L’A., docente di Storia e Filosofia delle Scienze all’Indiana University, intende con questo volume rivedere alcune tesi presenti in un’altra sua opera, pubblicata venticinque anni prima, intitolata La scienza nel Medioevo (Il Mulino, Bologna 1983). Nel libro precedente Grant seguiva la tesi secondo cui nessuna relazione legherebbe la cultura medievale e lo spirito scientifico moderno, in quanto la scienza galileiana nacque da quella che un altro illustre studioso, Thomas Kuhn, definirebbe una “rivoluzione”, un mutamento del “paradigma normale”, che segnò un distacco netto dalla tradizione del passato. In questa opera l’A. sembra voler correggere tale tesi, riconsiderando l’interpretazione proposta, agli inizi del secolo scorso, dal fisico e storico della scienza Pierre Duhem, secondo cui proprio nell’opera di alcuni pensatori medievali sarebbero state gettate le basi che porteranno alla Rivoluzione scientifica di epoca moderna. Ma in quali elementi vanno ricercati allora i legami tra la tradizione medievale e la scienza di Galileo, Keplero, Cartesio, Newton? In maniera chiara ed esauriente l’A. descrive i contributi che alcuni pensatori medievali apportarono a problemi che interesseranno anche gli scienziati moderni; in alcuni casi i legami sono sorprendenti e smentiscono alcuni luoghi comuni della storia della scienza: tanto per fare un esempio, il celebre “teorema della velocità media”, tradizionalmente attribuito a Galileo, si trova già dimostrato in un testo di Nicola Oresme, datato 1350. Tuttavia, secondo Grant, non è tanto nell’ambito di questi problemi specifici che vanno ricercate le origini medievali della scienza moderna, anche perché, in molti casi, non è possibile dimostrare la derivazione diretta di certe teorie moderne dai loro, pur notevoli, antecedenti medievali. I veri prerequisiti che, sorti a partire dal secolo XII, resero possibile la Rivoluzione scientifica furono: a) Le traduzioni in lingua latina dei testi di filosofia naturale arabi e greci; b) la nascita delle università e lo sviluppo degli studi ad esse collegati; c) l’atteggiamento dei teologi dell’Occidente latino i quali, a differenza degli islamici e dei greco-ortodossi, non ritennero che la filosofia naturale rappresentasse un pericolo per la fede, ma, al contrario, che essa fosse “un requisito essenziale per una giusta comprensione della teologia”. L’importanza attribuita alla filosofia naturale nell’Occidente cristiano stimolò così il dibattito intorno almetodo di conoscenza della natura, portò alla definizione di un linguaggio scientifico, e di una serie di questioni scientifiche che rimasero sostanzialmente le stesse che su cui si confronteranno gli scienziati del XVII secolo.