Dio esiste? La fede è ragionevole? A queste domande cruciali per la coscienza umana oggi sembrano interessati a rispondere in maniera nuova più gli scienziati che i filosofi e i teologi. Mentre infatti la filosofia contemporanea ha sostanzialmente rinunciato ad occuparsi delle questioni “metafisiche” e appare perfino imbarazzata di fronte a domande di tal genere, la teologia in molti casi propone argomentazioni comprensibili soltanto in un contesto culturale ecclesiale e con un linguaggio non sempre adeguato ad un secolo dominato dalla scienza e dalla tecnologia. Si vive del resto in un’epoca strana, attraversata da contraddizioni profonde e dove si fa fatica a capire se la comunità umana ha ancora una rotta da seguire o se è condannata a “navigare a vista”. Forse anche per questa ragione gli studiosi di scienze naturali escono sempre più spesso dal loro ambito di specializzazione e affrontano in modo originale le questioni dell’esistenza o meno di un Creatore, dell’ammissibilità dell’atto di fede, del problema del male e della predisposizione naturale alla credenza religiosa. È abbastanza consueto leggere libri di alta divulgazione scientifica (in particolare di fisica, astronomia, cosmologia e biologia) e imbattersi in ripetuti riferimenti ai problemi di Dio e della fede. Nell’ultimo ventennio, poi, sono progressivamente aumentati i saggi di scienziati famosi, come Dawkins, Dennett, Hawking, Monod, Weinberg, Atkins, Smolin e altri ancora, dedicati al problema dell’esistenza di un Creatore intelligente e nei quali si fa spesso aperta propaganda di ateismo. Le tesi dell’ateismo scientista risultano in sé abbastanza elementari e non troppo diverse dagli argomenti di sempre degli atei: l’idea di Dio è un’invenzione umana che risponde ad esigenze psicologiche, se non di potere; il mondo non ha bisogno di un Creatore per esistere; la specie umana è frutto del caso e non di un disegno prestabilito; la coscienza è un ordinario prodotto dell’evoluzione dei viventi; un Essere trascendente che permette il male o è imperfetto o è malvagio; la religione è un fenomeno naturale e non soprannaturale. Quanto c’è di nuovo è invece la pretesa che la scienza sia direttamente in grado di dimostrare la non esistenza di Dio e la falsità delle religioni. Verso questa forma di ateismo, definito “scientista” perché appunto ritiene che la scienza sia in grado di confutare l’esistenza di Dio o quantomeno di dimostrare l’irragionevolezza della fede, è in gran parte mancato un contraltare critico che affronti le questioni sollevate ponendosi allo stesso livello: quello del metodo razionale e del confronto coi risultati conseguiti dalle scienze naturali. L'illusione dell'ateismo è un volume che entra in serrato dialogo con i protagonisti di queste riflessioni, con l’intento di rispondere in modo argomentato e approfondito ai cosiddetti “atei scientisti”, partendo dalle conoscenze consolidate di scienze come la cosmologia, la fisica e la biologia, senza nel contempo trascurare di prendere in esame gli aspetti storici e filosofici dei rapporti tra scienza e fede (come ad esempio il “caso Galileo” e la questione darwiniana). Il titolo prende spunto dal volume pubblicato da Richard Dawkins qualche anno anno prima, tradotto anche in lingua italiana, al quale fu dato il titolo God’s delusion (tr. it. L’Illusione di Dio, Milano 2007). Dal punto di vista storico ci si dimentica spesso che per grandi protagonisti della scienza moderna quali Newton, Pasteur, Mendel, Maxwell, Einstein e Planck la vera illusione non è Dio, come pretenderebbe Dawkins, ma l’ateismo.