Il volume di Jean Marie Aubert (n. 1916), sacerdote e professore di teologia morale prima all’Institut Catholique di Parigi e in seguito alla Facoltà di teologia cattolica all'Università di Strasburgo, pubblicato nel 1965, è un testo classico di riferimento ed ha probabilmente rappresentato uno degli ultimi manuali di Cosmologia filosofica, ovvero di Filosofia della natura, secondo l’impostazione che tale materia aveva fino a pochi decenni fa, debitrice soprattutto all’impianto tomista, prima di essere quasi completamente assorbita dalla Filosofia della scienza. Eppure, sulla necessità di una materia come questa, valgono le osservazioni del matematico Hadamard, citato da Aubert, che aveva già notato nel 1926: “Siamo dinanzi a uno strano fenomeno senza precedenti nella storia del pensiero: una scienza giunta allo stato positivo è intenta a fare il cammino a ritroso e a ritornare allo stato metafisico” (p. 9); poco dopo viene richiamata l'opinione di un altro studioso, P. Chauchard: “la scienza […] è tuttavia incapace a farci comprendere la vera natura del mondo. È questo il compito tecnico del filosofo, sempre necessario qualunque sia lo sviluppo della scienza. Una visione del mondo è oggi sintesi di due punti di vista diversi, la fenomenologia scientifica e la cosmologia del metafisico che occorre saldare in unità coerente” (p. 10). È la stessa scienza dunque — conclude l'A. — che richiede più che mai una filosofia della natura intesa come “riflessione metafisica sul mondo corporeo” in cui l’uomo, nella sua unità e unicità, è inserito. Nell’accingersi a delineare il percorso storico-filosofico e i nodi concettuali propri della filosofia della natura, l’A. chiarisce anzitutto che è preferibile abbandonare il termine “cosmologia” (richiama alla memoria la cosmologia come intesa dal metafisico Wolf e oggi è intesa come disciplina scientifica che si occupa della fenomenologia globale dell’universo). L’A. propone un modello di filosofia della natura come “propedeutica ad una filosofia cristiana” — come indicato nel sottotitolo dell’edizione originale francese — e come visione che favorisca una comprensione più ampia e profonda del mondo in cui l’uomo vive. Ogni scienza della natura è infatti scienza dello spirito e soltanto attraverso le due esperienze - umana e scientifica - è possibile cogliere “l'unità dell'uomo reale collocato in situazione nel mondo” (p. 8). Il manuale è articolato in maniera semplice e chiara: nella I parte si presenta il dialogo dell’uomo con la natura così come è sorto nell’antichità e poi nel medioevo, con particolare attenzione alla sintesi di Aristotele e poi a san Tommaso d’Aquino e alla sua integrazione con la visione cristiana del mondo (capp. I-II). Nella II parte si analizzano il percorso e i cambiamenti avvenuti nei tempi moderni, con la nascita della scienza (secoli XVII-XIX), e successivamente il processo di “ominizzazione della natura”, in cui l’uomo ha preso graduale consapevolezza del suo ruolo e del suo rapporto con la scienza verso la natura, avvenuto nella rivoluzione del XX secolo, attraverso il neopositivismo, le scoperte scientifiche (teoria dei quanti e relatività) e la successiva crisi epistemologica della scienza. La III ed ultima parte, di indole maggiormente teoretica, propone in modo sistematico una filosofia della natura attuale. Dapprima essa si deve volgere verso “un mondo da interrogare”, secondo i livelli di incontro e d’intelligibilità della natura (cap. V), poi da “comprendere” (cap. VI) nelle sue strutture fondamentali secondo la natura dell’ente fisico e infine, come risultato, “da trasformare” nella sua totalità (cap. VII). Le conclusioni dell’A. sono centrate sull’uomo come “filosofo della natura” che, parte egli stesso dell’universo e della materia che diviene vita, è chiamato a promulgare l’opera creatrice di Dio, in quanto la sua missione non è di “sola contemplazione estetica del suo mirabile ordine, ma chiamata obbligatoria ad un’azione incessante, austera, e diretta in tutti i sensi e verso tutti gli aspetti della vita” (p. 430). Il compito proprio dell’uomo è quindi quello di trasformare la natura attraverso il proprio lavoro e la tecnica, umanizzandola, impregnandola di spirito, dandole in definitiva “una maggiore somiglianza con Dio”.