Con l’anno appena cominciato viviamo tutti il clima di auguri e, perché no, di desideri, che accompagna le nostre conversazioni e i nostri incontri di questi giorni. Di tutti gli abitanti del pianeta che hanno cominciato questa nuova rivoluzione intorno al sole, solo una piccola parte di essi è probabilmente al corrente dei due anniversari che segnano il nuovo Anno 2009. Eppure, si tratta di anniversari dei quali sentiremo presto, o abbiamo già sentito parlare. L’Organizzazione delle Nazioni Unite, proprio su una proposta avanzata dall’Italia nel dicembre del 2005, ha proclamato il 2009 Anno Internazionale dell’Astronomia. Al proporlo, la comunità scientifica italiana aveva preso spunto dal IV centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei, quando nel febbraio del 1609 lo scienziato fiorentino decise di dirigere verso il cielo uno strumento, il cannocchiale, da lì a poco inventato in Olanda, usato fino a quel momento per favorire gli avvistamenti a distanza sulla terra. A partire da quell’istante i nostri orizzonti, non solo astronomici, ma anche culturali e filosofici, cominciarono ad espandersi in modo imprevedibile, con una ascesa mai arrestata, che ha conosciuto accelerazioni straordinarie prima con il passaggio dalla astronomia ottica alla radio-astronomia, e poi con lo sviluppo dell’astronomia dallo spazio, con i nostri telescopi in orbita attorno alla terra, capaci non solo di estendere a dismisura quanto Galileo vedeva 400 anni fa, ma anche di rivelarci l’apparenza dell’universo in tutte quelle lunghezze d’onda che al di sotto dell’atmosfera i nostri ricevitori terrestri non sarebbero stati mai in grado di raccogliere e studiare. Avendo fatto l’astronomo per una frazione significativa della mia vita posso testimoniare che né la più sofisticata tecnologia né lo straordinario sviluppo della strumentazione e delle modalità dell’analisi dei dati, hanno mai fatto perdere a chi studia il cielo professionalmente l’emozione che Galileo provò quattro secoli fa quando si accorse che le stelle erano assai di più di quanto si poteva vedere ad occhio nudo, rivelando mondi insospettati dietro il luccichio dei grandi pianeti. Anzi, spesso è proprio questo stupore a muovere a sostenere la decisione di dedicarsi, anche professionalmente, allo studio dei corpi celesti.
Esattamente due secoli fa — e siamo al secondo anniversario del 2009 — proprio quel 9 febbraio che alcuni storici segnalano come il giorno delle prime osservazioni di Galileo, nasceva a Shrewsbury nello Shropshire Charles Robert Darwin. Il nome del naturalista inglese sarà legato a doppio filo con una nuova apertura di orizzonti, questa volta non verso l’alto, ma all’indietro del tempo, verso le origini dell’uomo e della vita sul pianeta, causando, anche in questo caso, come Galileo due secoli prima, dibattiti che investiranno necessariamente anche la sfera culturale, filosofica e perfino religiosa. L’Origine delle specie, pubblicata 150 anni fa nel 1859, e poi soprattutto l’Origine dell’uomo, pubblicata nel 1871, ci faranno capire che la nostra storia sul pianeta mostrava tratti prima insospettati, rilevandosi caratterizzata dalla lenta ascesa casuale delle morfologie, dal faticoso affermarsi delle forme più organizzate a partire da quelle più semplici, dalla lotta per la sopravvivenza e dall’estinzione. Esiste oggi una significativa parte di biologi che ritiene che i meccanismi darwiniani non siano stati gli unici a causare l’evoluzione delle specie e la progressiva diversificazione delle forme viventi, ma è fuori di ogni dubbio che questi meccanismi abbiano agito e, pertanto, essi ci obbligano a modificare, almeno in parte, la ricostruzione dei fatti. Ed è senza dubbio una ricostruzione nuova rispetto a quanto si credesse o immaginasse prima del viaggio del naturalista inglese sul Beagle.
