Quando si parla di “profezia” nel contesto cristiano, il pensiero corre immediatamente ai profeti dell’Antico Testamento o alla dimensione profetica del magistero della Chiesa, lasciando spesso in ombra le figure profetiche che hanno segnato la storia ecclesiale con la forza della Parola ricevuta da Dio, coloro che potremmo considerare i "creativi" del pensiero teologico. Eppure, proprio la Chiesa è cresciuta anche grazie a figure mosse da un carisma, che raramente trovano spazio nella riflessione teologica sistematica. Joseph Ratzinger, già dai tempi della sua tesi dottorale sul concetto di teologia della storia in san Bonaventura, aveva sviluppato un concetto dinamico di Rivelazione che apriva uno spazio concreto alla comprensione della profezia cristiana come forza creativa necessaria per la stessa vita e attualità della teologia. Nel seguente estratto da un’intervista concessa nel 1998 al teologo danese Niels Christian Hvidt, che abbiamo qui tradotto dall’inglese, l'allora cardinale Ratzinger illustra dunque il rapporto profondo intercorrente tra profezia e teologia, indicando come ogni autentico rinnovamento teologico abbia origine da una sorgente profetica. (Claudio Tagliapietra)
Nicholas Hvidt: Lei ha detto che la Rivelazione nel Cristo è avvenuta in modo "definitivo", ciò che non significa chiusura assoluta, non si identifica con l’ultima parola delle dottrine rivelate. Questa affermazione è di grande interesse per la nostra tesi sulla profezia cristiana. Ora la domanda più urgente è naturalmente questa: in quale misura i profeti, nella storia della Chiesa e anche per la teologia stessa, possono dire qualcosa di radicalmente nuovo? E’ verificabile che gli ultimi grandi dogmi sono da mettere direttamente in relazione con le rivelazioni di grandi santi profeti, come ad esempio le rivelazioni di Santa Caterina Laburé per quanto concerne il dogma dell’Immacolata Concezione. Questo è un tema assai poco esplorato nei libri di teologia.
Joseph Ratzinger: Sì, questo tema potrebbe essere veramente trattato a fondo. Mi pare che Hans Urs von Balthasar abbia trovato, nelle sue ricerche, che dietro ad ogni grande teologo vi sia sempre prima un profeta. Un Sant’Agostino è impensabile senza l’incontro con il monachesimo e soprattutto con sant’Antonio. E la stessa cosa vale per Sant’Atanasio; e San Tommaso d’Aquino non sarebbe concepibile senza San Domenico e il carisma dell’evangelizzazione che gli era proprio. Leggendo gli scritti di quest’ultimo, si nota quanto importante sia stato per lui questo tema dell’evangelizzazione. Questo stesso tema ha svolto un ruolo importante nella sua disputa con il clero e con l’università di Parigi, e costrinse San Tommaso a ripensare lo statuto dell’ordine domenicano. Egli qui afferma che la vera regola del suo ordine si trova nelle Sacre Scritture e che è costituita dal quarto capitolo degli Atti degli Apostoli (aveva un cuore solo e un’anima sola) e dal decimo capitolo del Vangelo di San Matteo (annunciare il Vangelo senza pretendere nulla per sé) Questa è per San Tommaso la regola di tutte le regole religiose. Ogni forma monastica non può essere che la realizzazione di questo primo modello che aveva naturalmente un carattere apostolico, ma che la figura profetica di San Domenico gli ha fatto riscoprire in modo nuovo. A partire da questo modello prototipo San Tommaso sviluppa la sua teologia come evangelizzazione, cioè un muoversi con e per il Vangelo, un essere radicato nel concetto di "un cuore solo e un’anima sola" della comunità dei credenti. Lo stesso si potrebbe dire di San Bonaventura e di San Francesco d’Assisi: la stessa cosa avviene per Hans Urs von Balthasar impensabile senza Adrienne von Speyr. Credo che si possa dimostrare come in tutte le figure dei grandi teologi sia possibile una nuova evoluzione teologica solo nel rapporto tra teologia e profezia. Finché si procede solo in modo razionale, non accadrà mai nulla di nuovo. Si riuscirà forse a sistemare meglio le verità conosciute, a rilevare aspetti più sottili, ma i nuovi veri progressi che portano a nuove grandi teologie non provengono dal lavoro razionale della teologia, bensì da una spinta carismatica e profetica. Ed è in questo senso, ritengo, che la profezia e la teologia vanno sempre di pari passo. La teologia, in senso stretto, non è profetica, ma può diventare realmente teologia viva quando viene nutrita e illuminata da un impulso profetico.
Ratzinger, Joseph. “Christianity Always Carries within It a Structure of Hope: The Problem of Christian Prophecy.” 30 Giorni, January 1999, 72–83. Originally published in German as “Das Problem der Christlichen Prophetie: Niels Christian Hvidt im Gespräch mit Joseph Kardinal Ratzinger.” Communio 2 (1999): 181.