Evandro Agazzi ha insegnato Logica, Filosofia delle scienze e Filosofia della natura in diverse università italiane e straniere, principalmente a Genova e Friburgo (Svizzera). Ha presieduto numerose società internazionali, fra cui la Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza, la Società Svizzera di Logica e Filosofia della Scienza, la Federazione Internazionale delle Società Filosofiche, ed è attualmente presidente dell’Institut International de Philosophie (Parigi) e dell’Académie International de Philosophie des Sciences (Bruxelles). Scienza e fede è un’opera che dal XXVIII Incontro del S.I.E.S.C. (Segretariato Internazionale degli Insegnanti Cattolici) svoltosi a Varese dal 3 all’8 agosto 1982. Il volume non è diviso in capitoli, ma il titolo di ogni paragrafo ne spiega con chiarezza il contenuto. Agazzi argomenta in primo luogo la non correttezza metodologica del riduzionismo scientista conla conseguente esclusione della prospettiva metafisica. La scienza sperimentale determina la sua propria totalità (il suo proprio “intero”) attraverso predicati di base, che devono essere definibili empiricamente. Così, l’intero della scienza coincide, in qualche maniera, con l’intero dell’esperienza, e tutto ciò che è al di fuori di questo sistema di riferimento non è competenza della scienza. «Sarebbe errato concludere che, per il fatto che siamo interessati all’intero dell’esperienza (e cioè delle scienze), un altro non abbia il diritto di interessarsi all’intero come tale» (p. 144). Sempre all’ interno di questa prospettiva metodologica, le pp. 116-134 contengono una eccellente critica dello scientismo positivista e neopositivista. L’opera di Agazzi, tuttavia, non si limita all’ambito della filosofia della scienza, ma si spinge fino a fondare un approccio razionale per il mondo spirituale, morale e religioso, ovvero fino a fondare una vera e propria metafisica cognitiva. L’A. evidenzia in proposito l’importanza di una tale metafisica per la fede e la teologia. «La vera metafisica fornisce alla fede lo spazio concettuale della trascendenza che le è tanto necessario e senza il quale essa si presenterebbe come una specie di puro impegno emotivo o come una tabulazione più o meno vaga e mitica. Dunque, soltanto una ripresa effettiva della prospettiva metafisica può costituire il rimedio alla perdita del senso della trascendenza che è probabilmente l’effetto più sottilmente pericoloso che la diffusione della mentalità scientifica abbia prodotto contro la fede religiosa» (p. 157). L’opera possiede una certa valenza educativa, in quanto l’autore descrive la traccia lasciata dallo scientismo nella forma mentis e negli atteggiamenti dell’uomo contemporaneo, come sono ad esempio la chiusura o le difficoltà verso l’apertura al trascendente, e l’indebolirsi del legame con Dio.