L’opera di Gianni Manzone, docente di Dottrina Sociale della Chiesa alla Pontificia Università Lateranense, intende affrontare la tematica dello sviluppo tecnologico dal punto di vista antropologico, ovverosia si domanda come la tecnologia influisca sulla realtà non solo pratica ma anche culturale, in quanto essa modifica la nostra rappresentazione della realtà e dell’immagine che l’uomo ha di se stesso. Quali sono quindi le ricadute sul progetto di autorappresentazione dell’umano che hanno le tecnologie? Può la possibilità di superare ogni limite diventare in sé legittima, ed ogni limite incontrato presentarsi come un ostacolo da superare e basta? Che consapevolezza abbiamo del processo conoscitivo innescato dalle tecnologie? Si tratta di domande le cui ricadute non sono solo teoriche, ma etiche e sociali. Sottolineando opportunamente la tesi della non-neutralità della tecnologia, l’A. cerca di rispondere a queste domande lungo nove densi capitoli, prendendo come punto di partenza l’insegnamento sociale della Magistero della Chiesa, interessato a «far maturare una coscienza più viva del bene che è fondamento originario di ogni impresa umana e la precede quale garanzia, data in anticipo, della possibilità del compimento dell’opera, anche tecnologica» (p. 9).