Nell’epilogo della sua opera più famosa, Il fenomeno umano, dopo aver esposto la dinamica che dall’origine della vita conduce fino all’apparizione dell’uomo secondo una irresistibile ascesa dalla cosmogenesi verso la noosfera, ambiente dell’intelligenza e dello spirito, Teilhard de Chardin mette in luce come il “fenomeno cristiano” — ossia la dottrina basata sulla legge della carità e della fratellanza che fa dell’umanità una sola famiglia, e che presenta Cristo-Logos come centro e fine della storia — rappresenta in maniera soprendente il compimento dell’umano e il coronamento dell’universo, conducendo a pienezza la storia del cosmo e rivelandone il senso ultimo.
1. Essenza del credo cristiano
A coloro che lo conoscono solo dall'esterno, il cristianesimo appare come una selva talmente folta da scoraggiare chi volesse addentrarvisi. In realtà, considerato nelle sue linee principali, esso contiene una soluzione del mondo estremamente semplice e di una sorprendente arditezza.
Al centro s'impone l'affermazione intransigente di un Dio personale, in modo così apparente da sconcertarci: Dio-Provvidenza, che guida l'universo con sollecitudine, e Dio-Rivelatore, che si comunica all'uomo sul piano ed attraverso le vie dell'intelligenza. Non mi sarà difficile, dopo tutto ciò che ha detto, far sentire tra breve il valore e l'attualità di questo personalismo tenace, considerato ancora, non molto tempo fa, come superato e condannato. Ciò che importa qui è di sottolineare come tale atteggiamento faccia posto e si unisca senza sforzo, nel cuore dei fedeli, a quanto vi è di grande e di sano nell'Universale.
Considerato nella sua fase giudaica, il cristianesimo ha potuto ritenersi religione particolare di un popolo. Più tardi, sottoposto alle condizioni generali della conoscenza umana, ha potuto immaginarsi il mondo circostante assai più piccolo di quanto non fosse. Per lo meno, appena costituito, ha sempre tentato di inglobare nelle sue costruzioni e nelle sue conquiste la totalità del sistema che riusciva a rappresentarsi.
Personalismo ed universalismo. Sotto quale forma queste due caratteristiche hanno trovato il mezzo di unirsi nella sua teologia?
Per ragioni di praticità, e forse anche per timidezza intellettuale, la Città di Dio è troppo sovente descritta, nei libri di spiritualità, in termini convenzionali e puramente morali. Dio e il mondo che Egli governa: una vasta associazione di essenza giuridica concepita sul modello di una famiglia o di un governo. Ben altra è la prospettiva di fondo alla quale si alimenta e dalla quale scaturisce sin dalle origini la linfa cristiana. Per un falso evangelismo, si crede spesso di onorare il cristianesimo riducendolo ad una qualche dolce filantropia. Significa capir nulla dei suoi “misteri” non vedervi la più realistica e la più cosmica delle fedi e delle speranze. Una grande famiglia, il regno di Dio? Sì, in un certo senso. Ma anche, in un altro senso, una prodigiosa operazione biologica, quella dell'Incarnazione redentrice.
Creare, completare e purificare il mondo, come già leggiamo negli scritti di Paolo e di Giovanni, ha per Dio il significato di unificarlo unendolo organicamente a sé. Ora, come procede per unificarlo? Si immerge parzialmente nelle cose, si fa “elemento” e, successivamente, grazie al punto di appoggio trovato interiormente nel cuore della materia, assume la direzione e si mette alla testa di ciò che noi, ora, chiamiamo l'evoluzione. Principio di universale vitalità, il Cristo, per il fatto di essere sorto uomo tra gli uomini, si è messo in posizione di poter piegare — e da sempre sta difatti piegando — sotto il suo dominio, epurandola, dirigendola e superanimandola, l'ascesa generale delle coscienze nella quale si è inserito. Mediante una perenne azione di comunione e di sublimazione, Egli si aggrega l'intero psichismo della terra. E allorché avrà in questo modo radunato tutto e trasformato tutto, raggiungerà in un gesto finale il Focolaio divino dal quale non è mai uscito, e si racchiuderà così su se stesso e sulla sua conquista. E allora, dice San Paolo «non ci sarà più che Dio, tutto in tutti». Forma superiore di “panteismo” [cfr. Col 3,11: ev pãsin Christós ; 1Cor 15,28: o Theòs tà pánta en pãsin ], in verità, senza traccia avvelenata di mescolanza né di annientamento. Attesa di perfetta unità, nella quale, per il fatto stesso della propria immersione, ogni elemento troverà, contemporaneamente all'universo, la sua consumazione.
