Pubblicato per la prima volta in ebraico nel 1954, questo studio del fisico Shmuel Sambursky (1900-1990) si colloca in un momento storico importante per l’affermarsi di uno specifico interesse verso la scienza antica nei suoi aspetti sia generali che prettamente storiografici (sono gli anni di Mugler, Neuegebauer, Guthrie, De Santillana ai quali seguiranno gli anni di Lloyd, Geymonat, Dicks, Van der Waerden). Il volume, che ha avuto numerose riedizioni, sviluppa una sua originale visuale: finalità di Sambursky è espressamente quella di “ripensare” la fisica greca (“fisica” nel senso generalissimo di “scienza della natura”) per far emergere la serietà e la dignità dei risultati degli antichi e farla dialogare con la scienza moderna, per renderla comprensibile anche alla sensibilità contemporanea. L’approccio adottato è più teoretico che filosofico, in quanto il volume si articola in vari capitoli volti a esaminare: 1) la metodologia dell’approccio fisico dei Greci (concetto di esperienza, individuazione di poche cause per un’ampia gamma di fenomeni, riduzione di qualità e quantità, rilievo di simmetrie, uso di modelli meccanici); 2) il concetto di numero e suo impiego per la descrizione della natura (rimarcando profondamente la distinzione tra l’ispirazione pitagorica e quella platonica); 3) l’astronomia, nella triplice attenzione alle misurazioni astronomiche, allo sviluppo di modelli geometrici per spiegare i movimenti degli astri e al calcolo delle dimensioni cosmiche; 4) la cosmologia aristotelica, come sviluppo di una teleologia; 5) il mondo dell’atomo e 6) il mondo del continuo, rilevando come queste problematiche furono sviluppate in un quadro principalmente gnoseologico e fisico; 7) il concetto di legge come esplicitazione dell’interdipendenza dei fenomeni e della legge della causalità, e al contempo occasione per riflettere su fato e libertà; 8) le cosmogonie, con la valutazione dei diversi presupposti filosofici; 9) l’astrofisica nei suoi esordi, individuati in Plutarco e in Seneca; 10) la valutazione dei limiti della scienza greca, tra i quali quello di non saper valutare in giusta misura la ripetizione dei fenomeni fisici non periodici (precludendosi la strada allo sviluppo del calcolo della probabilità e della statistica). Il volume sortisce l’importante effetto di riavvicinare lo studioso di fisica ai contenuti della filosofia della natura, al mostrare che fra le due discipline, pur nella distinzione metodologica realizzatasi a partire dal XVII secolo, esiste una notevole continuità, che riapre nella scienza contemporanea il dibattito sul problema dei suoi fondamenti, non solo epistemologici, ma anche ontologici.