In 145 pagine di testo e 90 di appendici l’autore espone il suo modello “quanto-ilemorfico” della coscienza (o consapevolezza). In realtà si tratta di una teoria fisico-filosofica onnicomprensiva, descritta con competenza e talvolta con ironica polemica verso i paradigmi consolidati della scienza contemporanea. Schins, dopo aver addotto (I parte) le prove empiriche della sua teoria ricavate da recenti risultati nei campi della Matematica, della Fisica, della Biologia e della Etologia, affronta sistematicamente nella II parte del libro il problema dell’interazione “mente-cervello” introducendo una causalità immateriale di natura trascendente che si manifesta fisicamente a livello del comportamento probabilistico dei fenomeni quanto-meccanici (vale a dire della meccanica quantistica).
Poiché ogni fenomeno richiama una causa e vi sono le prove che alcuni fenomeni quanto-meccanici sono essenzialmente probabilistici, cioè non hanno una causa fisica e non possono averla, nel senso che si può provare che non sono fisicamente determinati (non si tratta soltanto di una limitata capacità dell’osservatore), allora, posto che una causa ci deve essere, essa è immateriale e anche trascendente, nel senso che consente una comunicazione tra il fisico-quantitativo (cioè nello spazio-tempo) e il non fisico-quantitativo (“fuori” dallo spazio-tempo). In questo modo la mente “scrive” e “legge” nel cervello senza contraddire le leggi fisiche che lo regolano.
L’autore conosce bene le recentissime prove della validità del teorema di Bell, sia per la non-località (Alain Aspect, 1982-1998) che per la non-temporalità (Antoine Suárez 1997). Della scuola di Suárez è anche Valerio Scarani, di cui vale la pena leggere Initiation à la phisique quantique (la matière et ses phénomènes), Vuibert, Paris 2003, illuminante e aggiornata introduzione ai fenomeni quantistici sufficiente per comprendere la parte più strettamente fisica delle argomentazioni di Schins, senza bisogno di specifiche conoscenze fisico-matematiche.
In definitiva si apre al lettore un panorama interessante, semplice e soprattutto coerente, di ricerca antropologica e di interpretazione della realtà. È interessante a tal proposito l’applicazione frequente che l’autore fa del “rasoio di Ockham” per disfarsi di poco eleganti ipotesi aggiuntive nella soluzione dei problemi.
Anche se la interdisciplinarità piuttosto spinta rende alcune parti del testo di non facile lettura, l’opera è senz’altro utile a chi cerchi suggerimenti originali e aggiornati per sfatare il riduzionismo materialista, senza peraltro far mai uso dei termini “anima” e “spirito” e soprattutto senza che se ne senta la mancanza.