La data della nascita di Gesù è veramente il 25 dicembre? Che cosa ci permettono di accertare le scienze storiche? La coordinata che ci offre l’evangelista Luca per stabilire l’anno della nascita di Gesù è l’editto di Cesare Augusto. Quando è avvenuto? Ovvero, in quale anno del calendario romano? Non possiamo, ovviamente qui addentrarci nei dettagli su questa vicenda… Ma, anche in questo caso, si deve notare che con troppa facilità si è parlato di errore di calcolo del monaco Dionigi: egli era stato incaricato dalla Chiesa di Roma di proseguire la compilazione della tavola cronologica della data di Pasqua preparata a suo tempo in Egitto dal vescovo Cirillo Alessandrino. Dionigi però non partì dalla data d’inizio dell’impero di Diocleziano (285 del nostro calendario cristiano) – data che ancora oggi la chiesa copta adopera per il computo del suo calendario, cioè l’inizio dell’era dei martiri – ma dall’incarnazione di Gesù Cristo. Sebbene non si conosca esattamente il metodo da lui seguito, come appena detto, da molti è data per assodata la tesi che si sarebbe sbagliato, ponendo la nascita di Gesù “dopo la morte di Erode”, ovvero quattro o sei anni dopo la data in cui sarebbe avvenuta, e che corrisponderebbe al 748 di Roma. Si può dimostrare che invece non è così, perché le obiezioni mosse ai suoi calcoli non tengono conto, per esempio, che Giuseppe Flavio, al quale normalmente ci si riferisce per questa ed altre datazioni, si è sbagliato, e proprio sulla morte di Erode il Grande, in base ad un’eclissi lunare da lui ricordata. Inoltre, gli si imputa di non aver usato lo zero nel computo, cifra che a quel tempo non era stata ancora inventata.
Dionigi, in ogni caso, recepì la data del 25 dicembre che non era stata introdotta arbitrariamente dalle Chiese cristiane. Secondo Tertulliano, Gesù sarebbe nato nel 752 di Roma, 41° anno dell’impero di Augusto. Che Gesù sia nato il 25 dicembre, lo afferma con chiarezza per primo Ippolito di Roma nel suo Commento al libro del profeta Daniele, scritto verso il 204 d.C. Lo ha ricordato a tutti Benedetto XVI, nell’Udienza generale del 23 dicembre 2009. Si aggiunga un’omelia di Giovanni Crisostomo sul Natale, nel 386, in cui sostiene che la Chiesa di Roma conosceva il vero giorno (25), perché gli atti del censimento eseguito per ordine di Augusto in Giudea, si conservavano negli archivi pubblici di Roma.
I moderni strumenti di indagine permettono di collegare i dati con gli elementi astronomici che ne garantiscono la precisione; si superano così i contrasti tra mondo ebraico e cultura cristiana che possono aver condizionato gli storici, anche per il fatto che gli ebrei non avevano un calendario fisso, ma lo formulavano in base all’osservazione diretta dei vari fenomeni astrali, in specie il novilunio che determinava le feste, per far corrispondere l’anno lunare a quello solare. Ma non di rado tale calendario differiva dalla realtà astronomica (cfr G. Ricciotti, Vita di Gesù (1941), Milano 2006, p. 178ss).
Una coincidenza che potrebbe avere qualche nesso col 25 dicembre: il 25 di Casleu, nono mese del calendario ebraico, si celebra la ridedicazione del Tempio, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 a.C. (cfr 1Mac 4,59). Dunque la cronologia deve essere ricostruita comparando tavole cronologiche differenti.
Il censimento è parte della questione della storicità della data del Natale. Luca, intendendo inquadrare storicamente Gesù e la sua venuta, fornisce un’altra coordinata: comincia il suo vangelo riportando una tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana, un fatto apparentemente marginale ma storicamente verificabile dai suoi contemporanei, ancor prima del 70 d.C. Secondo l’evangelista, l’angelo Gabriele aveva annunziato al sacerdote Zaccaria, – mentre «esercitava le sue funzioni davanti a Dio, nel turno (in greco taxis) della sua classe (ephemeria)» (Lc 1,8), quella di Abia (Lc 1,5) – che la sua sposa Elisabetta avrebbe concepito un figlio. Luca rimanda pertanto ad una rotazione disposta da David (cfr. 1Cr 24,1-7.19): le 24 classi si avvicendavano in ordine immutabile nel servizio al tempio da sabato a sabato, due volte l’anno. Questo era noto tra i giudei e almeno in ambiente giudeo-cristiano.
