Il libro raccoglie una selezione delle conferenze tenute da Ludwig Boltzmann (1844-1906) tra il 1886 e il 1904, pubblicate con il titolo di Populäre Schriften nel 1905 a Lipsia. Questi discorsi pubblici offrono al lettore —al quale si richiede, per una migliore comprensione di alcuni capitoli prettamente scientifici, una conoscenza dei principi basilari della fisica matematica— l’opportunità di conoscere a fondo il pensiero del grande scienziato austriaco, la sua visione della scienza, della filosofia, della vita e del mondo. Boltzmann ritiene il meccanicismo, ed in particolare il darwinismo, capaci di spiegare in maniera esauriente i vari aspetti della realtà, e l’uomo nella sua complessità di fenomeni fisici, sociali e psichici. «Il dio per la cui grazia regnano i re —egli afferma— è la legge fondamentale della meccanica». Egli ritiene che lo stesso cervello, attraverso il quale noi formuliamo le nostre immagini del mondo, si sia creato in accordo con la teoria della selezione naturale darwiniana, proprio a causa della grande utilità di tali immagini per la conservazione della specie umana. La ricchezza umana di sensazioni, ricordi, relazioni e inclinazioni, sarebbe in qualche modo un mero risultato del processo evolutivo. Nelle sue riflessioni pubbliche l’A. non mancherà di affrontare, anche se brevemente, il tema dell’esistenza di Dio: «Certamente è vero che solo un pazzo nega l’esistenza di Dio, ma è altrettanto giusto dire che tutte le nostre idee di Dio sono solo antropomorfismi insufficienti e che quindi ciò che è da noi immaginato in questo modo come Dio non esiste. Se dunque uno afferma di essere convinto dell’esistenza di Dio e un altro sostiene che non crede in Dio, forse senza sospettarlo, entrambi pensano proprio la stessa cosa. Non dobbiamo chiedere se Dio esiste, finché non riusciamo a immaginare qualcosa di determinato da associare a tale concetto; chiediamoci, piuttosto, attraverso quali idee possiamo avvicinarci al sommo concetto che racchiude tutto in sé». Da queste considerazioni non possiamo tuttavia trarre conclusioni chiare circa la fede di Boltzmann in un Dio personale, ma rintracciamo nel suo discorso delle sfumature di carattere agnostico. Più interessante è invece la sua posizione nei confronti della religione generalmente intesa. Partendo da una concezione descrittiva della scienza —«il compito della scienza è di spiegare ciò che è più complicato partendo da ciò che è più semplice; o, se si preferisce, rappresentarlo chiaramente attraverso immagini prese dal campo di fenomeni più semplici»— e della teoria —«ritengo che compito della teoria sia costruire un immagine del mondo esterno che esiste solo in noi, che ci serva da guida in tutti i nostri pensieri ed esperimenti»— Boltzmann conclude che le scoperte scientifiche non possono costituire un pericolo per la fede: «Così viene a cadere anche l’obiezione che forse verrà sollevata contro i miei ragionamenti per cui essi andrebbero contro la religione. Non c’è niente di più sbagliato del mettere in comunione i concetti religiosi , che poggiano su basi molto diverse e molto solide, con le immagini soggettive e vacillanti che ci facciamo delle cose esterne. Io sarei l’ultimo a formulare le opinioni precedentemente enunciate, se celassero un qualche pericolo per la religione. Ma so per certo che verrà un tempo in cui ognuno comprenderà che esse sono irrilevanti per la religione tanto quanto la questione se la terra stia ferma o giri intorno al sole». Il volume rappresenta uno dei pochi luoghi che consentono di ricostruire il pensiero religioso di Boltzmann, scienziato sicuramente dotato di grande finezza intellettuale, soprattutto per quanto riguarda i suoi contributi alla fisica teorica, ma la cui visione antropologica resta alquanto riduttiva e lontana da quella trasmessa da suoi illustri contemporanei e fisici teorici come lui, quali furono ad esempio Maxwell e Planck.