Il medico e docente universitario marchigiano Augusto Murri, nato a Fermo nel 1841 e morto a Bologna nel 1932, è stato un protagonista della storia della medicina italiana moderna. La pubblicazione di un’antologia dei suoi scritti, raccolti a cura di Massimo Baldini e Antonello Malavasi sotto il titolo di Dizionario di metodologia clinica, permette di entrare in contatto con il pensiero di un uomo che seppe affrontare i maggiori problemi connessi con l’arte medica, sia quelli di natura strettamente scientifica, sia quelli di carattere etico, fornendo indicazioni che, nonostante la distanza nel tempo, conservano un’interessante attualità. Sul piano metodologico, Murri fu un convinto assertore del metodo ipotetico, nella certezza che le ipotesi sono il motore della scienza; ma affermò pure che «mille indizi favorevoli sono nulla rispetto a uno solo inconciliabile con l’ipotesi»; e ancora: «Ipotesi, cimento sperimentale di essa, somma cautela d’illazioni: ecco il processo più fecondo di verità». Tenendo presenti queste dottrine, i curatori del volume hanno ritenuto di poter avvicinare l’epistemologia murriana a quella di Karl Popper. Murri sostenne inoltre che l’uomo di scienza non è in grado di raggiungere qualche verità ultima e definitiva («non verrà mai il giorno in cui non sia più possibile scavare ancora») e conferì al dubbio e all’errore un ruolo positivo sulla strada del sapere e della conoscenza, come si evince dalle seguenti considerazioni: «Quanto più la critica dei fatti e del giudizio è pertinace, quanto più il dubbio è insistente e molteplice, quanto più l’assenso della ragione è difficile e acuto, tanto più è valoroso il medico, tanto più diventa raro l’errore nella diagnosi». In campo religioso, Murri si collocò su posizioni decisamente agnostiche («La verità nostra non è quella che i religiosi chiamano verità, cioè un pensiero di cui non si deve dubitare»), dimostrandosi tuttavia attento alla dimensione morale della professione del medico: «La natura etica dell’ideale medico – si legge in una sua opera del 1914 – non poté essere disconosciuta mai. Ippocrate assegna al medico queste due qualità: un vero timore degli Dei e un amore disinteressato degli uomini. Gli Dei d’Ippocrate sono fortunatamente spariti, ma gli uomini restano e aspettano aiuto». In tal modo, Murri si palesa purtroppo come uno scienziato chiuso di fronte alla Trascendenza, interprete di uno spirito ottocentesco animato da grande filantropia ma privo di un riferimento ai motivi ultimi del servizio all’uomo.