Il testo di Arthur Koestler, scrittore e filosofo ungherese, è un noto saggio sulla storia della scienza. Il nucleo del testo ripercorre le vite di Copernico, Brahe, Keplero e Galilei. L’A. le narra in modo suggestivo con dovizia di particolari, ricostruendo di questi il carattere, i sentimenti, le passioni, le debolezze. Essi si stagliano così con tutta la loro umanità sullo sfondo del contesto storico, politico e religioso, in cui si trovarono a vivere. I "sonnambuli" sono proprio loro, gli artefici della rivoluzione scientifica del XVII secolo, per opera dei quali in poco più di un secolo la concezione della scienza e il suo rapporto col sapere umano furono trasformati radicalmente. Collegando l'indagine scientifica con le esperienze di vita di ognuno di loro, l'autore mostra che essi non furono infallibili macchine pensanti, ma prima di tutto persone, con un volto e una personalità, che, profondamente condizionate dalle concezioni religiose e metafisiche, si avventurano sul confine misterioso del nuovo, camminando non su una strada maestra, liscia e senza inciampi, ma piuttosto su un terreno incerto e scivoloso, guidati da improvvise intuizioni, in una faticosa ricerca, quasi a tastoni, piena di cadute e di ritorni indietro. La precedente esperienza dell'umanità, cui è dedicata la prima parte dell’opera, era fondata su una visione unitaria dell'universo, dove la religione aveva contribuito al progredire della conoscenza umana. Nel XVII secolo non solo si impone la separazione tra religione e scienza, ma il sapere stesso si frantuma: si sviluppano in modo isolato diversi rami di conoscenza e di comportamento, che guidano ognuno a rigide ortodossie, a specializzazioni unilaterali, a ossessioni collettive. Nello stesso tempo si assiste però a "riconciliazioni impreviste, a nuove sintesi nate da una frammentazione apparentemente senza speranza". In questa mescolanza si è creata la visione dell'universo nella quale ancor oggi ci muoviamo. Il testo di Koestler è noto, infine, per una interpretazione del caso Galileo che segue da vicino al tesi di Duhem, ovvero l’idea che Bellarmino e i teologi avessero una visione scientifico-epistemologica più profonda di quella dello scienziato pisano, e che lo scienziato pisano avesse invece una visione più corretta di loro nelle questioni esegetiche. Sebbene attraente, tale tesi risulta oggi poco fondata. Il volume è ricco di note bibliografiche e si presta a diversi livelli di lettura: uno più diretto, adatto ad un pubblico ampio; un’altro, più adatto allo studioso specialista, che può ripercorrere, attraverso le note, l'itinerario di ricerca compiuto dall'autore.