Salvare i fenomeni. Saggio sulla nozione di teoria fisica da Platone a Galileo

È questa la versione italiana, a cura di Francesco Bottin, dell’opera Sozein ta phainomena. Essai sur la notion de théorie physique de Platon à Galilée, pubblicata nel 1908 da Pierre Duhem (1861-1916), considerato dalla maggior parte degli specialisti fra i più importanti storici della scienza dell’epoca contemporanea. L’autore espone in questo lavoro l’evoluzione della cosmologia in base all’esigenza, espressa nelle varie epoche, di escogitare teorie che dessero ragione dei fenomeni celesti osservati. L’opera inizia con la trattazione della concezione platonica di un’astronomia che doveva giustificare le apparenze dal punto di vista del calcolo. Dopo l’illustrazione dell’astronomia “fisica” di Aristotele, Duhem indica il percorso che ha condotto alla compilazione dell’Almagesto di Claudio Tolomeo (100-178), ben presto divenuto l’emblema dell’astronomia esclusivamente matematica. Lo storico francese continua la trattazione mettendo in evidenza le modeste varianti all’Almagesto apportate dagli astronomi arabi, alcuni dei quali hanno tentato di rendere reali le traiettorie escogitate da Tolomeo. All’interno della cultura araba, la critica al sistema tolemaico avanzata da Averroè (1126-1198) venne integrata da Alpetragio, che propose un sistema che doveva corrispondere alla realtà e fondato sul modello omocentrico aristotelico. Nel Medioevo cristiano diverse furono le opposizioni al sistema tolemaico, come nel caso di Tommaso d’Aquino, anch’egli fedele al modello di Aristotele, che si distanziava non poco dal sistema proposto da Tolomeo, sebbene quest’ultimo avesse una maggiore capacità predittiva. Queste problematiche furono ereditate dagli astronomi e filosofi naturali del periodo umanistico e rinascimentale. Durante quest’epoca, vi furono tentativi di riproporre l’astronomia omocentrica; tra questi si distinse l’attività degli averroisti dell’università di Padova e di Alessandro Achillini. Da parte sua, Niccolò Cusano ribaltò la tradizionale divisione tra mondo celeste e terrestre, postulando una nuova distinzione tra una scienza delle essenze ed una delle cause fisiche contingenti; solo il secondo tipo di scienza, nella speculazione cusaniana, è alla portata della mente umana. Con Copernico inizia la svolta dell’astronomia moderna e non solo per l’affermazione del nuovo sistema planetario. L’astronomia specificamente matematica dell’astronomo polacco è fondata su ipotesi fisiche reali, come esplicitamente dichiarato nella dedica della sua opera al Papa Paolo III. Paradossalmente, il De Revolutionibus Orbium Coelestium andò alle stampe con una prefazione del teologo luterano Andrea Osiander, nella quale veniva rivendicato il solo valore di calcolo dell’ipotesi eliocentrica. Fu, questa, una linea sostenuta da molti astronomi successivi; tra di essi Duhem cita E. Reinhold, il compilatore delle Tavole Pruteniche, calcolate proprio in base alle teorie di Copernico. Anche il papa Gregorio XIII, al momento della riforma del calendario varata nel 1582 e fondata proprio sui contenuti di queste tavole, non credeva certo che il moto della Terra corrispondesse alla realtà. Con Tycho Brahe, Cristoforo Clavio, Keplero e Galilei, si affermò decisamente la via dell’astronomia realista. È proprio nell’attività dello scienziato di Pisa che si trova il tentativo più evoluto, anche se non riuscito, di voler trovare negli studi sul moto le prove fisiche del copernicanesimo. L’attenzione dedicata alla vicenda galileiana porta Duhem ad avanzare la famosa tesi, certamente controcorrente, che dal punto di vista epistemologico la posizione di Osiander e Bellarmino era più conforme alla logica scientifica di quanto non lo fosse la difesa del sistema eliocentrico in mancanza di prove apodittiche. Duhem fonda questo giudizio in base alla filosofia scientifica dominante all’inizio del ventesimo secolo che inquadrava buona parte della fisica come un insieme di soluzioni matematiche escogitate, appunto, per “salvare i fenomeni”.