Fede e cultura. Antologia di testi del Magistero Pontificio da Leone XIII a Giovanni Paolo II

L’antologia, pubblicata nel XXV anniversario di Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, introduce il lettore in un ricco percorso storico attraverso cui, sulla base di documenti scelti, da Leone XIII ai nostri giorni – per un’estensione di ben 113 anni di Magistero, dal 1890 al 2003, con un totale di 1266 testi selezionati –, si può comprendere in modo accurato e documentato, la visione della Chiesa contemporanea sulle relazioni del cattolicesimo con le molteplici culture. Grazie in particolare ai suoi indici sistematico e tematico in ordine alfabetico, e all’elenco dei documenti divisi per papati in ordine cronologico, è possibile seguire non solo l’attenzione pastorale rivolta a questo tema, ma anche l’evolversi della stessa idea di cultura (e di culture) nell’arco di oltre 100 anni. Il volume manifesta assai bene come il linguaggio dei Papi abbia seguito tutto lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa: televisione, radio, stampa, cinema, internet. Gli interventi del Magistero affrontano molteplici ambiti: il binomio comunicazione-cultura in relazione alla morale cristiana, il legame tra cultura e famiglia, la cultura della vita, la questione sociale ed il rapporto con le dottrine economiche e politiche, le relazioni internazionali, il rapporto fra scienza e religione. Lo sviluppo dell’idea di cultura ne risulta ben delineato: dal primo concetto di cultura come civiltà, in Leone XIII (Enciclica Sapientiae cristianae, 1890), al concetto di cultura inteso come relazione dell’uomo con il mondo e con Dio, in senso antropologico, a partire da Pio XII fino a Giovanni XXIII. Si riportano inoltre gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, ove il tema sarà esplicitamente approfondito dalla Gaudium et spes dedicando ad esso una specifica sezione. In tutto il Concilio, la parola “cultura” comparirà 91 volte. Nella Populorum progressio (1967) e nella Evangelii nuntiandi (1975), Paolo VI parla per la prima volta di cultura cristiana come “civiltà dell’amore” – introducendo una terminologia che sarà più volte ripresa da Giovanni Paolo II. Nella Humanae vitae (1968) pone l’attenzione al problema dell’evangelizzazione come diffusione di una civiltà dell’amore basata sulla difesa della dignità umana ed il rispetto della vita e delle dinamiche pienamente umane della sua trasmissione. Giovanni Paolo II insisterà sulla cultura come bene inalienabile e costitutivo dell’umanità (Discorso all’Unesco, 1980), parlando poi a lungo di evangelizzazione della cultura, incontro delle culture, e inculturazione del Vangelo quale primo fermento di cultura. La Chiesa, prendendone coscienza, ha la responsabilità di difendere le culture umane e di purificarle, rivelando la loro apertura verso lo spirito e l’Assoluto. Essa ha grande rispetto per le culture, la loro diversità e la loro ricchezza, ma in un’ottica morale, e con uno sguardo critico che pone al centro il rispetto della persona e dei suoi valori cristiani: condanna infatti tutte le contro-culture della morte, ossia tutte quelle correnti che negano la vita e la possibilità di un progresso autenticamente “umano”. Creando il Pontificio Consiglio della Cultura nel 1982, Giovanni Paolo II ricordava a tutta la Chiesa una delle sue più profonde convinzioni al riguardo: “una fede che non diventa cultura”, egli ebbe ad affermare, “è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”.