Il turno di Abia, prescritto per due volte l’anno, cadeva dall’8 al 14 del terzo mese del calendario (lunare) ebraico e dal 24 al 30 dell’ottavo mese. Questa seconda volta, secondo il calendario solare, corrisponde all’ultima decade di settembre. In tal modo si dimostra storica anche la data della nascita del Battista (cfr. Lc 1,57-66) corrispondente al 24 giugno, nove mesi dopo. Così è anche per l’annunciazione a Maria «nel sesto mese» (Lc 1,28) dalla concezione di Elisabetta, corrispondente al 25 marzo. Dunque, quale ultima conseguenza, è storica la data del 25 dicembre, nove mesi dopo.
Nel calendario liturgico siriaco v’è il Subara, il tempo dell’annuncio, costituito da sei domeniche (v. Avvento ambrosiano) la prima dedicata all’annuncio della nascita di Giovanni al padre Zaccaria, celebrato dal calendario bizantino e dalla chiesa latina di Terrasanta al 23 settembre. Così i bizantini e i latini conservano al 23 settembre una data storica quasi precisa. Altrettanto dicasi per la data delle feste della natività del Battista, dell’annunciazione a Maria e della natività di Gesù. La liturgia della Chiesa ha fissato e commemorato queste date innanzitutto storicamente (v. la Circoncisione all’ottavo giorno dopo la nascita, la Presentazione al quarantesimo), in special modo il Natale del Signore. Che la data del Natale sia stata a volte assimilata a quella del 6 gennaio, è dovuto al fatto che il calendario bizantino ricordava un insieme di eventi epifanici (l’arrivo dei Magi, il battesimo al Giordano, le nozze di Cana), ma anche al fatto che le Chiese si comunicavano le date delle celebrazioni e avevano possibilità di verificarne l’attendibilità storica.
Luca, infatti, osserva che Gesù al momento del battesimo «stava cominciando quasi i trent’anni» (Lc 3,23): dunque un compleanno di Gesù, il trentesimo. Se Gesù è stato battezzato il 6 gennaio, in quella data trent’anni prima è nato. In origine, come ancora attestano l’oriente bizantino e il breviario romano, il 6 gennaio era la Teofania del Signore alle acque del Giordano. Una tradizione trattenuta dai Padri, ad esempio san Massimo di Torino: «La ragione esige che questa festa segua quella del Natale del Signore, perché i due eventi si verificarono nel medesimo tempo anche se a distanza di anni» (Discorso 100 sull’Epifania, 1; CCL 23,398).
Invece, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, si divulgò, da parte di liturgisti, l’idea che il 25 dicembre fosse una data convenzionale, scelta dai cristiani di Roma per sostituire il Natale del Sole invincibile, cioè una festa del dio Mitra o dell’imperatore, che cadeva intorno al solstizio invernale. In realtà, soprattutto dopo l’editto di Costantino, la Chiesa avrebbe pure potuto essere mossa dal desiderio di valorizzare qualche festa del paganesimo decadente, ma non inventare di sana pianta una data così centrale. Si pensi che nel rito bizantino la data dell’Annunciazione prende il posto della domenica e del giovedì santo, e se coincide con la Pasqua si canta metà canone – la composizione poetica propria della festa – dell’una e dell’altra.
Dunque, la memoria ininterrotta fu consacrata dalla liturgia, ma il vangelo di Luca, con i suoi accenni a luoghi, date e persone, vi ha contribuito in modo fondamentale.
Per approfondimenti, cfr. N. Bux, Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi della sua venuta nella storia, Cantagalli, Siena 2009