Fra le molte cose che possono associare i due eventi vi è quella che tanto nel caso di Galileo come in quello di Darwin, l’apertura di orizzonti punta verso una ricostruzione delle origini, e quindi, indirettamente, anche a una domanda sul senso di tutto il processo, perché per un astronomo guardare più lontano vuol dire andare indietro nel tempo, leggere e ricostruire la storia passata del nostro Universo, almeno di quella sua parte che si lascia osservare. E ogni domanda sull’origine e sul senso, anche quando suscitata all’interno delle scienze, non può che generare interrogativi e confronti con le gradi risposte ai medesimi temi fornite dalle millenarie eredità della cultura umana, dalla sapienza filosofica, dalle religioni. È inevitabile perché queste sono le domande che ci interessano di più, quelle più importanti. I visitatori di questo Portale sanno bene tutto questo per tornare a metterlo adesso in evidenza e segnalarlo. L’intenzione di queste righe di commento al nuovo Anno 2009, appena cominciato, è un po’ diversa. Esse vogliono piuttosto indicare un’opportunità da non perdere. Mi riferisco all’opportunità, una volta tanto, a non restare imbrigliati nei luoghi comuni che i mass media e i dibattiti di opinione pubblica ci riproporranno lungo quest’anno: Galileo e il sant’Uffizio, progresso della scienza e oscurantismo dell’establishment religioso, verità delle scienze e ignoranza della fede, creazione oppure evoluzione, Dio o Darwin, teologia prima di Darwin o dopo di lui, Adamo o un australopitecus robustus… I documenti che i visitatori incontreranno sul Portale DISF lungo i mesi del 2009, proposti come “Speciali di Home Page” in italiano e in inglese, desiderano muoversi su un terreno più ampio, più attraente, più integrante. Accanto ai temi che toccheranno il confronto di Galileo e di Darwin con la Rivelazione cristiana e con gli insegnamenti della Chiesa cattolica — temi che evidentemente non ignoreremo e cercheremo di toccare con il consueto rigore documentale e storico che i nostri visitatori già conoscono — il nostro sito ospiterà riflessioni che cercheranno di mettere in luce la bellezza e il valore positivo di queste due “aperture di orizzonti”, recate dall’astronomia e dall’evoluzione biologica.
Non è difficile, nel caso dell’astronomia, pensare alle molteplici relazioni che l’osservazione del Cielo ha storicamente avuto con la religiosità naturale dell’essere umano e, dunque, la sua capacità di generare influssi significativi e preziosi riflessi sulla cultura umana, sulla letteratura, sull’arte, sulla musica, e perfino sui monumenti della fede cristiana. Osservazione del cielo e spirito umano sono cresciuti insieme, quasi nutrendosi a vicenda. Una eredità, questa, che l’Anno Internazionale dell’Astronomia potrebbe tornare favorevolmente a valorizzare, e ci auguriamo davvero riesca a farlo, come alcuni degli eventi organizzati a livello nazionale ed internazionale lasciano intravedere e sperare. In chiave storica e culturale si muoveranno anche alcuni eventi organizzati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che per gentile concessione ha approvato la riproduzione del logo ufficiale dell’Anno Internazionale dell’Astronomia sulla Home Page del nostro portale.
Un discorso del tutto analogo va fatto per l’anniversario darwiniano. La studio del paziente cammino evolutivo che ha condotto alla comparsa dell’Homo sapiens ha qualcosa di veramente straordinario. Come l’astronomo non nasconde il suo stupore di fronte alla bellezza del cielo stellato, anche quando per osservarlo necessita della mediazione di una buona dose di tecnologia, così ogni antropologo serio che si accosta all’origine dell’uomo resta meravigliato di fronte alla sorprendente ascesa dei mammiferi, alla progressiva complessificazione del loro sistema nervoso e del loro cervello, fino a giungere in modo unico nell’essere umano all’esplosione dell’autocoscienza, del linguaggio, della riflessione sul mondo, alla consapevolezza dell’esserci e del domandarsi. Un cammino accompagnato dalle prima timide, e poi sempre più consistenti, manifestazioni di pensiero astratto ed estetico, di arte primitiva, di religiosità. Tutto ciò non può non appassionare. Ci appassiona la nostra capacità e il nostro desiderio di volerlo ricostruire, di volerlo capire; come ci appassiona la possibilità di spaziare il cielo con strumenti sempre più perfezionati, capaci di offrire una descrizione più completa dell’universo in cui viviamo. L’occasione da non perdere è proprio riscoprire e tenere viva questa passione. Fino a quando essa non terminerà, l’essere umano sarà fedele alla sua specificità e unicità sul panorama del pianeta. Sarà fedele alla sua vocazione alla ricerca della verità. Sarà fedele alla sua misteriosa chiamata a conoscere e adorare il suo Creatore.