Ai navigatori in Internet non è certo sfuggita la crescente presenza dei siti web e di servizi di informazione, soprattutto in ambito anglosassone e più precisamente statunitense, dedicati a tematiche scientifiche in dialogo con il sapere filosofico e umanistico in genere. All’interno di questo trend, ormai affermatosi come una delle realtà che destano maggiore interesse fra quelle che si affacciano sulla piazza del villaggio globale, rivestono un ruolo particolare i siti espressamente dedicati al rapporto fra scienza e religione. Quanto accade sul web è però in fondo riflesso di quanto sta progressivamente accadendo nell’editoria e nel costume, ma anche nel dibattito culturale e perfino nelle Istituzioni di carattere universitario. L’immagine della scienza sta cambiando. Ma in quale modo? Basta entrare in una libreria, convenzionale o virtuale che sia, per rendersi conto che i testi di divulgazione scientifica affrontano sempre più diffusamente – talvolta già nei titoli di copertina – domande filosofiche, esistenziali e talvolta anche religiose. Uno sguardo, seppure frettoloso, alle pagine dell’indice analitico dei testi in lingua inglese mostrerà facilmente al lettore che il termine God si è conquistato ormai un posto fra Geometry e Grand Unified Theories, o, se si preferisce, fra Galileo e Gödel (lo stesso termine lo si potrà trovare quasi sempre, nei testi italiani, fra Determinismo e DNA...). Cosa c’è dietro tale cambiamento? È solo, in fondo, un effetto di quanto lo stesso Stephen Hawking riferiva qualche tempo fa, quando confessava che gli editori chiedevano esplicitamente la parola Dio in copertina (magari anche nel sottotitolo), per incrementare le vendite? Riteniamo di no. C’è sotto qualcosa di più profondo. Non siamo di fronte ad un semplice revival di confronti scontati che ripropongono, su opposti versanti, gli errori della conflittualità o del concordismo, ma a qualcosa di veramente nuovo. A qualcosa che, per essere più precisi, non riguarda propriamente un discorso su Dio, ma un discorso sulla scienza. I risultati delle nuove epistemologie – che hanno visto nella seconda metà del XX secolo un punto di non ritorno – hanno messo in soffitta sia le pretese di esaustività del meccanicismo e del riduzionismo ad oltranza, sia quelle di autoreferenzialità del neopositivismo logico. Complessità, olismo ed emergenza divengono oggi i nuovi paradigmi interpretativi. Il ricorso al caso come spiegazione ultima di tutto ciò che accade in natura, cede lentamente il posto ad una visione teleologica e finalistica (intendendo qui i due termini nella loro accezione meno forte, come auto-organizzazione e direzionalità), mediante la quale paiono spiegarsi meglio le forme e i processi del mondo naturale. Questa medesima visione viene oggi invocata per spiegare anche l’evoluzione fisica e perfino le condizioni necessarie per dare ospitalità, nell’universo, a questo straordinario essere intelligente che, parafrasando Blaise Pascal, pur conscio che pochi gradi di temperatura possono metterlo in crisi o distruggerlo, è al tempo stesso più grande dell’universo intero, perché capace di pensarlo e di comprenderlo, come un tutto, con la sua mente.
