Questo studio di Alexandre Koyré possiede un grande rilievo dal punto di vista della storia della filosofia e della teologia della natura. L’A. passa in rassegna i grandi problemi che emergono nei diversi pensatori del Rinascimento e dell’epoca moderna, da Cusano a Newton: il problema dell’infinito come concetto filosofico e quello della sua attuazione fisica nell’infinità del cosmo; e quindi il problema dell’infinità dello spazio che si prepara a divenire lo spazio assoluto di Newton, con i suoi attributi divini; il problema dell’azione causale di Dio sull’universo, intesa sempre più meccanicisticamente e, quindi, sempre meno necessaria dopo l’ “avvio iniziale” della macchina del mondo. L’infinità dell’universo viene mostrata come concettualmente inseparabile dal principio d’inerzia, che richiede un moto rettilineo infinito e quindi un universo aperto, piuttosto che un moto circolare e un universo chiuso come quello aristotelico. L’assolutezza dello spazio fisico e materializzato sarà inseparabile dall’eternità della materia intesa come divinizzata e autosufficiente. Il meccanicismo della concezione di causalità (intesa solo come causa del divenire e non più dell’essere e della sua conservazione ) tende a rendere sempre meno significativa l’azione di Dio, che scompare nelle origini e diviene addirittura inutile se la materia è eterna. Sarà piuttosto la più recente cosmologia einsteiniana a riavvicinarsi alla concezione aristotelica e medioevale. Ma questo va oltre l’oggetto di questo libro e L’A. ne tratterà altrove.