“Tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente lecito e dunque realizzabile”: spinto dalla forte preoccupazione suscitata da una simile tesi utilitaristica, non esplicitamente enunciata ma certo non priva di riferimenti nel panorama attuale, uno dei protagonisti del dibattito bioetico contemporaneo, Hans Jonas (1903-1993) filosofo d’origine tedesca, vissuto in Inghilterra, Palestina, Canada e per lungo tempo professore negli Stati Uniti, elabora la sua riflessione e la sua proposta di un’etica applicata in questa raccolta di saggi (Technick, Medizin un Ethik. Zur Praxis des Prinzips verantwortung, 1985). Lo studioso di filosofia della natura e filosofia della tecnica, autore di altre opere come Il fenomeno della vita. Verso una biologia filosofica (1966) e Saggi filosofici. Dalla fede antica all'uomo tecnologico (1974) aveva già affrontato seriamente la tematica, anticipando e quasi prevedendo sviluppi scientifici e problemi allora quasi impensabili nell’opera precedente Il principio di responsabilità (1979) di cui quest’opera —curata da Paolo Becchi nell’edizione italiana— è un seguito importante per la dimensione pratico-esemplificativa che propone con lucidità e senza comunque mai rifiutare la tecnica o il progresso scientifico, ma cercando di suggerire una prospettiva più ampia e omnicomprensiva. La tecnica, la medicina e l’etica sono oggi tre discipline con un forte impatto non solo sul progresso scientifico e tecnologico, ma soprattutto sul futuro dell’umanità in quanto, senza una seria e profonda riflessione filosofica, etica e giuridica sulle scoperte scientifiche e le applicazioni tecnologiche, allo scopo di favorire “il bene interumano e pubblico”, secondo l’A., il rischio è la distruzione dell’umanità stessa. I saggi del filosofo offrono al lettore una chiara presentazione dei presupposti teorici del tema e delle sue conseguenze sul piano della prassi, cosa che comporta un’ampia riflessione sulla responsabilità di fronte a cui si trova oggi l’umanità. Parallelamente, l’A. esamina alcuni dei temi che suscitano i maggiori interrogativi etici e morali, come ad esempio la sperimentazione di farmaci su pazienti, la chirurgia estetica e le soluzioni eugenetiche, la definizione della morte a proposito dell’espianto di organi per trapianti, l’eutanasia. Questi temi richiedono tutti un esame etico dei valori coinvolti e una soluzione giuridica che deve necessariamente andare oltre a quelle che sono i principi propri dell’uomo di scienza, ossia la coerenza, l’intersoggettività e l’obbiettività dei risultati delle ricerche di propria competenza. L’invito dell’A. alla cautela dinanzi alle novità quotidiane e sensazionali della scienza e il forte richiamo ad una profonda riflessione interdisciplinare sull’arte medica, il suo fine e i suoi mezzi, nonché sull’integrità professionale del medico e sulla tecnica e la medicina come forme di agire moralmente giudicabili, consiste nel rispondere a tali timori salvaguardando in primis la dignità e l’integrità morale dell’uomo. È urgente cercare soluzioni non ambigue o parziali, o tanto meno fondate su visioni che comportino un appiattimento della morale sulla scienza o che considerino l’uomo soltanto “essere di natura”, e, quindi, passibile di ogni sperimentazione e manipolazione.