Ma proprio queste nuove interessanti risonanze umanistiche della scienza e talvolta la loro implicita apertura verso il mondo dello spirito, recano con sé, a nostro avviso, un rischio. Se da un lato si dà il benvenuto al superamento di un riduzionismo metodologico trasformatosi, più o meno consapevolmente, in vero e proprio riduzionismo gnoseologico e ontologico (possiamo conoscere, ovvero esiste, solo quello che tocchiamo ed è soggetto di analisi empirica), dall’altro un generico e spesso scomposto appello alle dimensioni dello spirito trova spazio nelle pieghe lasciate libere dal materialismo che si ritrae. Si cercano nuove sintesi, nuove armonie fra uomo e natura (più che fra uomo e Dio), facendo appello a quelle tradizioni di pensiero più attente al ruolo dello spirito e del divino, o forse semplicemente del sacro. Sotto il programma di All is One, caro alla New Age, nascono e rinascono, illuminate dai colori della multimedialità, proposte le cui finalità non sembrano più essere l’amore per una conoscenza rigorosa, ma solo l’emotività e il consumo. Il villaggio globale si presta così ad offrire le sue potenzialità per cercare, elaborare, proporre, sinergie inedite e spesso attraenti, ma a volte poco rispettose di quella metodologia conoscitiva, ed ultimamente scientifica, comune alle grandi tradizioni di pensiero filosofico, classiche, ma non solo occidentali, sulle quali la scienza stessa ha potuto affondare le sue radici e svilupparsi. Il dialogo fra teologia e filosofia, o fra teologia e cultura scientifica, si trasforma lentamente in un dialogo fra Religion and Science. Un dialogo di estremo interesse per i motivi prima esposti – non ultimo il fatto che proprio con il titolo di Religion and Science sono oggi attive cattedre universitarie in sedi prestigiose come Oxford, Cambridge, Princeton, Chicago o Berkeley – ma la cui efficacia dipende da cosa noi intendiamo per “religione” e “scienza”. Se questi due termini resteranno solo dei generici contenitori nei quali far rientrare ed accostare fra loro le realtà più diverse, in modo accattivante ma sincretista, senza dedicare un’adeguata attenzione alla metodologia e alla logica da impiegare, allora i rischi del concordismo e del conflitto, o più banalmente quello della superficialità, possono tornare facilmente in auge. E torna in auge anche il riduzionismo, questa volta in ambito antropologico, quando l’essere umano viene confinato ad una mera religiosità naturale, o a una percezione dello spirituale che può fermarsi soltanto al piano estetico oppure istintivo; o anche alla percezione di un logos che presieda l’ordine e l’armonia dell’universo, senza però avvertire la necessità di interrogarsi sull’Autore della bellezza o sul Volto di quel logos.
La città virtuale e la flessibilità degli accessi e delle reti di comunicazione che essa consente, può tuttavia permettere di riconoscere quanto di meglio sia espresso da quel trend, comprenderne i motivi più profondi e dare origine ad una riflessione sul nuovo che possa tramutarsi in progetto: quello di raccogliere la sfida delle recenti aperture filosofiche, epistemologiche ed antropologiche, del pensiero scientifico e porle in dialogo costruttivo con la storia della scienza, la filosofia, ma anche con la teologia, per cercare i modi con cui questi ambiti di conoscenza, nel passato e nel presente, sono entrati in feconda interazione. In un simile lavoro è necessario rivolgere l’opportuna attenzione alle forme di pensiero e di riflessione che hanno influito sulle grandi tradizioni filosofiche e religiose della terra. Fra queste occupano un ruolo singolare la tradizione ebraico-cristiana e le filosofie di istanza metafisica, per il loro programma esplicito di apertura alla trascendenza e di ricerca della verità, un programma che in ambito religioso è maturato, in diverse epoche storiche, nella proposta di sintesi coerenti fra fede e ragione, sebbene non scevre da travagli intellettuali e anche esistenziali. Ed è stata proprio la cultura ebraico-cristiana, non va dimenticato, ad aver rappresentato il primo interlocutore del pensiero scientifico propriamente detto, assumendosene tutte le conseguenze, inclusa quella di dover chiarire o anche ricucire gli eventuali elementi di conflitto, non rinunciando mai a rileggere la Rivelazione biblica sotto luci nuove, per mostrane l’accordo con le istanze della filosofia e i risultati delle scienze.
Il Portale di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede nasce per offrire un piccolo contributo a questo obiettivo, con i limiti ma anche con le speranze proprie di ogni progetto che prende avvio. Attraverso le Antologie e il materiale di Documentazione, l’Orientamento bibliografico, le voci del Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede e i servizi che progressivamente compariranno on line nei prossimi mesi, si desidera mettere a disposizione del pubblico, all’interno del quale vediamo con un interesse del tutto particolare i giovani, una risorsa che aiuti a riflettere, a scoprire qualcosa di nuovo, e magari anche a scrivere. A tutti coloro che vorranno inviarci i loro suggerimenti e il loro contributo va fin d’ora il nostro grazie. L’interesse dei visitatori e l’intelligenza dei loro commenti sarà una riprova che scienza e religione in rete non vogliono dire solo New Age.