Il linguaggio di Dio. Alla ricerca dell´armonia fra scienza e fede

Francis Collins è conosciuto soprattuto come direttore del Human Genome Research Institute, l'istituzione pubblica che nel 2005 ha presentato la sequenza del DNA umano. In quest'opera unisce con destrezza riferimenti autobiografici e una seria riflessione sull'armonia tra scienza e religione. Fin dall'inizio l'autore indica chiaramente l'obiettivo che si propone: provare che il “credere in Dio” può essere una scelta razionale che non contraddice le convinzioni di chi si occupa si ricerca scientifica. Nell'ultima parte del libro l’A. si rivolge ai credenti che temono che la scienza possa allontanare da Dio, segnalando invece che, tra le varie concezioni del mondo, l'ateismo è probabilmente la meno razionale. Nella prima parte (capitoli 1 e 2), Collins espone con franchezza ed incisività il proprio cammino dall'agnosticismo e dall'ateismo fino alla fede in Dio. In un secondo momento presenta le obiezioni che personalmente pose all'esistenza di Dio e come poco a poco scopriva che altri prima di lui si erano già trovati davanti alle stesse difficoltà e avevano cercato di dare una risposta soddisfacente. Nella seconda parte (capitoli 3, 4 e 5), l’A. riflette sulle grandi questioni dell'esistenza umana: l'origine ed il senso dell'universo e della vita, inclusa la vita umana. Come naturale, dedica molte pagine alla storia del progetto genoma umano e alle sorprese che produsse la sua decifrazione. Nel capitolo dedicato all'origine della vita e alla diversificazione delle specie viventi, considera l'evoluzione biologica come un fatto, ma al tempo stesso riconosce che non abbiamo ancora una spiegazione scientifica soddisfacente sull'origine della vita. Nella terza parte (capitoli dal 6 all'11), dopo un capitolo generale dedicato alla Genesi, Galileo e Darwin, l’A. analizza quattro possibili risposte al problema della compatibilità-incompatibilità tra evoluzione e fede in Dio. Fra queste offre una personale analisi dell’Intelligent design e delle obiezioni ad esso mosse. La risposta sostenuta personalmente dall'A. è quella che lo studio della vita (bio) consente di riconoscere la presenta di una razionalità che lo scienziato scopre e non pone (logos). Il suggerimento del BioLogos non pretende essere una teoria scientifica: non propone Dio per riempire i buchi che la scienza non riesce a spiegare, ma un’idea di Dio che risponde alle domande cui l'autentica scienza non ha mai preteso rispondere: come è arrivato in essere l'universo? Qual è il senso della vita? Parafrasando la nota frase "Il Dio di Abramo e di Isacco è il Dio dei filosofi", l’A. afferma: "Il Dio della Bibbia è anche il Dio del genoma" (p. 216). Si tratta di un libro che merita attenzione: di lettura gradevole, ameno e incisivo, scritto con il desiderio di dialogare con il lettore. Un'opera che mantiene magistralmente sveglio l'interesse proponendo domande che interpellano e muovono a riflettere.