L'universo che si compie in una sintesi di centri, in perfetta conformità con le leggi dell'unione. Dio, Centro di centri. In questa visione culmina il dogma cristiano. Ciò s'inquadra così esattamente e così bene con il Punto Omega che probabilmente non avrei mai osato prospettarne o formularne razionalmente l'ipotesi se, nella mia coscienza di credente, io non ne avessi trovato, non solo il modello speculativo, ma la realtà vivente.
2. Valore esistenziale
È relativamente facile costruire una teoria del mondo. Ma forzare artificialmente la nascita di una religione supera le possibilità individuali. Platone, Spinoza, Hegel hanno potuto sviluppare prospettive che gareggiano per ampiezza con quelle dell'Incarnazione. E tuttavia nessuna di queste metafisiche è riuscita a superare i limiti dell'ideologia. L'una dopo l'altra, forse sono state capaci di illuminare gli spiriti, ma senza riuscire mai a generare la vita. Ciò che, per il “naturalista”, costituisce la importanza e l'enigma del fenomeno cristiano, è il suo valore esistenziale e la sua realtà.
Il cristianesimo è una realtà in primo luogo per l'ampiezza spontanea del movimento che è riuscito a creare nell'umanità. Rivolgendosi a tutto l'uomo ed a tutte le classi di uomini, esso ha di colpo preso posto tra le correnti più vigorose e più feconde sinora registrate dalla storia della Noosfera. Sia che vi si aderisca, sia che ci si separi da lui, non si può far a meno di riconoscere da per tutto sulla terra moderna il suo segno ed il suo persistente influsso.
Valore quantitativo di vita, certamente, commisurato alla grandezza del suo raggio di azione. Ma soprattutto, devo aggiungere, valore qualitativo che si esprime, come nel caso di ogni progresso biologico, con la apparizione di uno stato di coscienza specificamente nuovo.
Ed io penso qui all'amore cristiano. L'amore cristiano: cosa incomprensibile per coloro che non lo hanno gustato. Che l'infinito e l'intangibile possano essere amabili; che il cuore umano possa battere per il prossimo con autentica carità: ecco un qualcosa che a molte persone che io conosco sembra semplicemente impossibile, e quasi mostruoso. E tuttavia come dubitare che, fondato o meno su un'illusione, un tale sentimento esista, e che sia persino anormalmente potente?
Basta registrare brutalmente i risultati che questo sentimento produce incessantemente attorno a noi. Non è forse un fatto positivo che, da venti secoli, migliaia di mistici hanno attinto dalla sua fiamma ardori talmente appassionati da lasciare di gran lunga dietro di sé, per intensità e purezza, gli slanci e le devozioni di un qualsiasi amore umano? Non è forse ben reale anche il fatto che, per averlo provato, altre migliaia di uomini e di donne rinunciano ogni giorno ad ogni altra ambizione e ad ogni altra gioia per poter abbandonarvisi laboriosamente sempre di più? E non è infine un fatto — e questo posso garantirlo io — che, se l'amore di Dio venisse a spegnersi nell'anima dei fedeli, l'enorme edificio di riti, di gerarchie e di dottrine che è rappresentato dalla Chiesa ricadrebbe istantaneamente nella polvere dalla quale è uscito?
Francamente, che su di una apprezzabile superficie della terra sia apparsa e si sia sviluppata una zona di pensiero nella quale un vero amore universale, non solo sia stato concepito e predicato, ma si sia rivelato psicologicamente possibile e praticamente operante: ecco per la scienza dell'uomo un fenomeno d'importanza capitale, tanto più capitale in quanto il movimento, anziché rallentarsi, sembra voler ancora aumentare in velocità ed in intensità.
3. Capacità di sviluppo
Per la quasi totalità delle vecchie religioni, il rinnovamento delle prospettive cosmiche che caratterizza lo “spirito moderno” ha segnato una crisi dalla quale è possibile prevedere che se ancora non sono morte, più non si risolleveranno. Strettamente legate a miti insostenibili o bloccate da un mistica basata sul pessimismo o sulla passività, sono nell'impossibilità di adattarsi alle immensità precise e alle esigenze costruttive dello spazio-tempo. Esse non rispondono più alle condizioni della nostra scienza e della nostra azione.
Ora, sotto l'urto che faceva rapidamente sparire le religioni rivali, il cristianesimo, che si sarebbe potuto credere, a prima vista, esso pure in pericolo, mostra invece tutti i segni di un rimbalzo in avanti. Infatti, per il fatto stesso delle dimensioni assunte, per i nostri occhi, dall'universo, esso si rivela nel medesimo tempo più vigoroso in se stesso e più necessario al mondo di quanto lo sia stato mai.
