica quanto il Magistero dei diversi pontefici, a partire dall’enciclica Rerum novarum (1891) di Leone XIII, ha affermato su questioni relative ai rapporti tra persona umana, Chiesa e società: il lavoro, la politica, la giustizia e la pace, i diritti fondamentali dell’uomo e della donna. I passi che qui proponiamo illustrano le regole fondamentali della comunità internazionale, comprese nel loro fondamento etico e improntate a valori ritenuti universali quali la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà. La dignità umana e la cooperazione in vista del bene comune vengono qui affermate come aspirazioni in grado di orientare l’azione politica al livello internazionale.

433 […] La convivenza tra le Nazioni è fondata sui medesimi valori che devono orientare quella tra gli esseri umani: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà. [1] L'insegnamento della Chiesa, sul piano dei principi costitutivi della Comunità internazionale, chiede che le relazioni tra i popoli e le comunità politiche trovino la loro giusta regolazione nella ragione, nell'equità, nel diritto, nella trattativa, mentre esclude il ricorso alla violenza e alla guerra, a forme di discriminazione, di intimidazione e di inganno. [2]

436 Per realizzare e consolidare un ordine internazionale che garantisca efficacemente la pacifica convivenza tra i popoli, la stessa legge morale che regge la vita degli uomini deve regolare anche i rapporti tra gli Stati: « legge morale, la cui osservanza deve venir inculcata e promossa dall'opinione pubblica di tutte le Nazioni e di tutti gli Stati con tale unanimità di voce e di forza, che nessuno possa osare di porla in dubbio o attenuarne il vincolo obbligante ». [3] È necessario che la legge morale universale, scritta nel cuore dell'uomo, venga considerata effettiva e inderogabile quale viva espressione della coscienza che l'umanità ha in comune, una « grammatica »[4] in grado di orientare il dialogo sul futuro del mondo.

437 Il rispetto universale dei principi che ispirano un « ordinamento giuridico in armonia con l'ordine morale » [5] è una condizione necessaria per la stabilità della vita internazionale. La ricerca di una simile stabilità ha favorito la graduale elaborazione di un diritto delle genti [6] (« ius gentium »), che può essere considerato come « l'antenato del diritto internazionale ». [7] La riflessione giuridica e teologica, ancorata al diritto naturale, ha formulato « principi universali che sono anteriori e superiori al diritto interno degli Stati », [8] come l'unità del genere umano, l'uguaglianza in dignità di ogni popolo, il rifiuto della guerra per superare le contese, l'obbligazione di cooperare per il bene comune, l'esigenza di tenere fede agli impegni sottoscritti (« pacta sunt servanda »). Quest'ultimo principio va particolarmente sottolineato per evitare « la tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto che alla forza del diritto ». [9]

438 Per risolvere i conflitti che insorgono tra le diverse comunità politiche e che compromettono la stabilità delle Nazioni e la sicurezza internazionale, è indispensabile riferirsi a regole comuni affidate alla trattativa, rinunciando definitivamente all'idea di ricercare la giustizia mediante il ricorso alla guerra: [10] « la guerra può terminare senza vincitori né vinti in un suicidio dell'umanità, ed allora bisogna ripudiare la logica che conduce ad essa, l'idea che la lotta per la distruzione dell'avversario, la contraddizione e la guerra stessa siano fattori di progresso e di avanzamento della storia ». [11]

La Carta delle Nazioni Unite ha interdetto non solo il ricorso alla forza, ma anche la sola minaccia di usarla: [12] tale disposizione è nata dalla tragica esperienza della Seconda Guerra Mondiale. Il Magistero non aveva mancato durante quel conflitto di individuare alcuni fattori indispensabili per edificare un rinnovato ordine internazionale: la libertà e l'integrità territoriale di ogni Nazione; la tutela dei diritti delle minoranze; un'equa condivisione delle risorse della terra; il rifiuto della guerra e l'attuazione del disarmo; l'osservanza dei patti concordati; la cessazione della persecuzione religiosa. [13]

439 Per consolidare il primato del diritto, vale anzitutto il principio della fiducia reciproca. [14] In questa prospettiva, gli strumenti normativi per la soluzione pacifica delle controversie devono essere ripensati in modo da rafforzarne la portata e l'obbligatorietà. Gli istituti del negoziato, della mediazione, della conciliazione, dell'arbitrato, che sono espressione della legalità internazionale, devono essere sostenuti dalla creazione di « un'autorità giuridica pienamente efficiente in un mondo pacificato ». [15] Un avanzamento in questa direzione consentirà alla Comunità internazionale di proporsi non più come semplice momento di aggregazione della vita degli Stati, ma come una struttura in cui i conflitti possono essere pacificamente risolti: « Come all'interno dei singoli Stati ... il sistema della vendetta privata e della rappresaglia è stato sostituito dall'impero della legge, così è ora urgente che un simile progresso abbia luogo nella Comunità internazionale ». [16] In definitiva, il diritto internazionale « deve evitare che prevalga la legge del più forte ». [17]


[1] Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 279-280.

[2] Cfr. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 2: AAS 57 (1965) 879-880.

[3] Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1941): AAS 34 (1942) 16.

[4] Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50º di fondazione (5 ottobre 1995), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 732.

[5] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 277.

[6] Cfr. Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 438-439; Id., Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1941): AAS 34 (1942) 16-17; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 290-292.

[7] Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (12 gennaio 1991), 8: L'Osservatore Romano, 13 gennaio 1991, p. 5.

[8] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 5: AAS 96 (2004) 116.

[9] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 5: AAS 96 (2004) 117; cfr. anche Id., Messaggio al Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense (21 marzo 2002), 6: L'Osservatore Romano, 22 marzo 2002, p. 6.

[10] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 23: AAS 83 (1991) 820-821.

[11] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 18: AAS 83 (1991) 816.

[12] Cfr. Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945), art. 2.4; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 6: AAS 96 (2004) 117.

[13] Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1941): AAS 34 (1942) 18.

[14] Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1945): AAS 38 (1946) 22; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 287-288.

[15] Giovanni Paolo II, Discorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja (13 maggio 1985), 4: AAS 78 (1986) 520.

[16] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 52: AAS 83 (1991) 858.

[17] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 9: AAS 96 (2004) 120.