Più vigoroso. Per vivere e per svilupparsi, le prospettive cristiane hanno bisogno di un'atmosfera di grandezza e di collegamento. Più il mondo sarà vasto, più le sue connessioni interiori saranno organiche, e più trionferanno le prospettive dell'Incarnazione. Ecco proprio ciò che i credenti, non senza sorpresa, cominciano a scoprire. Il cristiano, spaventato, per un istante, dall'evoluzione, si accorge ora che quest'ultima gli offre semplicemente un mezzo magnifico per sentirsi maggiormente posseduto da Dio e per darsi più intensamente a Lui. In una natura la cui essenza appariva pluralistica e statica, il dominio universale del Cristo poteva ancora, a rigore, confondersi con un potere estrinseco e sovrimposto. Quale urgenza, quale intensità l'energia cristica assume invece in un mondo spiritualmente convergente? Se il mondo è convergente, e se il Cristo ne occupa il centro, la cristogenesi di San Paolo e di San Giovanni è null'altro e nulla di meno del prolungamento, ad un tempo atteso e insperato, della noogenesi, nella quale, seconda la nostra esperienza, culmina la cosmogenesi. Il Cristo si ammanta organicamente nella maestà della sua creazione. E, per questo motivo, l'uomo si rivela, senza metafora, capace di subire e di scoprire il suo Dio mediante tutta la lunghezza, tutto lo spessore, tutta la profondità del mondo in movimento.
Poter dire letteralmente a Dio che lo si ama, non soltanto con tutto il corpo, con tutto il cuore, con tutta l'anima, ma con tutto l'universo in via di unificazione, ecco una preghiera che si può fare solamente nello spazio-tempo.
Più necessario. Dire che, malgrado tutte le apparenze contrarie, il cristianesimo si acclimata e si sviluppa in un mondo prodigiosamente ampliato dalla scienza, significherebbe vedere soltanto la metà del fenomeno. L'evoluzione infonde in qualche modo un sangue nuovo alle prospettive e alle aspirazioni cristiane. Ma, in compenso, la fede cristiana non è forse destinata — anzi non sta preparandosi — a salvare o addirittura a sostituire la evoluzione?
Ho tentato di dimostrare che non possiamo attenderci alcun progresso sulla terra senza il primato ed il trionfo del Personale sulla vetta dello spirito. Ora, al momento attuale, sulla superficie intera della Noosfera, il cristianesimo rappresenta l'unica corrente di pensiero abbastanza audace e abbastanza progressiva per abbracciare praticamente ed efficacemente il mondo in un gesto completo e indefinitamente perfettibile, in cui la fede e la speranza si consumano in una carità. Solo, assolutamente solo sulla terra moderna, si mostra capace di sintetizzare, in un unico atto vitale, il Tutto e la Persona. Solo , esso può indurci, non soltanto a servire, ma ad amare il formidabile movimento che ci trascina.
Cosa significa tutto questo se non che il cristianesimo adempie tutte le condizioni che abbiamo il diritto di attenderci da un religione dell'avvenire e che pertanto, attraverso il cristianesimo passa ormai, realmente, come esso pretende, l'asse principale dell'evoluzione?
Ed ora riassumiamo la situazione.
1. Considerato obiettivamente, a titolo di fenomeno, il movimento cristiano, per le sue radici che affondano nel passato e per i suoi incessanti sviluppi, presenta tutte le caratteristiche di un phylum.
2. Inserito in un'evoluzione interpretata come una ascesa di coscienza, questo phylum , orientato com'è verso una sintesi basata sull'amore, progredisce esattamente nella direzione ipotizzata per la freccia della biogenesi.
3. Nello slancio che guida e sorregge la sua marcia in avanti, questa freccia ascendente implica essenzialmente la coscienza di trovarsi sin d'ora in relazione con un Polo spirituale e trascendente di convergenza universale.
Non è forse esattamente la controprova che ci attendevamo per confermare la presenza, in cima al mondo, di ciò che abbiamo chiamato Punto Omega? O per lo meno, formula più esatta, «per confermare la presenza, in cima al mondo, di un qualche cosa di ancora più elevato, nella linea del Punto Omega». Questo per rispettare la tesi teologica del “soprannaturale”, tesi secondo la quale il contatto unificatore abbozzato hic et nunc tra Dio e il mondo raggiunge una superintimità e pertanto una supergratuità alla quale l'uomo non poteva pensare né pretendere in virtù delle sole esigenze della sua “natura”.
Il raggio di sole che penetra le nubi? La riflessione di ciò che è già in alto su ciò che sta ascendendo? La rottura della nostra solitudine? L'influenza percettibile nel nostro mondo di un altro e supremo Qualcuno?… Il fenomeno cristiano che sorge nel cuore del fenomeno sociale non sarebbe forse esattamente questo?…
Di fronte ad una così perfetta coincidenza, anche se non fossi cristiano ma soltanto uomo di scienza, credo che io mi porrei la domanda.
Pechino, giugno 1938 - giugno 1940
Pierre Teilhard de Chardin, Il fenomeno umano, tr. it. di Ferdinando Ormea, Il Saggiatore, Milano 1968, pp. 397-406.